Malesia (Sepang), l'editoriale di Guido Meda: "Quindi battere Marquez in MotoGP si può!"

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Guido Meda

Guido Meda

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La gara malese vinta da Vinales non è solo una rivincita personale di Maverick. E’ una gara che ha dentro le premesse di crescita di tutti per il motomondiale che verrà

GP MALESIA, GLI HIGHLIGHTS

Sembrava impossibile batterlo e non sarà che per il fatto di aver perso una gara Marquez perderà anche le sue qualità di extratterrestre della moto. Non è assolutamente vero che Marquez in Malesia abbia corso di rimessa, appagato da un titolo già vinto. Non fa parte di lui. E' vero invece che i riferimenti altissimi che ha fissato stanno diventando per le case e per i piloti avversari un cruccio e un bersaglio che vanno raggiunti. Detto che sia lui sia Dovizioso già due curve dopo il via avevano firmato una rimonta straordinaria, resta che Vinales è fuggito, meglio di Marquez in tutto, finalmente indisturbato. Stavolta non più il Vinales solo campionissimo delle "inutili" prove, ma concreto fino al traguardo; dimostrando così che la Yamaha e la sua dinamica ora funzionano bene.

Questa malese non è una pista che premia una moto in particolare, anzi, le premia tutte, compensando le caratteristiche di velocità che Honda e Ducati esprimono sui rettilinei con le doti in curva della Yamaha. La stessa gara di Valentino Rossi che arriva quarto dietro a Dovizioso lo dimostra. La Yamaha deve puntare su un motore più potente, da subito, dal 2020, per mettere i suoi piloti in grado di battere il 93. E che quella potenza possa arrivare a terra in maniera docile e umana per non disfare le gomme.

La Ducati, che il motore potente ce l'ha già e le gomme le gestisce bene, deve diventare più facile e svelta da gestire in curva. E basta per favore dire che Dovizioso non è l'uomo chiave. Vicini a Marquez non si arriva solo con l'istinto selvaggio tanto caro a una parte della cultura ducatista, ma si arriva anche con potenza e intelligenza. Non è un caso che Dovi sia da tre anni secondo, nonchè sia molto più efficace di altri suoi parimarca più istintivi.

Ktm e Aprilia a parte, che devono ancora crescere molto, la Suzuki è la casa che le caratteristiche di Yamaha e Ducati le ha, ma le deve perfezionare entrambe, avendo bisogno sia di più motore che di maggior guidabilità.

Poi c'è la Honda "marquezcentrica" che ha soprattutto bisogno di qualcosa da se stessa. Ha bisogno di tenersi Marquez - che è l'unico in grado di guidarla davvero - stretto come un prigioniero e di prevenire un suo eventuale trasloco, dando agli altri una moto più guidabile. Perchè vederli così, con la stessa moto eppure così diversi da Marquez, è quasi una pena.

Oggi i Marquez campioni del mondo sono due. Marc e Alex. C'è da invidiare quella famiglia, oppure da prenderla ad esempio, per arrivare a fare come loro oppure magari, con tecnica ed investimenti, anche meglio. La Malesia dimostra che forse non è così impossibile.