"Cosa sarebbe successo se...": i rimpianti più grandi negli ultimi 30 anni di NBA
Tante carriera fermate (o alterate) dagli infortuni, qualche episodio davvero controverso, perfino due morti premature e alcune giocate che - riviste oggi - avrebbero potuto indirizzare in maniera completamente diversa i destini della lega
"WHAT IF": LE SLIDING DOORS SQUADRA PER SQUADRA DEGLI ULTIMI 5 ANNI
- Il 7 giugno 1993, a neppure 29 anni, il talento croato è vittima di un incidente stradale in Germania che termina la sua vita. Aveva chiuso oltre i 22 punti di media l'ultima stagione NBA, era stato inserito nel terzo quintetto della lega, e sembrava pronto a trascinare in alto i suoi New Jersey Nets, insieme a due All-Star come Kenny Anderson e Derrick Coleman
- Dall'ultimo titolo nel 1986 dei "Big Three" Bird-McHale Parish a quello del 2008 del terzetto Pierce-Allen-Garnett passano 22 anni senza vittorie per i Boston Celtics. Chissà cosa sarebbe successo se il 27 luglio 1993, a soli 27 anni, Reggie Lewis non fosse morto per un improvviso arresto cardiaco
- Gli Houston Rockets vincono 4-0 le finali NBA 1995 contro gli Orlando Magic. Ma cosa sarebbe successo se Nick Anderson avesse segnato anche solo uno dei quattro tiri liberi tirati nel finale, con i suoi già sopra di 3 punti, assicurando così la vittoria in gara-1?
- Detroit sta costruendo la squadra che nel 2004 vincerà la NBA batttendo in finale i Lakers e al Draft 2003 si ritrova in mano la seconda chiamata assoluta: dopo LeBron James (scelto dai Cavs) i Pistons avrebbero potuto scegliere Carmelo Anthony, Chris Bosh o Dwyane Wade. E invece scelsero Darko Milicic...
- Nella serie di playoff 2007 tra Suns e Spurs, Phoenix è in vantaggio sul 2-1 e davanti anche nel punteggio nei minuti finali di gara-4. Robert Horry colpisce duro Steve Nash, che sanguina copiosamente dal naso: Boris Diaw e Amar'e Stoudamire abbandonano l'area della panchina per andare in soccorso del compagno. Per questo gesto verranno squalificati per gara-5, con la serie sul 2-2. Una gara vinta da San Antonio, come anche la serie (4-2)
- Due enormi "sliding doors" per il prodotto di Ohio State: cosa sarebbe successo se Portland avesse scelto Kevin Durant (e non Oden) con la prima chiamata al Draft 2007? Oppure: cosa sarebbe successo se la carriera di Oden fosse rimasta lontana dai multipli infortuni alle ginocchia che hanno martoriato i suoi anni in NBA? Non lo sapremo mai
- Portland non è proprio fortunata, perché dopo Oden sembrava aver trovato un altro "franchise player" in Brandon Roy: rookie dell'anno, tre volte All-Star, la sua carriera viene fermata dagli infortuni alle ginocchia e dalle infinite operazioni. Un talento straordinario, e una carriera interrotta troppo presto
- Dicembre 2011, era tutto fatto: Chris Paul (allora a New Orleans) avrebbe raggiunto Kobe Bryant ai Lakers in uno scambio destinato a cambiare gli equilibri della lega. Ma l'allora commissioner David Stern - temporaneamente a capo della gestione degli Hornets, con la franchigia sconvolta dall'uragano Katrina - pose il proprio veto, considerando lo scambio "sconveniente" per New Orleans
- Il contratto da 4 anni e 49 milioni di dollari dato a Serge Ibaka nell'agosto 2012 lega le mani al GM Sam Presti (che già aveva a libri paga Kevin Durant e Russell Westbrook) quando c'è da rinnovare James Harden. E allora il "Barba" (terza punta del trio dei Thunder) lascia l'Oklahoma per il Texas, e va a fare la prima punta ai Rockets, rompendo un nucleo già capace di arrivare in finale NBA nel 2011 e dal potenziale futuro spaventoso
- Nella primavera 2011 Derrick Rose diventa il più giovane MVP della storia NBA. Un anno dopo crolla a terra in una gara ormai prima di ogni significato contro i Philadelphia 76ers al primo turno di playoff. Chicago puntava al titolo NBA (miglior record in stagione), Rose punta all'Olimpo dei grandi: è ancora nella lega, ma non è mai più stato lo stesso
- Il primo titolo "moderno" dei Golden State Warriors arriva contro i Cavs di un LeBron James lasciato solo dai quasi contemporanei infortuni di Kevin Love (nello scontro con Olynyk durante i playoff) e di Kyrie Irving (nell'overtime di gara-1 delle Finals). Cosa sarebbe successo con i Cavs al completo?
- L'infortunio alla caviglia di Leonard nei playoff 2017 ha portato alla nascita di quella regola oggi da tutti chiamata "Zaza Pachulia rule", che vieta di entrare col piede nel cilindro del giocatore che ricade dopo un salto. Vietatissimo perché pericoloso: l'infortunio subito da un Leonard scatenato in gara-1 lo toglie di mezzo per tutta la serie, che i suoi Spurs perdono 4-0 contro gli Warriors. Ma le cose, con Kawhi in campo, sarebbero potute andare diversamente
- L'infortunio al bicipite femorale di Chris Paul in gara-5 della finale di conference a Ovest nei playoff 2018, con i suoi Rockets sul 2-2 con i Golden State Warriors a caccia di repeat, fa svoltare la serie. Houston riesce comunque a vincere gara-5, ma CP3 non gioca né la sesta né la settima partita della serie, e i Rockets cedono davanti a Steph&KD
- Se solo Kevin Durant non avesse il 52 di piede... La punta della sua scarpa, infatti, tocca la linea da tre punti e fa sì che il suo canestro nei momenti finali dei regolamentari di gara-7 tra i suoi Nets e i Bucks nei playoff 2021 sia da due punti e non da tre. La partita, invece di essere vinta da Brooklyn, va quindi ai supplementari, e a spuntarla in overtime sarà Milwaukee. Che elimina Durant e finirà per vincere il titolo
- Non c'è una data unica, precisa a fotografare questo rimpianto. Ma forse è il rimpianto più grande di tutti: quello di non aver mai potuto vedere Kobe Bryant e LeBron James sfidarsi in finale con in palio il titolo NBA. Né quando James era ai Cavs, fino al 2010 (sanguinose alcune eliminazioni per mano dei Celtics) né quando erai agli Heat (fino al 2014 - ma i Lakers erano molto meno competitivi). Davvero un peccato