Dalla panchina alla Dakar, si avvera il sogno di Villas Boas: "Ecco perché l'ho fatto"

Motori

Francesco Giambertone

André Villas-Boas oggi e nelle sue esperienze passate: in Cina e con Mourinho (Chelsea e Inter)
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Via alla 40esima edizione dello storico rally a tappe, che si sposterà dal 6 al 20 gennaio tra Perù, Bolivia e Argentina. Ai blocchi di partenza anche l'allenatore portoghese, che un mese fa ha lasciato lo Shanghai Sipg di Hulk e Oscar per correre la gara: "Volevo farla in bici ma ci voleva un anno"

DAL CALCIO AL RALLY: VILLAS-BOAS CORRERA' LA DAKAR

È cominciata la 40esima edizione della Dakar, la gara di rally a tappe più famosa e difficile del mondo. Un tempo partiva dalla Tour Eiffel e arrivava nella capitale del Senegal, ma da dieci anni ormai le drammatiche tappe del mito hanno cambiato scenario per trovare stabilmente casa in Sudamerica. I 337 equipaggi tra moto, auto e camion sono partiti sabato da Lima, in Perù, per la prima delle 14 tappe che li porteranno – o così sperano – al traguardo di Cordoba, in Argentina, il 20 gennaio. Dopo aver attraversato anche la Bolivia, dove passeranno tra altipiani mozzafiato e l'incredibile Salar de Uyuni, un gigantesco deserto di sale. Quasi 9 mila chilometri di sabbia e montagne in 15 giorni, in gara ci saranno 190 tra moto e quad, 42 camion e 105 automobili. E tra campioni di oggi e di ieri – Peterhansel e Al-Attiyah (già primo), Loeb e Sainz, per dirne pochi – si è messo al volante anche uno che è abituato a guidare squadre e non auto: l'allenatore André Villas-Boas. L'ex Special Two del Portogallo che doveva seguire le orme di Mourinho e invece ha finito per lasciare una panchina in Cina per correre un rally in Perù.

Il campione Nasser Al-Attiyah (in testa dopo la prima tappa) osserva divertito le risposte in conferenza stampa di Villas-Boas

Le dimissioni dalla Cina: "Vado alla Dakar"

Se vi siete persi gli ultimi passaggi della carriera di Villas-Boas ecco un breve riassunto: dopo aver vinto l'Europa League col Porto nel 2011 diventando il più giovane tecnico della storia a vincere una competizione europea, passa al Chelsea (che sborsa 15 milioni ai portoghesi per portarlo a Londra) dove dura 40 partite, viene esonerato e vede il suo successore Di Matteo sollevare la Champions. Rimane in Gran Bretagna e l'anno dopo al Tottenham ottiene un 5° posto, prima di rescindere a metà della stagione successiva. La sua indole da viaggiatore e svariati milioni di rubli lo portano in Russia, allo Zenit al posto di Spalletti: ci resta tre anni, vince due coppe, nessun campionato e nel 2016 si dimette. Fino alla chiamata cinese dello Shanghai Sipg, dove giocano Hulk e Oscar, che gli vale 13 milioni di euro di contratto e un'altra seconda piazza dietro al Guangzhou. Un anno di lavoro, poi il 30 novembre scorso rassegna le dimissioni: “Vado a correre la Dakar”. E così è stato.

André Villas-Boas si è dimesso dal suo incarico in Cina a novembre 2017

Lo zio pilota, la preparazione in un mese e la tenda in montagna

Villas-Boas è un patito di auto e di motori, ma non ha mai corso. Però con la Dakar ha un legame stretto, quasi familare: suo zio Pedro l'ha corsa nel 1982, nell'84 e nell'85. Per André era il momento giusto per provarci, a bordo di un Toyota 4x4 Hilux del team Overdrive, in coppia col connazionale Ruben Faria che gli farà da navigatore: “Ho del tempo libero – ha raccontato Villas-Boas - e le stelle sono allineate nel modo giusto: ho 40 anni, la stessa età che aveva mio zio quando corse la gara per la prima volta, e questa è la 40esima edizione”. Quindi, perché no? Forse ad André mancherà un po' di esperienza e di forma fisica: “Avevo solo un mese per prepararmi dopo la mia partenza da Shanghai, quindi ho iniziato un programma fisico e ho affittato una tenda per allenarmi all’altitudine”, ha raccontato, raggiante, nella conferenza a poche ore dal via, dove ha fatto capire che finita quest'avventura vorrebbe tornare ad allenare in Europa. Ma per adesso meglio concentrarsi sulla prossima duna.

Villas-Boas e il copilota Ruben Faria, che ha già corso la Dakar in moto

"Non so se sono pronto"

Dal calcio al rally il passo è grande quanto un deserto. “Di solito sono abituato a dire agli altri cosa fare, non a fare io stesso: ho bisogno dell'esperienza di Ruben. Ci saranno momenti in cui dovrà calmarmi. Ma sogno questa corsa sin da bambino”. C'è la questione del fisico, perché affrontare un viaggio simile non è come una trasferta da Shanghai a Pechino in aereo: “Non sappiamo come reagirà il corpo fino a quando non saremo in macchina e ogni giorno soffriremo le difficoltà della Dakar, in particolare quando saliremo in quota fino a quasi 5000 metri di altezza. Ho cercato di fare più lavoro fisico che potevo”. E in più, ha ammesso Villas-Boas, la sua carriera da pilota fin qui non si avvicina neanche lontanamente a quella da mister: “Volevo farla in bicicletta, ma ci voleva un anno di preparazione e quindi mi hanno suggerito di mettermi in auto, così ho contattato il team. Spero di sentirmi pronto, ma nulla ti prepara per la fisicità della Dakar. Vedremo cosa succederà". Per ora non se la sono cavata male: tra le auto hanno chiuso 46esimi su 88, con 11 minuti di ritardo dal team di testa, formato da Al-Attiyah e Baumel. È un inizio. Sarebbe già bello arrivare alla fine.

La Toyota Hilox di Villas-Boas nel deserto tra Lima e Pisco, la prima tappa della Dakar