Valentino Rossi, dall'esordio alla MotoGP: "Io c'ero", l'editoriale di Paolo Beltramo

MotoGp

Paolo Beltramo

Dagli esordi ai 400 GP: ripercorriamo la carriera straordinaria di Valentino Rossi con i ricordi di chi l'ha vissuta (in gran parte) al suo fianco. "Io c'ero", parola a Paolo Beltramo

Era il 31 marzo del 1996. La pista quella malese di Shah Alam, piccola, antiquata, casereccia, niente a che vedere con Sepang. Quel giorno un pilota già con una certa fama dovuta ai suoi buoni risultati e all’essere figlio d’arte, ma in fondo considerato (allora) uno dei tanti (buoni) che popolavano la 125. Si chiamava Valentino Rossi ed esordiva nel mondiale finendo sesto con la sua Aprilia RS125R della squadra gestita da Giampiero Sacchi, voluta da Carlo Pernat e con capotecnico Mauro Noccioli, la stessa con la quale aveva corso l’Europeo precedente.
Già in quella stagione d’esordio vinse il suo primo GP a Brno battendo un vecchio volpone come Jorge Martinez all’ultima curva. Ancora non si poteva dire quanto grande, ma si percepiva che ne era nato uno. E si intuiva che insieme alle qualità di guida c’era molto altro: personalità, inventiva, fantasia, carattere forte e poi quell’essere sempre indipendente, disobbediente, estroverso, adorabilmente un po’ tanto tosto.

 

Allora, affascinato dalle prodezze di Norifumi Abe, un pilota giapponese che con la sua Honda viola fece numeri incredibili nella gara di Suzuka, il suo esordio nel 1994, si chiamava “Rossifumi”.

 

Beh, il giorno di quell’esordio c’ero, ero presente a Shah Alam. Vinse Stefano Perugini, che allora era simpatico almeno quanto Vale e forse questo mi offusca un po’ il ricordo, ma rivivo dentro di me quella prima stagione dove la vittoria sembrava essere sempre lì e poi non arrivava. Fino a Brno. Quel successo gli diede, ovviamente, ancora più autostima, sicurezza, convinzione e (in una stagione) lo portò ancora a Brno a vincere il suo primo mondiale. Ma prima voglio ricordare un fatto che fu, molto probabilmente, l’inizio della profonda antipatia che lo divise da Biaggi.

 

Eravamo a Suzuka, a cena, seduti tranquillamente a chiacchierare quando passò Max e rivolto a Rossi disse: “Tu quando parli di me, prima devi sciacquarti la bocca, capito!?” Restammo tutti un po’ allibiti, ma da lì nacque un dualismo storico che portò Vale a disputare il giro d’onore dopo la vittoria del Mugello con la bambola chiamata Claudia Schiffer riferendosi a qualche uscita a cene di Max con Naomi Campbell…

 

Quando vinse il mondiale a Brno fu divertente, ovvio. La sera noi giornalisti fummo invitati alla festa insieme al team, agli amici dal presidente Ivano Beggio. Siamo andati in un ristorante italiano (uno dei primissimi) e abbiamo fatto, come da tradizione e aspettative, un sacco di casino, abbiamo bevuto troppo, ci siamo divertiti e non so dire con precisione, ma la sensazione che ne avremmo fatte altre di queste feste si insinuava con forza nei pensieri.

 

Nel 1998 Valentino passò in 250, come ovvio. Cambiò team e prese come capotecnico Rossano Brazzi che in Aprilia aveva già lavorato e vinto gare con Loris Reggiani. Per la casa veneta fu una stagione trionfale e alla fine vinse Capirossi battendo Harada in Argentina con Rossi secondo nel mondiale e autore di ben 5 vittorie. Mancava poco e difatti nel ’99 fu un dominio.

 

Allora lavoravo in Aprilia come ufficio stampa racing e mi ricordo la facilità di comunicare un fenomeno simile e le difficoltà di rapportarsi personalmente con lui, con l’allora manager Badioli che si metteva spesso di mezzo per rendere difficili le cose semplici (credo si trattasse di una malintesa forma di protezione), ma alla fine arrivò Jacarepagua, Rio de Janeiro con la vittoria del mondiale. Credo non esistesse un posto migliore per festeggiare. Allora affittammo una parte con piscina dello Yacting Club Rio a Botafogo, un posto meraviglioso. All’inizio, già alticcio causa caipirinha, facevo un po’ da buttadentro all’ingresso. Poi abbiamo mangiato, il Fan Club si esibì in una delle sue migliori interpretazioni: travestiti da ballerine dell’Oba Oba i “ragazzi” di Tavullia ballarono e sculettarono per ore. Il finale fu, naturalmente tutti in piscina vestiti, cosa che era vietatissima.

 

Era arrivato il tempo di cambiare: lasciare l’Aprilia, il team di Brazzi e la 250, per passare in 500 con la Honda. Anche questa volta Rossi impiegò una stagione per essere pronto a vincere il titolo, che arrivò nel 2001 ancora a Rio de Janeiro. Ma alla Honda non c’erano la Matilde Tomagnini e il sottoscritto a fare comunicazione e così fummo invitati in un ristorante (bellissimo) a Santa Teresa, mentre Vale e il team (ereditato da Mick Doohan) con Jeremy Burgess a capo festeggiava in un altro posto…Non mi piacque: in fondo era l’ultimo anno della 500, aveva vinto Vale e c’ero senza esserci davvero.

 

Nel 2002 inizia l’era MotoGP e da lì al 2013 le ho viste e passate tutte: mondiali, 100 GP vinti, vittorie straordinarie come quella di Welkom 2004 alla sua prima con la Yamaha dopo aver lasciato la Honda, quella a Laguna Seca su Casey Stoner con taglio del Cavatappi, l’ultima curva a Barcellona su Jorge Lorenzo. Ho vissuto l’aridità del biennio Ducati, il ritorno in Yamaha poi tutto il resto, a parte una ventina di gare, da casa.

 

Praticamente io ho smesso (almeno di andare in giro per il mondo) e lui corre ancora. 400 Gran Premi e non gli bastano. E pensare che avendo il cominciato a seguire il mondiale nel 1979, suo anno di nascita, scherzando avevamo fatto un patto: che avremmo smesso insieme… cavolo, ma vince sempre lui?

 

Comunque questa ricorrenza australiana ha come numero ricorrente il quattro. Rossi è l’unico ad aver vinto in 4 categorie, ha 40 anni e corre la gara numero 400.

 

P.S. son qui, in Italia, che partecipo, da lontano, troppo lontano, al raggiungimento di questo traguardo unico e vorrei essere lì. Ad abbracciare lui e quella passione che è il materiale col quale è stato forgiato.