Attilio Fresia, la storia del primo italiano ad aver giocato all'estero nel 1913

Molto prima di Jorginho, Calafiori, Donnarumma, Verratti, Insigne e Bernardeschi, ma anche molto prima di Di Canio, Vialli, Zola, Amoruso e Mancini, c’è stato Attilio Fresia. Calciatore d’altri tempi, e non per modo di dire: per raccontare la sua storia bisogna tornare indietro di più di 100 anni, addirittura a prima delle due Guerre Mondiali. Fresia nacque a Torino il 5 marzo del 1891, dove mosse i primi passi come calciatore amatoriale fino a quando venne notato da Vittorio Pozzo in persona durante un’amichevole nel 1911, che lo descrisse come uno dei giocatori più talentuosi di tutto il panorama nazionale e lo consigliò ad alcune sue conoscenze in Liguria. Prima di trasferirsi nel Regno Unito per il suo Erasmus calcistico, Fresia ha tempo per giocare un paio di stagioni – ammesso che così si potessero chiamare visto che il calendario del campionato come lo intendiamo oggi era ancora un pensiero molto lontano – in Liguria, prima nell’Andrea Doria, società antenata della Sampdoria, e poi nel Genoa, dove venne coinvolto in uno scandalo tesseramenti che gli costò due anni di squalifica dai campi italiani. Questo perché, come detto, in Italia non esisteva ancora il professionismo eppure Fresia venne a tutti gli effetti acquistato dal presidente rossoblù George Davidson insieme ad altri tre calciatori per la cifra complessiva di 30mila lire con lo scopo di creare una squadra ultra competitiva e ammazzare calcisticamente la concorrenza. Per aggirare la squalifica, Fresia decise di cedere alle lusinghe del Reading, che lo acquistò dal Genoa per la cifra ‘record’ di 17 sterline. I ‘Biscuitmen’ – gli ‘uomini dei biscotti’, dalla grande fabbrica Huntley & Palmers, attiva nel settore dolciario e che aveva la sua sede principale proprio a Reading – avevano infatti giocato una tournée in Italia nei mesi precedenti su intercessione di William Garbutt, in quel momento allenatore del Grifone ed ex giocatore della formazione inglese, che aveva organizzato tra le altre una partita proprio contro i rossoblù. Finì 4-2 per il Reading, ma i due gol ‘italiani’ furono proprio di Fresia, che colpì a tal punto la dirigenza dei ‘Biscuitmen’ da volerlo acquistare immediatamente finito il tour di amichevoli in Italia. Dopo aver smaltito le pratiche burocratiche, con la Figc che impiegò circa sei mesi per acconsentire al trasferimento, il 27 novembre 1913 Attilio Fresia divenne ufficialmente un nuovo tesserato del Reading Football Club. La stampa inglese intanto creò una quantità esagerata di aspettative, al punto tale che le prime uscite di Fresia furono un continuo susseguirsi di critiche. In quegli anni la differenza tra il calcio inglese e quello italiano era immensa, da un punto di vista tecnico ma soprattutto fisico, con Attilio che pagò soprattutto la maggiore intensità degli avversari e la durezza delle partite. Un giornale locale scrisse: “Fresia non è adatto per i terreni duri, evidentemente è abituato a campo morbidi. Non serve al Reading un giocatore così”. Nella Southern League infatti i campi erano spesso ricoperti di fango e detriti, condizioni non adatte per un giocatore tecnico e poco atletico come lui, che non riuscì mai ad adattarsi a quel tipo di calcio. Dopo pochi mesi Fresia fece ritorno in Italia, precisamente a Modena, dove si accontentò di allenare la formazione giovanile, dovendo ancora scontare parte della sua squalifica. Arrivò il ritorno in campo, ma solo part-time: essendo cominciata la Prima Guerra Mondiale venne arruolato, e si alternò tra il calcio e il reparto di artiglieria, dove prestò servizio per quattro anni. Terminato il conflitto passò al Livorno nel 1919, per poi tornare a Modena nel 1920, dove appese gli scarpini al chiodo a soli 29 anni per sopraggiunti problemi di salute ai bronchi, ma con la promessa di diventare un giorno l’allenatore della prima squadra dei ‘Canarini’. Non succederà mai, ma avrà il tempo di scrivere ancora un piccolo pezzo di storia del calcio italiano all’estero. Nel dicembre 1920 decise infatti di imbarcarsi su un transatlantico con destinazione Brasile, confidando nel fatto che il clima caldo del Sud America potesse dare sollievo ai suoi guai ai polmoni. Venne nominato allenatore del Palestra Italia , una squadra composta al tempo solo da immigrati italiani, che condusse alla vittoria del primo titolo nazionale della sua storia. La vita in panchina rimase solo un sogno per Fresia, che fu costretto a tornare in Italia nell’estate del 1921 per l’aggravarsi della sua salute. Si stabilì con la moglie Nerina nell’amata Modena, dove continuò a lavorare nel settore giovanile fino alla sua morte, il 14 aprile 1923. Aveva solo 32 anni. Non sarà stato il più forte o il più conosciuto calciatore della storia del calcio italiano, ma se oggi guardiamo ai nostri talenti all’estero lo dobbiamo in un certo senso a lui, ad Attilio Fresia: centrocampista, allenatore, ma soprattutto pioniere.

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