Figc, cosa cambia con le modifiche allo Statuto

Casini, nel post assemblea, è stato molto bravo a stemperare le tensioni evidenti, in questi mesi, e a cercare di dare una chiave ottimistica sull’esito del voto. La situazione però sembra essere diversa, pur partendo dagli stessi punti. La Serie A incassa il diritto di intesa sulla questione che la riguardano , un elemento in più in seno al Consiglio Federale e aumenta di 6 punti il proprio peso percentuale. Le proposte di Gravina, necessarie per recepire l’emendamento Mulé e comunque inevitabile per le spinte che la A stava già facendo da diverso tempo, sono passate con l’appoggio di tutti tranne proprio che della Serie A stessa. E proprio da qui partono le valutazioni e le considerazioni. Intanto il voto. E’ vero che la A non ha appoggiato Gravina, ma lo ha fatto con due modalità differenti: astenuti e contrari. Come a voler sottolineare la differenza di vedute rispetto a questi temi nello sviluppo del calcio in Italia. E la divisione è netta: 12 sono stati i voti degli astenuti, 8 quelli dei contrari. Da una parte la Lazio di Lotito, che in questi mesi è stato certamente uno dei più attivi rispetto a queste tematiche, Napoli, Milan, Torino, Verona, Genoa, Monza e Empoli; dall’altra gli astenuti. Un modo per sottolineare le differenze di vedute: rispetto alla modalità di condotta finora tenuta da chi chiedeva ancora più autonomia. Anche all’interno della A c’è la convinzione che i passaggi non debbano essere necessariamente bruschi, che non ci debba essere necessariamente uno strappo. E’ quanto sostenuto dall’Inter per esempio, alla fine dell’Assemblea per bocca del presidente Marotta. Anche qui partiamo dai fatti: le richieste della A partono da delle posizioni condivisibili. E’ evidente che la A sia il motore del calcio. E’ quella che porta più risorse, più visibilità. E’ quella che dovrebbe indicare la strada. E’ quella da assecondare nelle necessità, in qualche caso anche da proteggere. E questo è un tema largamente condiviso. Ma l’unica Lega ad andare divisa in assemblea è stata proprio la Lega di A. Compatta la B nonostante Balata non abbia parlato all’inizio, nonostante non ci siano state delle proposte che arrivassero dei club cadetti. Compatta la Lega Pro che ha appoggiato le modifiche di Gravina che erano penalizzanti per lei, sottolineando come - nel discorso del presidente Marani - ci vuole una visione di insieme proprio per migliorare il sistema calcio. Marani ha criticato aspramente quanto visto finora: le scelte fatte per interessi personali, le battaglie portate avanti non per pensare come sistema ma come individuo. Ha sottolineato come si sia parlato, negli ultimi mesi, soltanto di percentuali di voto e non di temi molto più centrali come il vincolo sportivo, le riforme e i vivai. Compatta la Lega Nazionale Dilettanti, che attraverso il discorso del presidente Abete ha di nuovo attaccato la Lega di A, parlando di scarsa chiarezza in questi mesi, rispetto alle proposte che erano state presentate proprio dalla Lega di A. B, C e D unite insomma, seppur con dei sacrifici . La A - nonostante sia la beneficiaria - contro tutti e anche divisa. E’ vero che queste riforme non risolvono il problema, ma possono segnare una strada. E’ per questo che Casini le interpreta comunque come un passo in avanti significativo. Bisognerà capire però come le recepirà l’assemblea di A, fra un paio di settimane. Il clima che si respirava nei corridoi dell’Hilton di Fiumicino non era particolarmente buono per lui. Le divisioni interne non aiutano certo la Lega di A a mostrare con forza le proprie istanze. La guerra dei numeri finora ha portato soltanto a reazioni anche piuttosto dure. Non a caso Gravina ieri a più riprese ha parlato di rispetto, è tornato sul tema del dossieraggio, ha rimarcato come non ci sia mai stato un appoggio totale della A per arrivare a rendere ancora più solido il mondo del calcio nei confronti della politica e delle richieste al Governo . Ha sottolineato come i personalismi all’interno di questo processo di riforme, abbiano sempre sbarrato la strada, ostacolando chi si era messo in moto per favorirle. La Serie A chiede più autonomia. Chiede ancora più autonomia. Pensare di ottenerla subito, al primo giro di carte, sarebbe davvero stato presuntuoso. Ma l’obiettivo della A, esposto da Casini, è molto chiaro: se ieri si fosse votato favorevolmente il cambiamento proposto dalla A tutti sarebbero stati più contenti. Resta da capire tutti chi? Sicuramente tutti club di A. Non certamente tutte le altre componenti. Il compito del presidente federale è quello di trovare una sintesi rispetto alle necessità di tutte le componenti della federazione. E’ evidente che la forza di alcune decisioni dipende anche dal peso che ogni Lega ha all’interno della federazione stessa. Ma è altrettanto evidente come i toni, negli ultimi mesi, si siano scaldati: non tanto e non solo all’interno dell’arena politica, quanto fuori. Finora è stato estremamente difficile trovare un dialogo fra le due parti. E questo è stato il primo problema. Il secondo è che le divisioni all’interno della Lega di A dove le necessità individuali, finora, hanno sempre prevalso su quelle generali, consegnano al sistema una Lega di A meno forte di quello che dovrebbe essere. Meno guida, meno illuminata. La sensazione è che si faccia estremamente fatica a fare quel passo indietro che permetterebbe all’Italia di fare i famosi due passi in avanti. Magari per non perdere quel briciolo di vantaggio competitivo. Siamo sempre stati bravi, in generale, a tirarci fuori nelle difficoltà, a trovare risorse insperate. Ma alla lunga una mancanza di visione risulta deleteria. E probabilmente non è proprio un caso che la Nazionale abbia mancato gli ultimi due Mondiali.