Il nuovo AD di Aprilia non ha dubbi: "L’appendice della Ducati crea carico aerodinamico. L’uso dello stesso sistema era stato negato all’Aprilia. Ma non ci deve essere effetto retroattivo"
L’arrivo di Massimo Rivola passato dalla F1 alla MotoGP non è stato anonimo e senza effetti: non tanto per lui, quanto per il microcosmo a due ruote che vive di propri usi e costumi, abitudini, regole non scritte. Ecco, proprio le regole sono il cardine della protesta dell’Amministratore Delegato di Aprilia Racing contro la Ducati, sotto un duplice aspetto. La chiarezza, per cominciare: “È per il bene del campionato che bisogna cogliere questa occasione per fare ordine -dice Rivola in un’intervista rilasciata a Motosprint - E ripartire da lì. Se poi in MotoGP non si può fare così allora è un altro discorso… Ho capito che in MotoGP certe situazioni vengono discusse tra i team, magari in modo non ufficiale, me se ci sono delle regole bisogna farle rispettare. E se si deve discutere, lo si deve fare in forma ufficiale. […] Non bisogna pensare male, quindi pensiamo che il direttore tecnico abbia male interpretato questa appendice aerodinamica con cui ha corso la Ducati. Se è in buona fede, ora dovrebbe spiegare che ha equivocato questa soluzione, e quindi che la regola va rifatta. Quel che è stato fatto è fatto, per il Qatar, ma per il futuro si cambia. Il direttore tecnico raccoglie più informazioni, poi redige un nuovo documento tecnico, per iscritto, e viene aggiunta una nuova regola. E sarebbero tutti più contenti”.
E poi l’uniformità, nel senso di regole valide per tutti allo stesso modo. Sostiene ancora Rivola: “La Ducati non poteva usare quell’appendice, anche se l’avesse pensata, ma io non ci credo, soltanto per raffreddare. Se genera carico aerodinamico, e lo genera anche se tu lo usi per un’altra cosa, sei fuori dalle regole. Non va bene. A meno che non lo fai usare a tutti. Non dici ‘no’ all’Aprilia e ‘sì’ alla Ducati”. Infatti a febbraio Aprilia aveva presentato la richiesta di lavorare su quella parte aerodinamica, ispirandosi alla soluzione montata dalla Yamaha a Valencia. “Danny Aldridge aveva risposto che non si poteva – racconta Rivola - spiegando che la Yamaha l’aveva usata perché pioveva e in quel caso è consentito. Poi è uscito il chiarimento tecnico: l’appendice davanti al forcellone è permessa, ma soltanto in caso di pioggia, detriti in pista, per raffreddare la gomma posteriore, non per motivi aerodinamici”. Che, invece, secondo Aprilia sono proprio le ragioni per cui Ducati ha utilizzato quella soluzione in Qatar: convinzione supportata dagli studi fatti su quel tipo di sistema: “I nostri ingegneri hanno verificato, con i loro test, che l’appendice genera carico. E non riesco a pensare che generi carico sulla nostra moto, ma non su una Ducati”. Da qui l’attacco frontale alla casa di Borgo Panigale: “Non è credibile che nessuno in Ducati si sia accorto che quella appendice genera carico aerodinamico, visto che stiamo parlando del reparto corse forse più evoluto del mondo negli studi di aerodinamica…”.
In pratica Rivola sconfessa in pieno quanto sostenuto con fermezza da Gigi dall’Igna e dalla Ducati. Mette nel mirino senza troppi filtri anche il Direttore Tecnico della Motogp Danny Aldridge. Il suo ruolo è centrale, è lui che approva o respinge i progetti e la sentenza potrebbe pertanto confermarne o demolirne la solidità: “Credo che abbia dato il suo assenso giudicando in base alle informazioni che aveva, cioè quelle che gli ha passato Ducati. Ma se questo oggetto aerodinamico ha effetti sulla stabilità della moto, e ce li ha, allora si è sbagliato. Non ha verificato bene, si è fidato della spiegazione. Ma nella sua posizione non può dare un ‘ok’ in questo modo. Se funziona così, qualcosa in questo ambiente non va. E va cambiato”. La proposta di Rivola è altrettanto chiara e va nel verso di una soluzione di compromesso che non penalizzi Dovizioso : “Non ci deve essere un effetto retroattivo; Dovizioso mantiene la vittoria in Qatar e dal GP d’Argentina la Ducati torna a correre senza quel dispositivo sulla sua moto. Salvi la vittoria, e poi inizi a discutere una nuova regola su quell’oggetto tecnico”. Una soluzione a metà tra la condanna che cancellerebbe il successo di Dovi e l’assoluzione piena, insomma. Un ibrido giuridico che potrebbe, forse, rendere meno impattante e traumatica la posizione dell’uomo venuto dalla F1: “So bene che sono diventato subito impopolare per i tifosi della Ducati, e che si è detto: ecco è arrivato il fenomeno della Formula 1 che rovina il nostro sport. Quando sono andato da Carmelo Ezpeleta gli ho detto: “Mi spiace, perché sono l’ultimo arrivato, sono alla mia prima gara e già rompo le scatole, ma ritengo doveroso dire che c’è una situazione irregolare”. Ai giudici della Corte d’Appello della FIM l’ardua sentenza, dopo l’udienza di venerdì 22 marzo in presenza dei protagonisti.