Ciao Marco, minuto di silenzio sui campi. I drammi in MotoGp

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Lo sgomento dei meccanici Honda alla notizia della morte di Simoncelli (Getty)

Lo sport italiano rende omaggio a Simoncelli, il pilota Honda morto in MotoGp, con un minuto di raccoglimento su tutti i campi dove si disputano gare. Quante vite bruciate nelle due ruote: 13 mesi fa toccò al giapponese Tomizawa. LE FOTO E IL VIDEO

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(in basso tutti i video sulla tragedia di Simoncelli)

Lo sport italiano rende omaggio a Marco Simoncelli, il pilota Honda morto durante il Gp della Malaysia a Sepang, con un minuto di raccoglimento su tutti i campi dove oggi si disputano gare. Lo ha deciso il presidente del Coni, Gianni Petrucci e in tutti gli stadi, con striscioni, foto sui maxi schermi, lunghi applausi o emozionanti momenti di doloroso silenzio, si è ricordato "Sic".

Proprio ieri c'erano stati a San Petersburg, in Florida, i funerali del britannico Dan Wheldon, pilota di Indy Car morto domenica scorsa in un incidente sull'ovale di Las Vegas. Oggi a piangere è il mondo delle due ruote, Marco Simoncelli aveva 24 anni e nel 2008 aveva vinto il titolo mondiale delle 250. La sua morte, nelle battute iniziali della prova della MotoGp a Sepang, arriva 13 mesi dopo quella di Shoya Tomizawa, giapponese di appena 19 anni che aveva perso la vita correndo in Moto2 nel Gp di Sam Marino a Misano. Dopo essere caduto scivolando in una curva era stato investito da due delle moto che lo seguivano, quelle di De Angelis e Reding, esattamente la stesa dinamica di quanto è accaduto a Simoncelli, volato a terra e centrato dai mezzi di Edwards e Rossi. Insomma, quanto di peggio possa accadere ad un pilota dedito alle gare di velocità, dopo che i micidiali ostacoli fissi (tipo muretti e guardrail), sono praticamente scomparsi dai circuiti.

Una settimana prima dell'incidente di Tomizawa, la velocità era costata la vita a Peter Lenz, appena 13 anni, pilota statunitense morto cadendo sull'asfalto di Indianapolis, in una gara di contorno al Motomondiale. La misura di sicurezza di far sparire gli ostacoli fissi dai circuiti era stata pretesa dai protagonisti del Mondiale, Valentino Rossi in testa, quando proprio contro un muro si era conclusa la vita di un altro giapponese, Daijiro Kato, 27 anni, morto il 19 aprile 2003 dopo 13 giorni di coma. Sul circuito di Suzuka (poi bandito dal calendario della MotoGp) era finito con la sua Honda ad impattare il cemento della pista di casa ad oltre 200 chilometri l'ora.

Prima di quella tragedia, l'ultimo incidente mortale nel Motomondiale risaliva al Gp di Spagna del '92. Alla vigilia della corsa un altro giapponese, Noboyuki Wakai, era deceduto per evitare uno spettatore nella corsia dei box. Solo per restare alle tragedie più recenti, nel 2008 un lutto aveva colpito la categoria Supersport, con la morte del britannico Craig Jones, 23 anni, deceduto al Royal Hospital di Londra per le gravi lesioni celebrali riportate sulla pista di Brands Hatch, dopo essere stato investito da un altro concorrente. Uno dei pochi che può raccontare un incidente molto simile è Franco Uncini (oggi responsabile della Commissione sicurezza dell'Irta). Nel 1983, ad Assen, durante una gara della 500, cadde e fu investito dalla moto dell'australiano Wayne Gardner che lo colpì alla testa, facendogli volare il casco. Sopravvisse senza conseguenze, dopo essere stato 24 ore in coma.

Ma l'incidente che più resta impresso nella memoria degli appassionati della velocità è quello che il 20 maggio 1973, a Monza, costò la vita al finlandese Jarno Saarinen ed al riminese Renzo Pasolini, grandi avversari del mitico Agostini, durante una corsa della classe 250. I due rimasero coinvolti, assieme ad altri piloti, in una caduta seguita da una carambola di moto.

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