Dopo il trionfo di Buenos Aires analizziamo la gara dei protagonisti della tripletta KTM: Sam Sunderland, Mattihas Walkner e Gerard Farres Guell, che hanno dato grandissime soddisfazioni al responsabile del team austriaco Jordi Villadoms
Qando Marc Coma ha annunciato il suo ritiro, il pensiero è volato alle nuove leve che ne stavano minacciando il regno. È vero che l’Avversario storico, Cyril Despres, aveva cambiato mestiere passando alle 4 ruote, ma è vero soprattutto che un gruppetto di giovani (e meno giovani ma dallo spirito eternamente quasi infamtile) si stavano iniziando a proporre, ed era già aria di fronda. Due anni dopo, appena, due vengono da quel vivaio: Toby Price, l’australiano che ha vinto l’anno scorso e che si è dovuto ritirare quest’anno per una frattura quadrupla del femore, e Sam Sunderland, altro femoe spezzato, e con quello i sogni di gloria per la Dakar 2016. Ma nel 2017…
Sunderland, detto anche Sunder Sam, aveva partecipato a due Dakar, nel 2012 e nel 2014, e in entrambi i casi aveva dovuto dare forfait. Lo scorso anno ancora forfait, a due mesi dal via per l’incidente in Marocco. E via libera a Price. I primi giorni di quest’anno Sunderland non era contentissimo, il suo rendimento non faceva gridare alla rivoluzione, e soprattutto, a turno c’erano Piloti che stavano mettendo la Dakar a ferro e fuoco, per esempio Barreda e Price, entrambi destinati ad un amaro stroncamento di carriera. Con il peggior risultato, un tredicesimo viziato da ritardi ed errori di navigazione, Sam reagiva e, il giorno successivo, a Oruro, cambiava la faccia della Gara, vincendo Speciale e Stage, e volando al primo posto. La cosa più grande che Sunderland ha saputo fare da quel momento in poi, è stata navigare a vista, per controllare gli avversari. Un tattica logica, ma non troppo accordata con i ventisette anni dell’inglese. Sunderland non ha più vinto una sola volta, ma per rinforzare il suo vantaggio si sono fatti vivi molti, ma attardati, ritirati, scoppiati. Sunderland non ci può credere, otto giorni in testa, controllo perfetto della sua gara. Settimo cielo.
Mathias Walkner. Ferito alla Dakar 2016, una lunga stagione di recupero. Da Campione del Mondo MX3, 2012, a Campione del Mondo Cross Country Rally, 2015. Questo qui, viene da dire, è una specie di Re Mida delle due ruote. Ad ogni buon conto, Walkner diventa a tutti gli effetti un convalescente per quasi tutta la stagione. Dura da digerire, se non hai lo spirito giusto. E averlo non è facile, perché mentre tu stai fermo, tuo malgrado, gli altri hanno già messo la freccia. Poi il ritorno, un test per vedere come andiamo. Bene. Si parte. Il quarto giorno arriva la vittoria di Tappa e di Speciale, a Potosì, e nella generale un secondo posto che rimette tutti in pace. È la vigilia della Tappa più brutta, la quinta da Potosì a Oruro. Tempo brutto, altitudine da capogiro, problemi. di colpo tutto sembra rovinato, buttato all’aria. È per questo che Walkner dice di aver disputato una buona seconda settimana di Gara. Perché la prima è andata veramente male. E così dice di essere molto contento, perché si è comfermato che ha recuoerato la velocità, che sta benissimo. Vuol dire che Mathias Walkner ha il diritto di essere contento. Secondo noi non lo è del tutto. Quel Trofeo andato nelle mani di un compagno di squadra poteva essere suo. Di ottimo c’è che Walkner è completamente recuperato al suo incidente, e un giorno di Gennaio sale sul podio ella Dakar. Sesto cielo. Non riusciamo a salire a bordo di quella nuvola?
Gerard Farres. È la decima Dakar. Farres ha fatto il portatore d’acqua, Lopez, lo stesso Coma, ha vinto la Baja Aragon, il Merzouga, è entrato a far parte di un team in grande espansione pronto a fare il grande salto. Himoinsa Team. La prima settimana scorre veloce sulle alture boliviane. Farres non si trova a suo agio, ma resiste senza far notare le sue preoccupazioni. Quando Farres scende a Valle, il suo programma di preparazione era iniziato a settembre, si accorge che il lavoro fatto pima della Gara ha dato i suoi frutti. Sotto. Al lavoro, di nuovo. Appoggiato a un Team di privati, ma molto ben organizzati, Farres scavalca le sfortune di Ivan Cervants, suo compagno di Squadra, e assume la leadership “emotiva” del Gruppo. Si arriva all’ultima Tappa, l’ultima, cortissima, velocissima Speciale. Farres ha navigato al quarto, quinto e infine terzo posto. Ha un avversario diretto, Van Beveren che invece, dopo aver vinto il Touquet, può portare un attacco deleterio alle posizioni conquistate da Farres. Ma Gerard è quel Farres che alla Baja ha vinto, contro i più veloci del Mondo, e può affrontare il confronto. Farres piazza due suoi compagi di squadra in due punti della Speciale, solo per dargli conferma del ritmo, e “tiene aperto” fino a qundo non passa il traguardo do Rio Cuarto. Ha ottenuto lo stesso tempo di Van Beveren, il terzo posto è suo. I due sfidanti si incontrano al l’arrivo, si abbracciano e si dichiarano amicizia eterna. Due ragazzi talmente bravi!
Farres non ha più parole. È stato accolto da un’ovazione del Team Ufficiale KTM, riunito all’arrivo per festeggiare Sunderland e Walkner. Già, ma Farres è terzo, da solo, da privato. Scatta un clamore indescrivibile. Farres è al centro del festeggiamento, poi vaga alla ricerca delle parole. Che finalmente arrivano. Ci ha messo dieci anni, dieci anni di appassionato impegno. Perché questa Dakar gli piace. Glì è sempre piaciuta. Finalmente è il podio, ottenuto con lla migliore qualità di Farres dopo la sua generosità: il controllo perfetto della prestazione in funzione delle caratteristiche della competizione. Terzo, alla Dakar è una voce di Palmares. Quella mattina Gerard Farres è il Pilota più amato del Mondo. A buona ragione. Ottavo cielo!
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