Da Palermo alla Cina alla ricerca della felicità: il racconto di Andrea Compagno

In Cina c’è un giocatore italiano che sta segnando a raffica. Il suo nome è Andrea Compagno e i più attenti di voi se lo ricorderanno perché a marzo 2023 Roberto Mancini lo aveva inserito tra i preconvocati della Nazionale. In quel momento Andrea segnava senza mai fermarsi in Romania, alla Steaua Bucarest, ma il sogno di vestire la maglia Azzurra non si è poi concretizzato. In questo anno e mezzo il viaggio di Compagno è proseguito fino a Tientsin, in Cina, dove il classe ‘96 è protagonista assoluto. Se oggi Andrea può dirsi soddisfatto del suo percorso è merito della sua tenacia, del suo costante mettersi in discussione e della sua quasi ossessiva ricerca della felicità. Nel suo lungo viaggio non sono mancati i momenti di difficoltà, ma è proprio grazie a questi che non si è mai fermato. Sempre in movimento, in campo e fuori. Per smarcarsi da un avversario o per superare un ostacolo della vita. E proprio da uno di questi momenti inizia il suo racconto. “Dopo una prima stagione incredibile, forse la mia migliore sotto ogni punto di vista, il mio secondo anno alla Steaua Bucarest si è aperto con il presidente che aveva deciso di volere una squadra senza una punta fisica. In poche parole, senza un attaccante con le mie caratteristiche. Dopo aver segnato 16 gol in 32 partite, mi sono quindi ritrovato in panchina. Sono stati mesi molto duri. Intensi dal punto di vista calcistico e, per forza di cose, anche umano. Anche perché, lo ammetto, non sono mai stato tanto bravo a scindere le due cose. Io mi sono sempre sentito bene con me stesso solo quando anche in campo le cose andavano bene. E questo ovviamente ha dei pro e dei contro. Se da un lato mi ha tolto tanto , dall’altro ha fatto sì che io abbia sempre cercato di migliorarmi sotto ogni aspetto. Per tutta la mia carriera, fin da ragazzo, ho sempre ricercato la perfezione. Per me è sempre stata come una ricerca della felicità. Volevo essere felice e per essere felice dovevo migliorare, è sempre stato un circolo vizioso. E questa continua ricerca mi ha portato a dove sono adesso”. E adesso sei in Cina, al Tianjin Jinmen Tiger, come è nata questa opportunità? “Per quanto lo Steaua fosse un grandissimo club, in Romania non ero più felice, giocando poco non riuscivo a rendere al meglio. Avevo bisogno di cambiare e nell’inverno del 2024 mi sono arrivate diverse proposte, alcune anche dalla Serie B per tornare in Italia. Ma volevo proseguire il mio percorso all’estero. Mi hanno cercato dalla Turchia, dalla MLS, dall'Ungheria, da Cipro e poi è arrivata questa offerta dalla Cina, che immediatamente mi ha trasmesso grande entusiasmo. Il Tianjin mi ha fatto sentire da subito importante e apprezzato, le cose di cui avevo bisogno. Non nascondo che anche il lato economico ha influito, ma anche le altre offerte erano importanti. Quello che mi ha colpito è quanto mi volessero e come mi hanno fatto sentire. Da subito ho avuto la sensazione che fosse la cosa giusta”. E una volta arrivato questa sensazione iniziale è stata confermata? Come è andato l’ambientamento? “I primi giorni qui in Cina sono stati un po’ difficili: ero molto lontano da casa, il fuso orario, la lingua… le difficoltà non sono mancate. Arrivi qui e non hai Whatsapp, non hai Instagram e inizialmente anche una cosa semplice e quotidiana come sentire la tua famiglia diventa complicata. Però devo dire che la società dove sono arrivato mi ha messo nelle migliori condizioni per non farmi mancare nulla. Per ciascuno dei giocatori stranieri c’è un traduttore a disposizione 24 ore su 24, in campo e fuori, e sempre pronto a darci una mano. Sono stato molto fortunato a trovare una società del genere. Passati i primi giorni, mi sono ambientato velocemente, anche perché sono convinto che quando c’è una grande motivazione è tutto più facile. Poi ho trovato una Nazione davvero accogliente, tutte le persone sono sempre pronte ad aiutarti. Qualche giorno fa la mia fidanzata è uscita con la moglie di un mio compagno di squadra ed entrambe avevano il passeggino con dentro i rispettivi figli. Il mio è molto piccolo, ha appena quattro mesi, mentre il loro ha un annetto. Mentre passeggiavano una signora le ha rincorse e fermate per dare loro due ventagli: ‘Oggi fa molto caldo, prendeteli così sventolate i bambini’. Questo credo faccia capire benissimo come è la gente qui. Anche in squadra ho trovato dei ragazzi davvero molto gentili e accoglienti”. Hai iniziato da subito a segnare e non ti sei più fermato: 19 gol in 24 partite, ti aspettavi un impatto del genere? “Più che altro lo speravo, perché come detto venivo da un momento brutto. Sono partito con mille interrogativi. Non sai dove vai, non sai come sarà l'ambientamento, non sai che tipo di campionato è, non sai che tipo di compagni hai… Ho delle caratteristiche ben precise, non sono quel giocatore che riceve la palla, ne smarca due e si crea da solo un’opportunità, ho bisogno di essere servito bene, sono un finalizzatore. Un conto se giochi con una squadra che mette otto cross a partita, un conto è una squadra che gioca di ripartenza. Per fortuna invece è andato tutto per il meglio e sta andando bene. Una società cinese può tesserare un massimo di cinque stranieri e da loro si aspetta molto. Mi hanno chiesto di essere un leader e io questo impegno l’ho preso alla lettera, come se fosse una missione. Se posso aiutare i miei compagni a crescere e migliorare anche solo di un 1%, devo farlo. Anche loro però mi hanno dato tanto e insieme alla società e all’allenatore mi hanno fatto sentire subito importante”. Hai raccontato di avere un traduttore sempre a disposizione, ma come va con la lingua cinese? “Sicuramente è una barriera molto importante… E’ davvero incomprensibile ! Fin da subito però ho contattato un insegnante per cercare di imparare la lingua e superare questa difficoltà. Ogni settimana facciamo una lezione di qualche ora a cui partecipa anche la mia ragazza, anche lei vuole ambientarsi al meglio. Solo che è molto difficile, perché sono dei suoni che per noi sembrano uguali ma in realtà per loro cambia tutto il significato. Poi ci sono quattro accenti che cambiano completamente il significato anche alle stesse parole. Insomma, ci vuole tanta tanta pratica…”. E con il cibo cinese stai facendo ‘pratica’? “Io sono uno che ama sperimentare con il cibo e con le varie cucine, anche se sono molto attento alla mia dieta, credo che in quanto professionisti sia giusto avere un’alimentazione sana. Quando posso però vado a mangiare fuori con piacere. La cucina cinese mi sta piacendo molto e in particolare c’è un piatto tipico che mi fa impazzire: l’anatra alla pechinese. È una roba che mi manda fuori di testa! L’ho fatta assaggiare anche ai miei genitori quando sono venuti a trovarmi”. Il cibo italiano invece ti manca o riesci a mangiarlo spesso? “Devo dire che anche in questo sono stato fortunato, qui ho trovato due ristoranti italiani molto buoni. Comunque a casa con la mia ragazza mangiamo pasta e cibo italiano. Però certo… qualcosa mi manca, non lo nego. Soprattutto le specialità siciliane, i piatti salati, i dolci… sì, mi mancano! Per fortuna a novembre avrò modo di tornare e potrò fare il pieno ”. A livello culturale invece hai incontrato delle grandi differenze tra Italia e Cina? “Appena sono arrivato ho detto al mio traduttore ‘Per favore, avvisami se faccio inconsapevolmente qualcosa di inadeguato o di sgarbato’. Però mi ha spiegato che qui in Cina non ci sono regole rigide comportamentali, a differenza del Giappone, dove anche un gesto o un inchino sono molto importanti. Però ad esempio uno dei primi giorni eravamo in un ristorante e lui mi ha suggerito di non gesticolare tenendo in mano le bacchette. Mi ha spiegato che non è una cosa vista benissimo. Poi una cosa che mi ha colpito. Con l’arrivo della bella stagione ho iniziato a vedere sempre più ragazze con indosso una mascherina. Pensavo fosse per paura del Covid, che fino a poco tempo era ancora molto forte qui, ma il mio insegnante di cinese mi ha spiegato il vero motivo. Qui il prototipo di bellezza di una ragazza è una ragazza con la carnagione chiarissima, bianca porcellana. Tutte le ragazze, quindi, non vogliono assolutamente abbronzarsi e si coprono anche con la mascherina per mantenere il volto chiaro. Tante indossano anche costantemente un cappellino e sono molto coperte nonostante il caldo. È strano, anche perché da noi invece appena c’è il sole tutti vogliono abbronzarsi”. Tra le tante differenze c’è anche l’utilizzo dei social network, a cui facevi riferimento in precedenza. Come si comunica in Cina? La squadra dove ha il suo ‘gruppo Whatsapp’? “Qui c’è WeChat, che sarebbe il nostro Whatsapp ma con cui si può fare tanto di più. Si utilizza per pagare, trasferire soldi, comprare i biglietti dei mezzi di trasporto o dei musei. Serve per tutto. Qui non puoi assolutamente uscire senza telefono e senza power bank, se sei senza cellulare o ti si scarica non fai nulla. Non solo non usano le banconote ma neanche le carte, non puoi neanche prendere un taxi senza telefono. Ci sono QR Code ovunque e con quelli fai tutto”. In questi mesi in Cina hai invece avuto modo di vivere una festività particolare che ti ha colpito? “Quando sono arrivato si stava festeggiando il Capodanno cinese. Ma la cosa particolare è che qui fanno una settimana di festa… una cosa incredibile! Fuochi d'artificio ovunque, 24 ore su 24, senti sempre fuochi d'artificio e feste. È come da noi il 31 sera, però qui lo fanno per una settimana. Io ero appena arrivato, non ho avuto il tempo di girare molto ma ho visto che c’erano addobbi ovunque. Dragoni, visto che si festeggiava il loro anno”. E il calcio invece come viene vissuto in Cina? “Prima del Covid il calcio ha vissuto il momento di massimo splendore qui in Cina, ci sono stati grandi investimenti e sono arrivati tanti grandi giocatori. Poi le cose sono cambiate e il nuovo governo ha imposto un tetto massimo salariale. Adesso però stanno tornando a investire e mi hanno detto che continueranno a farlo. Anche perché ci sono moltissimi tifosi in tutti gli stadi. Il nostro è un impianto di 28 mila persone e in stagione non siamo mai scesi sotto i 22 mila spettatori. Un ottimo risultato per una squadra che non lotta per il vertice. Le ‘big’, invece, raggiungono anche i 40 mila spettatori. Negli stadi, come anche per strada, non ho mai visto nessun atto di violenza. È tutto super controllato e pieno di telecamere… A volte sembra di stare in un Grande Fratello. Prima dell’insediamento di questo governo anche in Cina c’era una porzione di tifo più ‘violenta’, un po’ come in tutti i Paesi, ora invece è tutto molto controllato”. Visto che siamo tornati a parlare di calcio, che obiettivi ti sei dato per questo finale di stagione? “Io sono uno di quei giocatori che pensa una partita alla volta. Adesso siamo in un buon momento, siamo al sesto posto in classifica e raggiungere la quinta posizione sarebbe un grandissimo traguardo. Qui ci sono cinque club che investono molto di più di tutti gli altri, arrivare sopra uno di questi sarebbe un ottimo risultato”. E guardando invece più in prospettiva, pensi che un giorno ti piacerebbe tornare a giocare in Italia? Anche per provare a realizzare quel sogno della Nazionale che hai accarezzato nel 2023… “Quella pre-convocazione è un bellissimo ricordo. È arrivata in maniera del tutto inaspettata ed è stato un bel riconoscimento. Al momento però non penso a tornare, sto bene qui e voglio continuare a segnare qui”. Se stai bene in Cina e non senti il bisogno di muoverti nuovamente, possiamo dire che hai finalmente trovato quella felicità che hai tanto cercato? “Sì. Sono felicissimo di tutto il mio percorso, anche dei momenti più difficili e brutti. Sono proprio quei momenti complicati che danno valore a dove sono adesso. Ricordo quando giocavo in Serie D e prendevo 400€, con la mia ragazza andavamo al supermercato con la calcolatrice per vedere cosa si poteva comprare e cosa no. Ma al di là dei soldi, aver ottenuto una pre-convocazione dalla Nazionale, aver giocato e segnato in tanti campionati… Sono tutte cose di cui sono orgoglioso. Ma cerco di non pensarci per non sentirmi troppo appagato. Voglio ancora continuare a migliorarmi, il desiderio di fare sempre meglio è ancora forte ed è il mio motore. Oggi sono felice, ma per continuare a esserlo devo continuare a lavorare. Sono sempre in viaggio verso la felicità, anche restando nello stesso posto”.