NBA, quando la prima scelta al Draft è “a sorpresa”: i precedenti negli ultimi 20 anni
Il Draft 2024 è ormai questione di giorni, ma sulla prima scelta assoluta non c’è ancora nessuna certezza. Non è la prima volta che l’ordine delle chiamate rimane misterioso fino all’ultimo secondo e nei vent’anni che separano gli ingressi in NBA di LeBron James e Victor Wembanyama, le due prime scelte più scontate della storia recente, è successo davvero di tutto. Ecco com’è andata a finire quando la prima scelta al Draft è stata una sorpresa
- Ci sono Draft in cui il primo nome che verrà chiamato è cosa nota da tempo, spesso da oltre un anno. È successo nel 2003 con LeBron James e l’anno scorso con Victor Wembanyama, ma anche quando in uscita dal college c’erano Derrick Rose, Anthony Davis o Zion Williamson è successa la stessa cosa
- In altre annate, quanto manca un prospetto che svetta in modo netto su tutti gli altri, la prima chiamata assoluta al Draft si permea di mistero fino all’ultimo scondo. È il caso del Draft che si terrà giovedì 26 e venerdì 27, in cui sono diversi i nomi che potrebbero finire in cima alla lista delle chiamate. E negli ultimi vent’anni, quando è capitato che la prima scelta assoluta fosse “a sorpresa”, non sempre le cose sono andate benissimo per il diretto protagonista e per chi l’ha scelto
- Nell’NBA che è passata di mano da Michael Jordan a Tim Duncan, Shaquille O’Neal e Kobe Bryant, individuare il miglior talento in uscita dal college è complicato. La scelta tocca ai Milwaukee Bucks, che decidono di puntare sull’australiano Andrew Bogut
- Bene, ma non benissimo. Bene nel senso che Andrew Bogut vincerà il titolo NBA, solo che lo farà con Golden State e non con Milwaukee. La carriera in NBA del centro australiano sarà contrassegnata da continui problemi fisici e ai Bucks rimarrà il rimpianto di aver fatto scivolare fino alla 4° scelta un certo Chris Paul
- La NBA del dopo Jordan è anche la lega in cui tutti, ma proprio tutti vanno in cerca del lungo che sappia tirare e giocare sul perimetro. Il basket sta cambiando e chi vuole restare al passo coi tempi ha in testa un modello ben preciso: Dirk Nowitzki. È su queste basi che nasce l’idea dei Toronto Raptors di chiamare Andrea Bargnani con la prima scelta al Draft, facendo dell’azzurro il primo europeo a venire investito di un tale onore
- La parte di carriera spesa da Bargnani ha Toronto è senza dubbio quella più felice della sua esperienza in NBA, e anche ad anni di distanza la scelta dei Raptors continua ad avere tutto sommato senso. In quel Draft l’unica vera alternativa sarebbe potuta essere rappresentata da LaMarcus Aldridge, scelto alla due da Portland, o dallo sfortunatissimo Brandon Roy, finito anche lui a Portland con la sesta chiamata
- Il caso del Draft del 2007 è in realtà un po' diverso, perché la corsa alla prima scelta assoluta ha di fatto due soli candidati: Greg Oden e Kevin Durant. I Trail Blazers decidono di puntare sul centro in uscita da Ohio, mentre Durant finisce a Seattle per poi approdare a Oklahoma City
- Male, anzi malissimo. Oden finirà per giocare poco più di 100 partite in NBA e saluterà la sua carriera già nel 2014, mentre Durant diventerà il terzo miglior giocatore della sua generazione dietro solo a LeBron James e Steph Curry
- Il Draft del 2013 assomiglia parecchio a quello del 2024: non c’è un nome che spicca e fino ai giorni che precedono l’evento la confusione sotto i cieli dell’NBA è massima. Alla fine Cleveland stupisce tutti puntando su Anthony Bennett, lungo in uscita da UNLV che diversi Mock Draft alla vigilia faticavano addirittura a inserire in top-10
- Quella di Bennett è quasi unanimemente considerata come la peggior prima scelta dell’NBA contemporanea e la sua permanenza ai Cavs durerà una sola stagione, prima di essere sacrificato nella trade che porterà a Kevin Love. Il vero “furto” del Draft 2013 arriva molto più in là, alla scelta numero 15, dove Milwaukee prova a scommettere su un ragazzino greco di origini nigeriane
- Un anno dopo, si ricomincia da capo. La quantità e la qualità dei talenti a disposizione è maggior rispetto a quella del 2013, ma non c’è un vero e proprio candidato unico alla prima scelta assoluta. Spezzare l’indecisione è compito dei Minnesota Timberwolves, che chiamano Andrew Wiggins
- Anche in questo caso bene, ma non benissimo. Come Bogut, Wiggins si laureerà campione NBA ma non con la squadra che l’ha scelto, bensì anche lui con Golden State. Il canadese si rivelerà un buon giocatore, ma non certo il talento generazionale prospettato da molti. E dietro di lui alla posizione numero tre Philadelphia si porterà a casa il futuro MVP Joel Embiid, per tacere di cosa combineranno i Nuggets con la scelta numero 41
- Nell’estate del 2018 i Sixers cercano di dare gli ultimi ritocchi al loro “Process” e pur di scegliere Markelle Fultz alla prima posizione del Draft accettano di scambiare posizione con Boston. In teoria il playmaker in uscita dalla University of Washington sarebbe il pezzo mancante nella scacchiera che vede già posizionati a Philadelphia Embiid e Ben Simmons. In teoria…
- Un’autentica sciagura che mette fine al sogno dei Sixers di tornare in vetta alla NBA. Fultz paga da subito problemi fisici e limiti tecnici evidenti, soprattutto se paragonati ai nomi che vengono scelti dopo di lui, a partire dal fresco campione NBA Jayson Tatum fino a All-Star come De’Aaron Fox, Lauri Markkanen, Donovan Mitchell e Bam Adebayo
- A pochi giorni dal Draft sulla prima scelta assoluta non c’è ancora certezza. Alex Sarr, primo candidato in primavera, pareva essere stato superato dal connazionale Zaccharie Risacher, che a sua volta pare però rischiare di essere superato nello sprint finale da Donovan Clingan. E se invece a venire chiamato con la prima scelta il prossimo 26 giugno fosse ancora una volta un nome a sorpresa?