Valentino Rossi, il senso del passo indietro con la Yamaha e il futuro in MotoGP

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Guido Meda

Guido Meda

L’ingaggio di Quartararo nel team ufficiale, comunque lo si guardi, comporta per forza una rinuncia di Rossi. Più maturo che mai capisce le esigenze della Yamaha, dando a tutti una lezione di buonsenso

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Se è vero che di lezioni di motociclismo ne ha date molte, ma da un po’ di tempo si è trovato a dover giocare in difesa, ecco una presumibile lezione di Rossi in uno dei momenti più cruciali e drammatici della sua carriera. Per arrivare a questa soluzione, Yamaha e Rossi non hanno ingaggiato una guerra ciascuno a difendere il proprio futuro e la propria sussistenza; sono arrivati invece ad una decisione consensuale e serena, per quanto difficile. Rinunciare al team blu per il Mito è un passo indietro. Non si discute.

 

Rossi avrebbe potuto puntare i piedi, rivendicare il passato e il blasone, farne persino un caos politico.  Se c’era uno che poteva farlo era lui. Invece era già qualche tempo che il 46 aveva messo nel conto l’ipotesi di scostarsi, pensando che sia legittimo che la Yamaha pianifichi il suo futuro su basi fresche. Sarebbe stato un peccato distruggere con un capriccio un rapporto casa/pilota che nel tempo è stato straordinario e può continuare ad esserlo, a partire da subito. Ma bisogna arrivare a capirlo e a farlo capire, a metabolizzarlo. Da questo punto di vista un’altra volta Valentino (perché la sua politica la detta lui e solo lui, con la testa e con la pancia), è stato più maturo dei suoi tifosi.

 

Quanto alle corse, evitate l’equivoco: non si è arreso. Non ancora! La Yamaha gli concede un posto per il 2021, con trattamento ufficiale, ovunque lui voglia. Se lo vorrà. C’è un anno di corse davanti, il 2020, ancora in blu, per vivere i risultati e capire. Se varrà la pena fermarsi dal 2021 o continuare magari come Ambassador Yamaha, al termine di un percorso in cui, quando sono mancati i risultati, ha vinto per realismo e buonsenso.