Il difensore della Lazio sulla decisione di respingere l'accordo per il contratto collettivo: "Non è una questione economica, ma professionale". Marotta: "Abbiamo agito con senso di responsabilità". Leonardi: "Che non ci prendano in giro". GUARDA I VIDEO
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"Una personalità autorevole come il presidente della Federcalcio aveva invocato il buon senso interpretando facilmente l'articolo 7 e spiegando che bisogna garantire al calciatore il diritto di allenarsi tutelando la propria dignità professionale, non è una questione economica, ma professionale". Questa la posizione di Guglielmo Stendardo, difensore della Lazio laureato in giurisprudenza. L'accordo è saltato per due motivi: il contributo di solidarietà e l'articolo 7. "Quando abbiamo iniziato a discutere del rinnovo del contratto collettivo - spiega ai microfoni di Sky Sport 24 -, non si parlava del contributo di solidarietà, anche perché l'iter della discussione della manovra è cominciato soltanto ieri. La firma dell'accordo era legata solo all'articolo 7 che sancisce il diritto di ogni giocatore di lavorare negli stessi orari e nelle stesse sedi della squadra. Bisogna garantire il rispetto dell'attività del calciatore, non andando a discriminare e a ricattare il giocatore che non rientra nei piani della società. Secondo me, per risolvere il problema, si potrebbe pensare a rose limitate di 25 giocatori come avviene in Spagna".
Stendardo torna brevemente sul contributo di solidarietà, commentando le forti dichiarazioni di qualche giorno fa del ministro Calderoli. "Viviamo in democrazia e ognuno è libero di esprimere le proprie idee, ma senza minacce verso una categoria che va rispettata perché i calciatori sono protagonisti dello spettacolo più bello del mondo. Sono certo che i politici non sanno quali sono i veri motivi del rinvio del campionato". "Anche se ci dovesse essere questa tassa di solidarietà - continua Stendardo -, noi giocatori abbiamo detto che siamo pronti ad affrontare con ragionevolezza il problema, nessuno ha mai detto che non vuole pagare. Parliamo di un decreto su cui si discute soltanto da ieri, del contratto collettivo, invece, ne discutiamo da un anno". Stendardo ribadisce che la volontà dei calciatori "è quella di non partire se non si firma l'accordo collettivo, ribadisco che non è un problema di soldi, ma di dignità professionale. Mi auguro che la gente capisca che noi calciatori non vogliamo stravolgere nulla, ma solo tutelare i nostri diritti".
Le parole di Marotta - "L'assemblea è sovrana. Noi abbiamo agito con senso di responsabilità, anche se è una situazione di estremo imbarazzo abbiamo avuto fermezza nelle decisioni. Il consenso è stato unanime". Lo ha detto all'uscita dall'Assemblea di Lega di A, Giuseppe Marotta, direttore generale della Juventus, commentando la decisione della Confindustria del calcio di respingere la proposta del presidente federale, Giancarlo Abete, sul rinnovo del contratto collettivo dei calciatori.
La posizione di Leonardi - "Erano due punti stupidi e li hanno rifiutati. Non ci possono prendere in giro: invece di comprarsi la barca da due milioni di euro, ne prendono una da un milione e novecentocinquantamila, o fanno come me che ho il gommone...". Pietro Leonardi, dg del Parma, è uno dei 18 dirigenti che hanno respinto con forza l'accordo sottoscritto dall'Aic. "Per noi si gioca - ha detto il dg del Parma - sono loro che devono dire che vogliono fare. Non giocano? Chi se ne importa. Si sono messi la Figc dietro, ma non devono prenderci in giro. Per noi non se ne fa niente".
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"Una personalità autorevole come il presidente della Federcalcio aveva invocato il buon senso interpretando facilmente l'articolo 7 e spiegando che bisogna garantire al calciatore il diritto di allenarsi tutelando la propria dignità professionale, non è una questione economica, ma professionale". Questa la posizione di Guglielmo Stendardo, difensore della Lazio laureato in giurisprudenza. L'accordo è saltato per due motivi: il contributo di solidarietà e l'articolo 7. "Quando abbiamo iniziato a discutere del rinnovo del contratto collettivo - spiega ai microfoni di Sky Sport 24 -, non si parlava del contributo di solidarietà, anche perché l'iter della discussione della manovra è cominciato soltanto ieri. La firma dell'accordo era legata solo all'articolo 7 che sancisce il diritto di ogni giocatore di lavorare negli stessi orari e nelle stesse sedi della squadra. Bisogna garantire il rispetto dell'attività del calciatore, non andando a discriminare e a ricattare il giocatore che non rientra nei piani della società. Secondo me, per risolvere il problema, si potrebbe pensare a rose limitate di 25 giocatori come avviene in Spagna".
Stendardo torna brevemente sul contributo di solidarietà, commentando le forti dichiarazioni di qualche giorno fa del ministro Calderoli. "Viviamo in democrazia e ognuno è libero di esprimere le proprie idee, ma senza minacce verso una categoria che va rispettata perché i calciatori sono protagonisti dello spettacolo più bello del mondo. Sono certo che i politici non sanno quali sono i veri motivi del rinvio del campionato". "Anche se ci dovesse essere questa tassa di solidarietà - continua Stendardo -, noi giocatori abbiamo detto che siamo pronti ad affrontare con ragionevolezza il problema, nessuno ha mai detto che non vuole pagare. Parliamo di un decreto su cui si discute soltanto da ieri, del contratto collettivo, invece, ne discutiamo da un anno". Stendardo ribadisce che la volontà dei calciatori "è quella di non partire se non si firma l'accordo collettivo, ribadisco che non è un problema di soldi, ma di dignità professionale. Mi auguro che la gente capisca che noi calciatori non vogliamo stravolgere nulla, ma solo tutelare i nostri diritti".
Le parole di Marotta - "L'assemblea è sovrana. Noi abbiamo agito con senso di responsabilità, anche se è una situazione di estremo imbarazzo abbiamo avuto fermezza nelle decisioni. Il consenso è stato unanime". Lo ha detto all'uscita dall'Assemblea di Lega di A, Giuseppe Marotta, direttore generale della Juventus, commentando la decisione della Confindustria del calcio di respingere la proposta del presidente federale, Giancarlo Abete, sul rinnovo del contratto collettivo dei calciatori.
La posizione di Leonardi - "Erano due punti stupidi e li hanno rifiutati. Non ci possono prendere in giro: invece di comprarsi la barca da due milioni di euro, ne prendono una da un milione e novecentocinquantamila, o fanno come me che ho il gommone...". Pietro Leonardi, dg del Parma, è uno dei 18 dirigenti che hanno respinto con forza l'accordo sottoscritto dall'Aic. "Per noi si gioca - ha detto il dg del Parma - sono loro che devono dire che vogliono fare. Non giocano? Chi se ne importa. Si sono messi la Figc dietro, ma non devono prenderci in giro. Per noi non se ne fa niente".
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