Ciao Fabrizio, eri il Simoncelli della terra sporca

Motori
Fabrizio Meoni alla sua ultima Dakar, quella fatale del 2005 (Getty)
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IL RICORDO. Dieci anni fa ci lasciava Meoni e il nostro Guido Meda non dimentica che, per un pilota così, la Dakar era la cosa più bella del mondo “prima, durante e dopo, quando l’hai finita. Perché l’hai battuta e torni a casa dalla tua famiglia"

di Guido Meda

Sarebbe ipocrita assimilare la scomparsa di Fabrizio Meoni, dieci anni fa esatti, alle altre decine di morti che la Dakar ha fatto nella sua storia, avventurosa e folle come è. Fabrizio Meoni era una specie di Simoncelli della terra sporca, uno dei nostri, rumorosissimo come può esserlo un toscanaccio doc, generosissimo e di grande cuore come può esserlo un toscanaccio doc che si è scelto uno sport che – più di altri -mescola, perverso in sé, la dimensione del gioco e quella della morte possibile, senza vie di mezzo. Uno sportivo alla Meoni fa svelto: alla morte non pensa, sennò è fregato in partenza, e tira diritto.

Era un omone di quelli che ti fanno pensare all’invulnerabilità, modesto come può esserlo un dilettante dal profilo mediocre. Uno vero, di quelli con una faccia sola, nelle interviste come nella vita in famiglia. E non sono mica tutti così! Un personaggio perfetto per spostare un po’ di luce sulla Dakar degli italiani, persino “telecronista in sella” con tanto di moccoli che fanno simpatia e mediaticità.

Quando veniva in redazione a trovarci ci parlava della Dakar come della cosa più bella del mondo “prima, durante e dopo, quando l’hai finita. Perché l’hai battuta e torni a casa dalla famiglia più pronto per le sfide di ogni giorno”. Marito e papà dolcissimo è volato via in Mauritania per una caduta che gli procurò una doppia frattura cervicale. Ci ritrovammo (quel giorno ero in redazione con Alberto Porta) nella curiosa o odiosa situazione di essere giornalisti alle prese con la perdita di un amico. Non sarebbe giusto, ma può capitare. E sono i rarissimi casi in cui il nostro, il secondo mestiere più bello del mondo (dopo il pilota) diventa una spina dolorosissima. Dieci anni dopo la forza e il cuore di Fabrizio Meoni continuano a correre nei piloti che sfidano la Dakar, quelli conosciuti e attrezzati come lui, ma soprattutto i dilettanti, quelli che ci provano per passione. Lui era più simile a loro.