NBA, le dieci favorite al titolo 2023: un motivo per crederci e uno per dubitare
Il sito Bleacher Report ha ristretto a una decina il novero delle possibili pretendenti al titolo per la prossima stagione (non trovano spazio i nuovi Cavs con Donovan Mitchell, ad esempio, e neppure i Lakers di LeBron James e Anthony Davis). Per ogni squadra ci sono ragioni per essere ottimisti e altre per esserlo meno: andiamo a scoprire forze e debolezze di tutte le favorite
MEMPHIS GRIZZLIES: PERCHÉ SÌ | La scorsa stagione regolare solo Phoenix (64) ha vinto più gare dei Grizzlies (56), che in Ja Morant hanno una superstar assoluta e un legittimo candidato al premio di MVP ma hanno dimostrato di poter funzionare anche senza di lui (21-6 in sua assenza). Il nucleo è giovane, difende forte, può ancora migliorare e ora accoglie un veterano "abbonato" al titolo NBA come Danny Green
MEMPHIS GRIZZLIES: PERCHÉ NO | Perché al gruppo allenato da coach Taylor Jenkins potrebbe ancora mancare un po' di esperienza e perché hanno perso in estate due giocatori importanti di rotazione come De'Anthony Melton e Kyle Anderson. In più Jaren Jackson Jr., il loro secondo miglior giocatore, starà fuori fino a Natale per recuperare dall'operazione al piede
DENVER NUGGETS: PERCHÉ SÌ | Possono finalmente schierare i loro "Big Three" assieme: non solo Nikola Jokic (doppio MVP NBA in carica), ma anche Jamal Murray (fuori tutto l'anno lo scorso campionato) e Michael Porter Jr. (solo 9 gare giocate). In più accolgono Kentavious Caldwell-Pope (campione NBA nel 2020 con i Lakers) e Bruce Brown e hanno Bones Hyland in rampa di lancio. Ci sono già andati vicino in passato (finale di conference a Ovest nel 2020): ora potrebbe essere l'anno giusto
DENVER NUGGETS: PERCHÉ NO | Se l'attacco è uno dei migliori della lega, la difesa lascia qualche perplessità (solo 15^ lo scorso anno). E l'incognita sulla tenuta fisica di Porter Jr. (ma anche su quale Murray vedremo in campo dopo un anno di stop) comunque rimane: in quattro anni di NBA ha giocato meno di 32 gare di media a stagione. Troppo fragile?
MIAMI HEAT: PERCHÉ SÌ | Il nucleo agli ordini di coach Spoelstra (una sicurezza in panchina) fa paura: Jimmy Butler, Bam Adebayo, Kyle Lowry e Tyler Herro, mix perfetto di esperienza e gioventù. Poi c'è la cosiddetta "Heat culture" e una difesa da sempre tra le migliori della lega (4^ lo scorso anno). Le squadre campioni si costruiscono solitamente proprio così
MIAMI HEAT: PERCHÉ NO | Lowry non è più giovanissimo (36 primavere e il record negativo per percentuali di palle perse della sua carriera, lo scorso anno), Duncan Robinson sembra in crisi totale (la sua difesa è attaccabile, in attacco ha perso fiducia) e P.J. Tucker se n'è andato e non è stato ancora sostituito degnamente (per quello si parla del ritorno di Jae Crowder). I dubbi ci sono...
PHILADELPHIA 76ERS: PERCHÉ SÌ | A un nucleo già impressionante (Embiid, Harden, Harris e Maxey) il mercato estivo ha aggiunto rinforzi di grande spessore: esperienza e difesa con P.J. Tucker, Danuel House e Montrezl Harrell (ottimo per dare minuti di riposo a Embiid), gioventù e atletismo con De'Anthony Melton, strappato ai Grizzlies
PHILADELPHIA 76ERS: PERCHÉ NO | James Harden non sembra più il James Harden di una volta, almeno offensivamente. Ha tirato appena sopra il 40% dal campo lo scorso anno: è necessario che accetti di fare un passo indietro non solo davanti a Embiid ma anche davanti all'emergere di Maxey, trasformandosi principalmente in passatore al servizio della squadra. Saprà farlo?
PHOENIX SUNS: PERCHÉ SÌ | Confermano la squadra che in stagione regolare si è affermata come la migliore di tutta la NBA, frutto di un eqiuilibrio perfetto tra attacco e difesa (unica squadra in top 5 in entrambi i settori). I giovani possono solo migliorare (Deandre Ayton, Mikal Bridges, Cam Johnson) ma i Suns accolgono anche il ritorno di un veterano importante come Dario Saric, tornato in campo agli Europei con la maglia della sua Croazia
PHOENIX SUNS: PERCHÉ NO | Non è certo un ritornello nuovo, ma la domanda rimane: Chris Paul può davvero essere eterno? CP3 si diverte ogni anno a smentire chi prevede una sua flessione ma a 37 anni suonati il dubbio può starci. Da tener d'occhio come reagisce Deandre Ayton a un'estate difficile: era arrivato vicinissimo agli Indiana Pacers, ma è rimasto in Ariziona. E la sconfitta (inattesa) ai playoff contro Dallas può aver lasciato uno strascico difficile da cancellare
GOLDEN STATE WARRIORS: PERCHÉ SÌ | Impossibile non inserire i campioni in carica tra i favoriti al titolo, a maggior ragione quando il nucleo storico ritorna al completo (e Klay Thompson dovrebbe essersi levato la comprensibile ruggine dovuta a due anni e mezzo di inattività). In più dal mercato sono arrivati giocatori importanti come Donte DiVincenzo e JaMychal Green mentre non si contano i giovani che potrebbero esplodere da un momento all'altro (oltre a Poole, Wiseman, Kuminga e Moody)
GOLDEN STATE WARRIORS: PERCHÉ NO | Gary Payton II non è l'unico pezzo importante di un roster capace di vincere che non c'è più: insieme a lui se ne sono andati anche Otto Porter, Damion Lee e Juan Toscano-Anderson, mentre ancora non si conosce il futuro di Andre Iguodala. Gli equilibri saranno da ricostruire, e forse si è persa un po' di profondità nel roster
L.A. CLIPPERS: PERCHÉ SÌ | Il ritorno di Kawhi Leonard e di Paul George spaventa tutta la NBA: due giocatori da top 10 NBA su entrambi i lati del campo, attorno ai quali coach Tyronn Lue può gestire un roster profondissimo. Reggie Jackson ha fatto bene ma ora c'è anche John Wall a rafforzare il ruolo, giocatori di esperienza come Robert Covington e Marcus Morris possono permettere quintetti bassi molto interessanti
L.A. CLIPPERS: PERCHÉ NO | Se Ivica Zubac (l'unico vero centro del roster) dovesse avere problemi fisici, la perdita di Isaiah Hartenstein potrebbe farsi sentire parecchio e lasciare i Clippers un po' leggeri sotto. Poi c'è l'incognita del ritorno in campo dopo un'intera stagione fuori di Kawhi Leonard, cui si aggiunge un Paul George che pure lui in carriera ha fatto fatica a stare lontano dagli infortuni
BROOKLYN NETS: PERCHÉ SÌ | Forse insieme proprio ai Clippers i Nets possono vantare il roster più profondo di tutta la NBA (e con ogni probabilità anche quello col maggior talento). Ovviamente le superstar sono Kevin Durant e Kyrie Irving, si attende il debutto di Ben Simmons (che pare perfetto per caratteristiche tecniche) e il supporting cast fa davvero paura: Joe Harris, Seth Curry, Patty Mills e Cam Thomas sono bocche da fuoco di tutto rispetto a cui si aggiungono solidi giocatori come Royce O'Neale, Nic Claxton e il rientrante T.J. Warren
BROOKLYN NETS: PERCHÉ NO | Uno spogliatoio esplosivo se ce n'è uno, visto le personalità di Kyrie Irving e di Kevin Durant e la presenza dell'enigmatico Ben Simmons. In più c'è l'incognita Steve Nash: deve tenere in mano una squadra dopo che la sua superstar (Durant) ha detto in estate di non aver fiducia in lui. Si pattina su uno strato di ghiaccio davvero sottile
MILWAUKEE BUCKS: PERCHÉ SÌ | Campioni solo due anni fa, mantengono intatto il nucleo dei "Big Three" (Middleton e Holiday oltre ad Antetokounmpo, che potrebbe tranquillamente essere il miglior giocatore di tutta la NBA) e anche un supporting cast rodato (con Bobby Portis su tutti, ma anche Pat Connaughton, Grayson Allen, Wesley Matthews e George Hill). In più hanno accolto Joe Ingles dal mercato e il rookie MarJon Beauchamp dal Draft, entrambi addizioni molto interessanti
MILWAUKEE BUCKS: PERCHÉ NO | La corsa al repeat è forse stata vanificata dall'infortunio al ginocchio di Khris Middleton, che in estate si è anche operato al polso. Le sue condizioni al ritorno (che non dovrebbe avvenire in tempo per il via della stagione) sono da valutare, così come una possibile flessione di un giocatore come Brook Lopez (36 anni), poco appariscente quanto fondamentale per gli equilibri dei Bucks
BOSTON CELTICS: PERCHÉ SÌ | La coppia Tatum-Brown in attacco (e non solo), il miglior difensore NBA (Marcus Smart) a guidare una "unit" difensiva di primissimo livello (con i due Williams, Grant e Robert, anche se quest'ultimo tornerà solo attorno a Natale). Il viaggio alle finali NBA nasce dal primo posto tra le migliori difese NBA e questa resta l'identità di una squadra con grandi veterani (Al Horford) rafforzata dall'arrivo di Malcolm Brogdon
BOSTON CELTICS: PERCHÉ NO | Purtroppo è durato pochissimo il sorriso di Danilo Gallinari, esibito alla presentazione in maglia Celtics. L'infortunio ai legamenti del ginocchio dell'azzurro priva Boston di un'arma importantissima, un giocatore che dalla panchina poteva dare minuti, punti ed esperienza davvero fondamentali. Era, con Brogdon, il grande acquisto dell'estate: ora l'ex Pacers deve dimostrare di poter anche lui restare lontano dagli infortuni