Bagnaia come Sinner, umiltà e cultura del lavoro dietro ai successi

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Paolo Lorenzi

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Dietro ai trionfi di Pecco Bagnaia c'è una cultura del lavoro che accomuna il due volte iridato MotoGP a Jannik Sinner, l'altro fenomeno dello sport italiano impegnato a Wimbledon (diretta Sky e NOW) nei prossimi giorni. Due che sono diventati campioni e che si confermano tali a suon di vittorie, grazie alla quotidiana voglia di migliorarsi e di limare i propri difetti

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Testa bassa e pedalare, è la regola aurea dei ciclisti che conoscono il senso e la misura della fatica. Come la conosce bene anche Pecco Bagnaia, che sempre su due ruote viaggia, ad altre velocità, ma che con gli eroi del pedale condivide l’importanza dell’impegno costante. "Perché se pensi di essere arrivato sei finito", spiegava domenica ai microfoni di Sky.

Quante analogie tra Bagnaia e Sinner

Il talento senza impegno fa poca strada. Questo è la sintesi delle sue parole, che lo accomunano a un altro grande fenomeno nazionale, Jannik Sinner, uno che non ha mai fatto mistero del lavoro, metodico, continuo, e di un allenamento asfissiante per migliorare ancora e ancora. Per progredire, sempre. E’ il segreto alla base di ogni campione. In Italia ne abbiamo due che di questo abito mentale ne hanno fatto una condizione di vita. Sono al vertice perché hanno lavorato tanto per trarre il meglio da sé stessi, senza accontentarsi, nemmeno dopo aver raggiunto l’apice delle rispettive discipline.

"Non si smette mai d'imparare"

"Non si smette mai d’imparare, non si diventa campioni dal nulla, c’è sempre tanto lavoro da fare", l’ha ribadito Pecco dopo il capolavoro di Assen. L’avrebbe potuto dire anche il campione altoatesino, numero uno del tennis mondiale. Tra loro due c’è più di una somiglianza. L’indole è la medesima. La prospettiva del sacrifico è più spesso un freno, piuttosto che uno stimolo, ma lo sport ad alto livelli non fa sconti. L’umiltà di Bagnaia che evita i toni trionfali persino dopo avere cancellato ogni resistenza nella cattedrale del motociclismo è un bell’esempio da seguire.

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Campioni si diventa, rimanerlo è più difficile

"Stiamo raccogliendo i frutti del lavoro portato avanti da inizio stagione", spiegava il numero uno della Ducati, che non ha masi smesso di provare. E riprovare. Per limare i difetti, anche piccoli. Per continuare la ricerca di una perfezione che umanamente non esiste, ma non per questo può diventare un’alibi sufficiente a sedersi a contemplare quanto fatto. Campioni si diventa, ma ancora più difficile è rimanerlo.