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Zanardi e le corse nel cuore

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Carlo Baldi

Il pluricampione paralimpico fa sempre parte del mondo dei motori e ci racconta della sua vittoria nella GT lo scorso anno al Mugello al volante di una BMW M6 GT3, a bordo della quale vorrebbe tornare presto

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Incontrare Alex Zanardi è sempre una cosa speciale, proprio perché lui è senza dubbio un atleta ed una persona speciale, con uno spirito ed una forza di volontà incredibili. Il pluricampione mondiale paralimpico (vincitore di una medaglia d’ora a Londra 2012 e di due medaglie d’oro e una d’argento a Rio De Janeiro 2016) era presente alla celebrazione dei 110 anni di Pirelli nel racing, in veste di ambasciatore nel mondo del brand BMW. A Torino, Alex è arrivato in compagnia del Dott. Claudio Costa, il medico dei piloti, che lo ha aiutato a curarsi ed a riprendersi dal terribile incidente del Lausitzring nel quale perse entrambe le gambe.

Il suo maggiore impegno lo dedica alle gare paraolimpiche, ma Alex continua naturalmente a far parte del mondo dei motori e delle competizioni, e ogni tanto si rimette tuta e casco e torna in pista. Per divertirsi e per stupire, come è successo lo scorso Ottobre quando al Mugello disputò una prova del Campionato Italiano GT, vincendo gara 2.

A Torino ci ha confidato che in realtà il suo unico obiettivo era quello di divertirsi, di godersi l’ebrezza della velocità, la spinta del motore che sale lungo schiena e le bellissime curve dell’autodromo toscano. «Se fai le cose che ti piacciono, le fai al meglio». Riassunto in poche parole, questo è il suo credo.

Zanardi si è anche cimentato tempo fa con una moto BMW HP2 sulla pista di Monza, riuscendo a stupire tutti i presenti, increduli davanti al fatto che un uomo senza gambe potesse guidare una moto di tale potenza e velocità. Ma per Alex fu invece una cosa normale, tanto da affermare che per lui è stato più facile portare in pista una moto che non guidare un’auto, visto che la maggior parte dei comandi sono al manubrio e quindi azionabili con le mani.

Certo, non dubitiamo che per lui sia stata una cosa naturale guidare una moto in pista, anche senza l’uso delle gambe. Una cosa normale per lui, che nel 2014 alle Hawaii si cimentò nella gara di triathlon più difficile al mondo (3,8 km a nuoto, 180 km con la handbike e 42 km con la carrozzina olimpica) concludendola in meno di dieci ore e meritandosi a ragione il titolo di “ironman”. Uomo d’acciaio.

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