Qualcuno salvi il soldato Spalletti

Qualcuno salvi il soldato Spalletti. Che ha voluto ripartire dalla severa autocritica con cui ci aveva salutati dopo il crac europeo, e non è da tutti, ma che in questo modo si attribuisce anche colpe non sue. È complicato il mestiere di commissario tecnico di una nazionale nel calcio nel XXI secolo, ma in Italia lo è ancora di più. Bene ha fatto perciò Gravina a intervenire in apertura della nuova stagione azzurra a sostegno del lavoro del ct e a ricordare che “abbiamo un quarto dei giocatori selezionabili rispetto alla Spagna”. Peccato sia lui il presidente federale e cioè il primo che, subito all’indomani del rovescio con la Svizzera, avrebbe dovuto cominciare ad affrontare il problema e trovare soluzioni. E invece niente. Mentre gli eccellenti risultati ottenuti dallo sport italiano alle Olimpiadi spostavano giustamente l’attenzione dell’opinione pubblica, la Federcalcio è rimasta inerte per tutta l’estate, intenta esclusivamente a preoccuparsi della spartizione delle poltrone in vista delle prossime elezioni. Qualcuno salvi il soldato Spalletti. In queste condizioni è sempre più arduo ricostruire una squadra competitiva. Non c’è finora nessuna inversione di tendenza circa l’ingaggio e l’impiego di giocatori stranieri. Né forse poteva essere altrimenti visto che non è stata presa nessuna iniziativa a proposito. Anzi la situazione, in rapporto a quanto accade negli altri Paesi europei, sta peggiorando. Al momento sono iscritti, nelle liste della Serie A, 398 calciatori non italiani, e cioè il 66,9% del totale. Praticamente il doppio della Liga spagnola, che ne ha a oggi 204, il 41%. Ci sono meno stranieri, per la prima volta, persino in Premier League: 358. Fra l’altro, nella scorsa stagione si è verificato che almeno 200 fra gli stranieri a libro paga dei club italiani abbiano avuto un impatto praticamente pari a zero. Ma il dato è ancora più preoccupante se si considerano i minuti effettivamente giocati: nell’ultimo campionato il 61,7% del totale è stato appannaggio dei calciatori stranieri e nell’avvio di questa stagione la percentuale è salita al 66% nella prima giornata e si è assestata sul 63,4% nell’ultimo weekend, a mercato finalmente chiuso ma con molti campioni esteri appena arrivati nelle loro nuove squadre e non ancora pronti perciò per essere impiegati a tempo pieno. Per capire meglio il peso di questi numeri, va detto che nella stagione scorsa nella Liga spagnola gli stranieri hanno occupato solo il 37,7% del minutaggio complessivo, nella Ligue 1 francese il 41,8%, in Bundesliga il 49,7% e nella esterofila e opulenta Premier League il 58,6%, sempre meno della Serie A. Qualcuno salvi il soldato Spalletti. Non sarebbe poi così difficile, se ci fosse la volontà, introdurre incentivi per investimenti nei vivai e premi per il maggiore impiego dei giovani italiani, se proprio non si è in grado di elaborare un progetto complessivo per lo sviluppo strutturale e infrastrutturale dei settori giovanili, la formazione di tecnici specializzati e il rilancio dei Centri tecnici federali territoriali. Così invece il ct dovrà continuare a fare i conti con una base ristrettissima. Il tempo per preparare le qualificazioni mondiali, ovviamente molto più importanti della Nations League al via in questi giorni, non è molto. Fra poco più di sei mesi si potrebbe già cominciare. Le prime convocazioni, in vista della doppia sfida con Francia e Israele, indicano la volontà di Spalletti di cominciare a ringiovanire l’organico, esigenza indispensabile, e di semplificare il lavoro di preparazione delle partite e i compiti dei giocatori in campo, rispetto alle sue richieste iniziali. L’idea di passare stabilmente a una difesa a tre tiene conto delle abitudini e delle attitudini della maggior parte dei giocatori convocati. In effetti, undici squadre di Serie A su venti, compresa l’Inter campione d’Italia, adottano stabilmente questo sistema di gioco. Però non andrebbe dimenticato che le squadre più forti d’Europa — tutte le inglesi più importanti, il Real Madrid e il Barcellona, il Bayern Monaco e il Paris St. Germain — giocano sempre con la difesa a quattro. Così come a quattro giocavano le finaliste di Euro 2024, Spagna e Inghilterra, l’Argentina campione del mondo e la Francia di Mbappé. E a voler essere pignoli anche sei delle otto squadre italiane che si apprestano a partecipare alle Coppe europee. Qualcuno salvi il soldato Spalletti. Che resta comunque l’allenatore disponibile più qualificato a rilanciare l’Italia. Magari, in questa annunciata operazione di ringiovanimento, potrebbe avere un po’ più di coraggio. In fondo le nazionali giovanili azzurre hanno messo in mostra ragazzi interessanti e che meriterebbero di cominciare a entrare nel giro e di essere provati. Okoli, 23 anni, e Brescianini, 24, gli ultimi arrivati, non sono più esattamente dei giovanissimi. La Francia che affronteremo venerdì sera, per ripartire verso il Mondiale, probabilmente schiererà il diciottenne Zaire-Emery.

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