Momenti e protagonisti: la top 10 della Dakar 2017

Motori

Ripercorriamo il grande raid che anche quest'anno non ha deluso le aspettative, tra condizioni climatiche e sorprese

Come al solito, la Dakar non si è rivelata avara di emozioni. Anzi, nella sua ventinovesima edizione il raid più celebre del mondo ha potuto accontentare praticamente tutti i palati, ma andiamo con ordine.

10) Le fiamme di Nasser - Al decimo posto troviamo la sfortuna di Nasser Al-Attiyah. Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, per il Principe del Deserto si poteva immaginare una Dakar in salita. Nonostante la vittoria nella prima speciale in programma, la sua Toyota Hilux ha accusato un problema al propulsore, che di fatto ha preso fuoco pochi chilometri prima del termine. Ma il meglio doveva ancora venire…

9) La sete della Honda - In nona posizione abbiamo la “sete” di Joan Barreda e dei piloti Honda. Il centauro spagnolo si è fermato a rifornire la sua moto – insieme ad altri concorrenti – ad un benzinaio, nel quale non era previsto fermarsi. Il risultato? Un’ora di penalità e corsa compromessa…

8) Il salto di Price - Rimaniamo tra le due ruote: per l’ottava posizione abbiamo uno di quei colpi di sfortuna che possono anche segnare una carriera. Toby Price, il primo australiano a vincere una Dakar, ha dovuto salutare la carovana anzitempo, dopo essersi rotto un femore. Non pago di ciò, il pilota KTM è stato colpito anche da una crisi epilettica quando si trovava in ospedale…

7) Al-Attiyah: quando la sfortuna ci vede - Torniamo a parlare di Nasser Al-Attiyah. Il pilota del Qatar è presente ben due volte in questa nostra classifica per un motivo molto semplice: tre giorni dopo l’inconveniente della prima tappa, è stato costretto al ritiro a causa del distacco della ruota posteriore destra. Come si dice, la fortuna è cieca, ma la sfortuna…

6) Rolling Sainz - La sesta posizione la conquista di diritto Carlos Sainz. Il vincitore della Dakar 2010 è stato costretto a ritirarsi dopo essere caduto in un dirupo. Sia lui che il navigatore sono incolumi, ma si tratta pur sempre del quinto ritiro nelle ultime cinque edizioni…

5) Marc Coma, l'esploratore - Quinto posto - meritato - va a Marc Coma. Questa Dakar, a detta di molti piloti esperti, è stata certamente la più dura da quando si corre in Sudamerica. E allora tanto di cappello allo spagnolo, autore di uno dei percorsi più "tosti" e spettacolari della storia del raid anche se il maltempo...

4) Maltempo, una costante - E proprio il maltempo si merita la posizione ai margini del podio. In questa edizione, sono state ben due le frazioni annullate a causa dei capricci del meteo. Alluvioni, smottamenti e frane hanno fatto da contorno alla carovana, spesso costretta a cambiare il proprio itinerario.

3) PanDakar: orgoglio italiano - Un pizzico di orgoglio patriottico ci è concesso, e per questo portiamo sul terzo gradino del podio la PanDakar. L'ormai leggendaria segmento A di Fiat è riuscita a completare il raid dopo anni di tentativi a vuoto, dimostrando che, a volte, i sogni diventano realtà. Menzione speciale anche ai ragazzi dell'Acciona Team, che terminano la Dakar con il loro prototipo elettrico: che sia l'inizio di una nuova era anche per questa categoria?

2) Loeb, il grande sconfitto - Il secondo è il primo degli ultimi, diceva Enzo Ferrari. Nonostante abbia corso con il coltello tra i denti per 14 giorni, Sebastien Loeb è costretto ad arrendersi al compagno di team, Stephane Peterhansel. Per l'alsaziano, tuttavia, c'è da festeggiare: il secondo posto alla seconda Dakar è un buon viatico per chi, con il suo talento, ha ancora innumerevoli cartucce da sparare in questa categoria.

1) Nel segno di Sunderland e Peterhansel - E ovviamente il primo posto non poteva che andare a loro... Stephane Peterhansel e Sam Sunderland. Il pilota Peugeot è riuscito a conquistare la tredicesima vittoria alla Dakar; partito con i galloni del campione in carica, ha saputo far mergere la propria classe e la propria esperienza, riuscendo ad avere la meglio sull'agguerrita concorrenza. Sunderland, invece, è il primo britannico a vincere il raid, e la sua espressione dopo l'ultima tappa dipingeva degnamente il turbinio di emozioni che vorticavano al suo interno.

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