C'era una volta l'america(no): Colin Edwards

MotoGp
Paolo Beltramo

Paolo Beltramo

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Vi raccontiamo la storia del pilota texano divenuto un personaggio al di là dei suoi successi. Campione SBK, in MotoGP è forse arrivato un po' tardi e su un'Aprilia non proprio competitiva. Molti ricordano il 2003 al Sachsenring, quando la sua moto andò in fiamme per una perdita di carburante, ma la storia di Edwards è molto altro ancora 

Texano puro, che più non si può essendo nato ad Huston in 27 febbraio del 1974 è uno dei piloti americani che più ha saputo diventare un personaggio al di là dei suoi successi. Grandissimo campione di Superbike, forse è arrivato in MotoGP un po' tardi per poter fare di più. Aveva quasi trent'anni, infatti, quando salì sull'Aprilia RS Cube, la 3 cilindri di Noale, non particolarmente competitiva. Si appassiona alle moto a 3 anni di età quando suo papà, Colin Edwars sr, australiano e appassionato di moto, gli regala una motina. Già l'anno dopo Colin Jr compete in gare per ragazzini e porta a casa i primissimi trofei in motocross, nel 1987 vince il campionato nazionale 80cc. A 16 anni esordisce in velocità nel nord del Texas e in sella ad una ZX750 si accorge di andare forte, ma anche che per correre è meglio avere sulla tuta le giuste protezioni come le saponette sulle ginocchia, altrimenti ci si fa male, ma capisce anche che la velocità è il suo genere e lascia il motocross.

Il salto con la Yamaha nel Mondiale di Superbike

Nei suoi primissimi anni di corse vince molto soprattutto in 250 con una Yamaha TZ finchè nel '92 vince il campionato AMA (American Motorcycle Association) 250 national series battendo Kenny Roberts Jr. Nel 93, a 19 anni, esordisce nel campionato AMA Superbike con una Yamaha. Si comporta bene, tanto che nel 1995 la Yamaha lo fa correre nel mondiale SBK dove fa un terzo a Monza e un secondo a Brands Hatch. Nel '96 finisce 5° nel Mondiale e vince in coppia con Noriyuki Haga la '8 ore di Suzuka' diventando la coppia più giovane ad esserci riuscita. Tanto bello il '96 quanto brutto l'anno successivo che lo vede farsi male e sfumare le trattative con un team della 500 per farlo esordire nel mondiale.

Colin Edwards
4 Agosto 1996: Colin Edwards in azione con la Yamaha YZR 750 a Brands Hatch (Inghilterra), nel Mondiale di Superbike - ©Getty

Dalla Yamaha alla Honda

Così resta in SBK, ma molla la Yamaha e passa all'elegantissimo (per la livrea) Team Castrol-Honda con la RC45. Con la nuova squadra vince a Brands Hatch e 2 volte a Monza. Nel '99 vince molto e finisce il campionato secondo dietro la quasi imbattibile Ducati di Carl Fogarty. Nel 2000, la Honda vuole dimostrare che può battere la Ducati sul suo terreno e corre con una bicilindrica a V, la VTR 1000 SP-1: Colin, nonostante la giovinezza della moto, vince il titolo, il primo da Campione Mondiale Superbike. Nel 2001 corre con una VTR 100 SP-2, ma vista l'acerrima concorrenza (Hodgson, Bostrom, Corser e Bayliss) perde proprio contro l'australiano Baylistic che riporta il titolo in Ducati.

Colin Edwards
2000: Colin Edwards festeggia il titolo in Superbike con Honda - ©Getty

Il debutto in MotoGP con Aprilia

Nel 2002 torna a prendersi il titolo dopo un testa a testa col solito Bayliss e ottiene il record di punti, con 552, che resisterà fino al 2017. Questo secondo titolo e l'età abbastanza matura lo spingono ad esordire in MotoGP con l'Aprilia RS Cube come compagno di Noriyuki Haga. Non va male, considerando la scarsa competitività del mezzo e difatti nel 2004 viene chiamato a fare da compagno di Sete Gibernau nel Team Telefonica Movistar-Honda con la RC211V: ottiene due secondi posti e finisce quinto assoluto. Ma non basta e passa alla Yamaha come compagno di Valentino Rossi. Ottiene tre podi. Nel 2006 disputa una stagione sotto le aspettative dove getta letteralmente nel fosso una vittoria ad Assen, cadendo all'ultima curva e lasciando vincere un GP che si rivelerà fondamentale per il suo titolo a Niki Hayden. Riconfermato in Yamaha per il '07 finisce una stagione incolore al nono posto.

Colin Edwards
2005: Edwards, Brivio e Rossi alla presentazione del team Yamaha - ©Getty

Il ritiro nel 2010 a quasi 40 anni

La Yamaha lo stima, ma lo sposta nel Team Tech 3 di Hervè Poncharal dove ottiene qualche podio nelle 3 stagioni che vanno dal 2008 al 2011. Nel 2012 va al Team Forward Racing, che gli affida una Suter MMX1, una CRT, ma non è fortunato, anzi. Nel 2013 guida una FTR Kawasaki con Claudio Corti come compagno. Nel 2014, sempre per la stessa squadra guida una Yamaha con specifiche Open. Ma il 10 aprile di quella stagione, proprio nel GP delle Americhe ad Austin, Texas annuncia il suo ritiro a quasi 40 anni di età e col rimorso di aver gettato una vittoria già sua ad Assen nel 2006 quando all'ultimo giro cade tra le due curve dell'ultima variante e fa vincere Niki Hayden, una vittoria che poi sarà essenziale per la conquista del suo titolo.

Edwards a Donington Park il 13 luglio 2003 - Getty

Il personaggio

Fin qui il Colin Edwards pilota, ora passiamo a quell’incredibile personaggio che è stato ed è (fa le telecronache per la BBC) "Texas Tornado". Come indicano luogo di nascita e soprannome è un texano assoluto, al 100%. Nel suo “Boot camp” si insegna ad andare in moto, certo, ma anche a sparare. Nel suo Ranch Colin organizza infatti anche gare su un tracciato da dirt track chiamate Dirt War e Mad Dog. Denominazioni che sono un programma. Pur essendo un texano duro e puro, lui è simpatico e divertente. Quando guidava l'Aprilia RS cube al Sachsenring la moto si incendiò di colpo, lui apparve guidare una palla di fuoco impazzita e fu costretto a gettarsi dalla moto. Un paio d'ore dopo lo incontro nell'Hospitality della casa italiana con in braccio uno dei suoi bambini, allora poco più che neonato. Mi avvicino da dietro con una sigaretta in bocca e gli tocco la spalla dicendo ”Hai da accendere?”. Lui anziché tirarmi un cazzotto texano mi abbraccia ridendo come un pazzo.

 

Edwards ha il vizio di masticare tabacco, roba che qui da noi non vedevo da vari decenni. Bè, una volta sono seduto di fianco a lui in un volo intercontinentale, non mi ricordo quale. Lui mastica e sputa in una bottiglietta di coca-cola adibita a scarico portatile. Dopo qualche ora gli chiedo di farmene assaggiare un sorso e ancora una volta la cosa lo ha fatto ridere come un pazzo. A lui piacciono quelle cose un po' campagnole all'americana, non troppo raffinate. Per lui barbecue, birra e sparare (anche cavolate) è il massimo dopo la famiglia bellissima e molto unita: la moglie Alyssia e tre figli. Poi ci sono ancora le moto, la caccia e le telecronache per la BBC che lo tengono ancora molto presente e legato al mondo dei Gran Premi. Ha anche una curiosa e divertente abitudine: quella di utilizzare una specie di cannone ad aria compressa col quale spare magliette col suo logo al pubblico seduto nella tribuna di fronte ai box.

Colin Edwards
26 aprile 2014: Colin Edwards durante le qualifiche del GP d'Argentina. E' il suo ultimo anno in MotoGP - ©Getty

L'incubo più grande

Il suo più grande incubo di tutta la carriera e probabilmente della vita è l'incidente nel quale insieme a Valentino Rossi nel 2011 a Sepang investì assolutamente in modo innocente e inevitabile, Marco Simoncelli. Quel giorno papà Paolo qualche ora dopo l'incidente mi invita ad andare con lui a salutare Marco sul lettino del centro medico del circuito malese. Prima di arrivare, sulla destra c'è un'altra stanza e vedo dietro una tenda non del tutto tirata Colin e Hayden che lo consola: entro e lo guardo negli occhi. Abbiamo entrambi le lacrime che offuscano la vista, ma ci abbracciamo senza pronunciare una parola pur dicendoci moltissimo. Poi lo lascio, e vado da Marco…