Il mio giro del mondo in 58 circuiti: Spa-Francorchamps

MotoGp
Paolo Beltramo

Paolo Beltramo

©Getty

Il "viaggio" di Paolo Beltramo nei tracciati del motomondiale fa tappa a Spa-Francorchamps, in Belgio, per il racconto di una gara del 1979 decimata dall'assenza dei migliori piloti, che decisero di scioperare davanti alla mancanza dei requisiti di sicurezza dell'asfalto. "Paragonavano il circuito a una saponetta o a del borotalco..."

IL MIO GIRO DEL MONDO IN 58 CIRCUITI: SALISBURGO - ASSEN - FIUME 

 

La settimana dopo la splendida vittoria di Virginio Ferrari ad Assen il calendario di allora prevedeva la gara in Belgio, sul tremendo circuito di Spa-Francorchamps, ridotto alla metà della sua originale lunghezza e appena rifatto, proprio in quel 1979. L'asfaltatura venne terminata la notte del venerdì della settimana precedente la gara. Un lavoro che costò la bella cifra di 17 miliardi di allora, ma che non riuscì a garantire sicurezza sufficiente a convincere i piloti migliori a correre. È stato il terzo sciopero della storia dopo la Germania 1974 e Salisburgo 1977.

 

Dai tulipani alle Ardenne

Il dopo di quel GP d'Olanda vinto da Virginio Ferrari fu bello, festoso, anche se non troppo. Quella volta il Virgi aveva un camper e siamo andati ad Amsterdam e dormito lungo un canale, utilizzando per me e il mio amico la 2CV come dormitorio, e il camper come appoggio per ogni tipo di bisogno... Siamo stati bene, abbiamo riso, mangiato, bevuto pochissimo perché se c'è qualcuno che stava già allora attentissimo all'alimentazione e alla preparazione fisica era proprio Ferrari. Quindi non si andava mai al di là di una birretta. La mattina della domenica o del lunedì siamo partiti per Spa. Un viaggio interessante perché una volta in Belgio ci si inoltra nelle Ardenne e si attraversa un immenso, immane cimitero di guerra alleato che fa pensare quante vite siano costate le nostre libertà, tra queste anche il nostro girovagare allegro per raggiungere i circuiti di tutto il mondo per correre con un gruppo di persone di tutto il mondo. Davvero si è trattato di un'esperienza che mi ha impressionato molto. Ma in quel week-end un po' tutto è stato impressionante e interessante. Innanzitutto il circuito, con quel bar all'esterno della curva della "Source", un angolo strettissimo che allora chiudeva il giro (oggi con le F1 lo apre) e da dove si entrava nel paddock. I box erano sul rettilineo dopo la Source e più grandi ed attrezzati della media perché il tracciato ha ospitato sempre anche gare di endurance (auto e moto), quindi aveva bisogno di box che servissero a molto più di un cambio di corona, pignone, ruota o getti.

Il circuito di Spa-Francorchamps
©Getty

 

Il "circuito-saponetta"

Quell'anno il circuito era stato dimezzato e ridotto a poco meno di 7 km. Quello vecchio affascinava ancora e sono salito sulla Volvo 240 station di Marco Lucchinelli (che normalmente tirava la roulotte con, oltre a lui, la futura moglie Paola e il meccanico giapponese Toshi e le 2 Suzuki 500). Liberi da tutto mi ha portato a fare un giro: bè, basti dire che nella discesa di Malmedie, lunga 5 km, che attraversava il villaggio e aveva le strisce bianche ai lati e in mezzo, in folle abbiamo toccato i 190 kmh! Sì, in folle con un mezzo che non era certamente stato progettato per avere un cx efficiente e raggiungere velocità elevate. Sono rimasto impressionato, e mi sono immaginato, anzi ci ho provato, cosa pensassero e provassero i piloti mentre guidavano di notte e sotto la pioggia giù di lì. Nel 1976 - ripeto 1976 - Newbold con la Suzuki raggiunse i 316 kmh... Il bello, però, doveva ancora arrivare perché l'asfalto posato una settimana prima non era buono. I piloti lo paragonavano ad una saponetta o a del borotalco. La sera di sabato 30 giugno tutti i principali piloti della 500 con in testa Kenny Roberts, Barry Sheene, Virginio Ferrari, Johnny Cecotto, Lucchinelli e via hanno infatti comunicato che ogni tentativo di mediazione con l'organizzazione (allora erano quasi sempre moto club o federazioni locali ad organizzare) e la Federmoto non aveva portato a nulla e che non avrebbero partecipato al GP. 

Il circuito di Spa-Francorchamps
©Getty

 

Le "World Series"

Ricordo perfettamente noi sotto una balaustra ad ascoltare Kenny e gli altri fare una specie di comizio. In più, oltre allo sciopero, si stava cominciando a parlare di un'organizzazione parallela e staccata dalla Federazione Internazionale che raggruppasse i piloti migliori e desse vita ad un campionato alternativo che si sarebbe chiamato: "World Series". A spingere c'erano soprattutto Roberts, Mamola e un avvocato inglese, Barry Coleman, una brava persona che poi diede vita a "Riders for Healt" insieme alla moglie e con l'aiuto soprattutto di Randy. Appiccicato su una vecchia macchina da scrivere avevo l'adesivo delle "World Series", che per molti piloti e anche giornalisti continuava ad aleggiare come la soluzione a tutti i problemi. La soluzione di tipo professionale è poi arrivata con la vendita dei diritti tv e il passaggio prima da tale Kransky e poi a Dorna. Gli organizzatori sono diventati degli imprenditori, dei promoter che investivano sull'evento e speravano di guadagnarci. La Federazione Internazionale è divenuta un semplice marchio che dà valore mondiale a campionati in sostanza privati ed organizzati meglio. Ma si è persa quella passione di personaggi come l'ingegnere svizzero Luigi Brenni che mettevano le proprie grandi (in quel caso) capacità al servizio dello sport che amavano e gratuitamente. Certo, in quel pastrocchio di federazioni nazionali e internazionali c'erano un sacco di incompetenti, gente che stava lì quasi soltanto per fare una settimana di vacanza gratis in inverno quando c'era il convegno. Qualcuno ha probabilmente anche guadagnato qualcosina, ma insomma il mondo andava in un'altra direzione e quello sciopero nella sua anima, aveva anche questo.

 

PS. La 2CV ha retto benissimo fino alla fine e per molti anni ancora.

Kenny Roberts
Kenny Roberts - ©Getty