Superbike, la storia dell'Aprilia nel Mondiale

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Michele Merlino

In collaborazione con Michele Merlino, l’uomo dei numeri, entriamo negli archivi del mondiale delle derivate di serie. La storia di Aprilia, tra numeri, statistiche, curiosità della casa di Noale

LO SPECIALE SUPERBIKE

Il caro e vecchio "parametro"

C’è un parametro di base, magari grossolano ed approssimativo, tuttavia suffragato da numerosi esempi, per cui un pilota campione in Superbike non è altrettanto campione nel motomondiale, 500 o MotoGP che dir si voglia. Prendiamolo per buono e, forse per la prima volta, ci azzardiamo a trasferirlo sui costruttori. Può un costruttore vincente in Superbike risultare non vincente nel motomondiale?

La risposta è sì, ed i casi sono due. Kawasaki, che sta facendo indigestione di vittorie e titoli in Superbike, ed Aprilia. Questi sono gli unici due produttori che hanno vinto uno o più mondiali Superbike, ma non hanno mai vinto il motomondiale top-class.

Di più: a fronte di numerose vittorie nelle gare delle derivate dalla serie, Kawasaki ha vinto due gare in 500cc., mentre l’Aprilia non è andata oltre il terzo posto. In gara, mica nel mondiale. Se poi consideriamo che le vittorie di Kawasaki sono un GP del 1971 disertato dalla MV Agusta che aveva già i mondiali in tasca, ed un TT nel 1975 (anomalia del motomondiale), il totale torna ben presto a zero. Con le spalle ben coperte da una statistica a senso unico, analizziamo l’avventura di Aprilia in Superbike.

Fase 1: il “pompone” RSV

Fermi tutti, non c’è volgarità in quel termine, certificato pure da vari motoclub e da una voce dedicata nella più famosa enciclopedia online: si utilizza per definire una grossa bicilindrica a quattro tempi. E’ questo l’esordio dell’Aprilia nel mondiale Superbike: si inserisce nel filone aureo del 2000 (scontiamo il simbolico 1999 con Peter Goddard), quello in cui la Ducati 996 RS rivaleggia con la Honda VTR1000. La moto c’è, la RSV1000 (occhio: la sigla è molto simile alla RSV4 attuale, moto completamente diversa), l’impegno pure, il pilota, Troy Corser, è un campione del mondo...cosa può andare storto? Le gomme! Le Dunlop che equipaggiano Corser sono le Dunlop e non le Michelin che equipaggiano la concorrenza, e per Troy sono la gioia e il dolore. In alcuni casi l’australiano è imprendibile, in altri naviga lontano dalle posizioni a podio. Purtroppo per lui, i secondi casi sono più numerosi dei primi. Arrivano 5 vittorie: non poche per una stagione d’esordio, ma valgono solo il sesto posto nel mondiale. Avanti al 2001: il team si rafforza con Regis Laconi, che affianca Corser, ma non cambia gomme. Tre vittorie ed il quarto posto di Corser nel mondiale.

Si cambia nel 2002. No, non le gomme: l’Aprilia schiera un solo pilota, Haga, con il quale ottiene il quarto posto nel mondiale, ma nemmeno una vittoria.

Tempo di staccare la spina: l’Aprilia si accoda all’esodo giapponese del 2003 e, un anno dopo, chiude anche il progetto MotoGP, entrando in un breve oblio sportivo.

Fase 2: il gioiello RSV4

Anche per questa fase usiamo un luogo comune spesso masticato nel mondo Superbike: “quella non è una Superbike, è una MotoGP mascherata”, appellativo che al momento di scrivere spetta alla Ducati Panigale R V4. Nel 2009 questo complimento/accusa/maldicenza è riservato alla RSV4, la neonata 4 cilindri di Noale, con la quale Aprilia rientra in grande stile nel mondiale Superbike con Max Biaggi, già bandiera del team italiano nel motomondiale 250cc e Shinya Nakano.

Quando si ha sulle spalle quell’appellativo di “MotoGP mascherata” in genere i successi non tardano ad arrivare, ed infatti nel 2009 Biaggi vince una gara e l’anno successivo, spopola. Con 10 vittorie e 75 punti di vantaggio su Haslam (Suzuki), si può parlare di vero e proprio trionfo, trionfo che non si ripete nel 2011. Il motivo? Bisogna chiederlo a chi stende i regolamenti, probabilmente, perché la frase che Biaggi ripete più di frequente, fino a farla diventare un mantra, è quella riferita a Carlos Checa: “non dimentichiamo che lui ha 200 centimetri cubici di vantaggio”. Si riferisce alla differenza di cilindrata, garantita per regolamento ai bicilindrici.

Max mastica amaro, ma si rifà nel 2012: vittoria al cardiopalmo, con il minimo vantaggio possibile, mezzo punto, su Sykes, in un week-end finale a Magny Cours che sembra non finire mai. E la Ducati invincibile di Checa? “Ingrassata” per regolamento da qualche chilo di zavorra, non è più un fattore. Forse aveva ragione Max nel 2011?

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E. Laverty foto da WorldSBK.com

Il post Biaggi

Dopo due mondiali e con la prima cifra dell’età che non è più “3”, il suo numero preferito, Biaggi decide di ritirarsi, ma l’Aprilia va avanti: hanno una moto quasi invincibile, non c’è motivo di abbandonare. Nel 2013 Laverty e Guintoli sono secondo e terzo per Aprilia nella corsa al titolo. Sykes ringrazia. Dove avevamo già visto questa storia? Ah già, in Yamaha con Corser ed Haga. Per il 2014 Guintoli rimane, ed arriva Melandri. E qui, nel finale di stagione, i due rischiano di fare peggio dei suddetti Corser ed Haga. Si comincia a Portimao, quando Guintoli stende Melandri in gara 2. E’ il prodromo al week-end di Magny Cours, in cui si assiste al teatro dell’assurdo.

Guintoli è secondo in classifica, a 31 punti da Sykes (Kawasaki), mentre Melandri è praticamente tagliato fuori a -85. In questi casi, soprattutto in caso di superiorità e di pista bagnata, la tattica di gara è scontata: Melandri si sacrifica per Guintoli, senza prendere rischi. In gara 1 Marco non si cura delle segnalazioni del box (gli espongono uno “smiley” triste, come per dirgli: rassegnati alla tristezza, fai vincere Sylvain), mette in difficoltà il compagno di team per un po’ e gli dà strada solo al 17° giro, platealmente. Abbastanza bene. Abbastanza. Perché in gara 2, sempre sotto l’acqua, lo scenario è lo stesso, ma...Melandri non dà strada! Si va al round finale di Losail con Guintoli in svantaggio di 12 punti su Sykes. Rimontare è impresa pressoché impossibile, ma l’impossibile, a volte, accade. Sykes trova in Baz un compagno di squadra ostico ed antipatico, che invece di aiutarlo, gli fa la guerra, mentre Guintoli è in assoluto stato di grazia. Si chiude con una doppietta del francese, che vince il titolo, e con una rissa via social media (che dura buona parte dell’inverno) per i piloti Kawasaki.

Le sirene della MotoGP

Per il 2015, la struttura Superbike è affidata al team Red Devils. Quasi la stessa cosa, ma non la stessa cosa. Con Torres ed Haslam Aprilia vince solamente tre gare, e c’è aria di disimpegno. Il motivo è quello ricorrente per i costruttori vincenti in Superbike: la MotoGP. Se ci è riuscita Ducati, a vincere in entrambi i mondi, vuoi che non ci riesca Aprilia? Aprilia molla tutto e si concentra sul motomondiale: i risultati, dati alla mano, sono che nel 2019 nessuna Aprilia ha preso parte a gare Superbike e nel mondiale MotoGP, dal 2015, anno del rientro, l’Aprilia non ha ancora conseguito un piazzamento nei primi cinque. In gara, non nel mondiale.