Dopo la cancellazione a causa del Covid-19, Wimbledon si consola almeno parzialmente salvando i propri conti: decisiva un'assicurazione stipulata nel 2003 ai tempi della Sars. Impossibile fare stime esatte, ma nelle case del torneo dovrebbero entrare oltre 100 milioni di euro
L’ipotesi circolava da giorni, prima di tutto sulla stampa internazionale. Adesso è una
certezza: Wimbledon potrà contare sul risarcimento dell’assicurazione. In sostanza
cadrà sul morbido, che da quelle parti significa atterrare sul prato. La conferma è
arrivata dalle parole rilasciate al 'The Guardian' da Richard Lewis, ex amministratore
delegato dello slam londinese. “Siamo fortunati, la polizza ci aiuterà a salvare gran
parte del guadagno”. Più che fortunati, lungimiranti. Risale al 2003, infatti, e quindi
ai tempi dell’epidemia Sars, la decisione dei gestori del torneo viola/verde di
aggiungere al contratto assicurativo la clausola legata all’eventuale cancellazione
della manifestazione a causa di pandemie virali. Il tutto per un premio assicurativo di 1,6 milioni l’anno, che considerando il giro di soldi innescato dall’evento pesa sul
bilancio quanto un bicchiere di fragole e panna sul portafoglio dello spettatore
medio.
Non è una novità, d’altronde, l’attenzione al dettaglio che si respira dalle
parti di Church Road: i Championships sono l’evento sportivo dove tutto è perfetto.
Dall’altezza dei ciuffi d’erba all’addestramento super rigido dei raccattapalle. Così a
due giorni dall’ufficialità legata alla cancellazione dell’edizione 2020, sono arrivate le
prima stime del paracadute assicurativo: nelle casse del torneo dovrebbero entrare
oltre cento milioni di euro. Anche se lo stesso Lewis ha sottolineato che cifre reali e
dettagli precisi, con ogni probabilità, non saranno noti prima di qualche mese. In
tutto questo, però, qualcuno potrebbe far notare che i ricavi prodotti ogni anno
dallo slam erboso superano i 260 milioni di euro. E impostando così il calcolo viene
facile pensare a una compensazione decisamente insufficiente a evitare il crollo
economico. E allora la riflessione va ampliata: avendo dato appuntamento agli
appassionati di tutto il mondo all’estate 2021, il torneo ha tagliato ogni costo.
Sono parecchie le voci di spesa già depennate: dall’organizzazione, in tutte le sue
sfumature, agli inevitabili ammodernamenti fino agli oltre 50 milioni di euro legati al
montepremi, tra singolare e doppio sia maschile sia femminile. Fare i conti precisi è
impossibile, ma di sicuro la polizza rappresenta una sorta di super mascherina che
tiene Wimbledon il più possibile al riparo dalle conseguenze economiche
dell’emergenza sanitaria. Esattamente quelle a cui sono esposti tutti gli altri tornei, a
partire chiaramente da quelli più piccoli che l’assicurazione non possono
permettersela, arrivando fino al super discusso Roland Garros. Al momento lo slam
rosso, proprio nel tentativo di contenere le perdite economiche, da maggio è stato
spostato a settembre. Molto probabilmente, però, avesse potuto contare su una
polizza completa come quella di Wimbledon, avrebbe preso una decisone più netta.
Tornando in Inghilterra, oltre al torneo preferito di Federer, a essere salvaguardato
è l’intero sistema tennistico britannico. Non va trascurato, infatti, che il 90% del
surplus derivante da Wimbledon viene girato alla LTA, la federazione britannica, e
ne finanzia il bilancio annuale per oltre il 60%.
La copertura assicurativa, in sostanza, consente anche di scongiurare l’effetto domino, tenendo al riparo l’intero settore. Un trionfo o per meglio dire un disastro evitato. In pieno stile Kipling, il poeta che con i suoi versi accoglie i tennisti sul mitico Centre Court suggerendo di affrontare quei due impostori – triumph and disaster – alla stessa maniera. E chissà che nel 2003 non sia stata proprio “If” - quella poesia - a illuminare il firmatario della super polizza, tanto forte da giocarsela addirittura contro il Coronavirus.