Il lato umano del caso Bergamini

La tensione tratteneva la speranza di giustizia. Il processo, per quanto indiziario, aveva portato all'attenzione evidenze scientifiche, testimonianze, un quadro chiaro, eppure un ‘ma’ aleggiava nei sorrisi beffardi della famiglia dell'imputata, che cercavano i presunti nemici con ostentata sicurezza, con l'alleanza di un lungo passato. Nessuno avrebbe potuto credere fin dal primo sguardo che quel corpo, intatto nell'insieme e ferito soltanto sul lato destro del bacino, potesse essere stato travolto da un tir. Ma quella versione, fornita dall'ex fidanzata di Denis Bergamini, aveva resistito dal 1989. La tesi del suicidio aveva tormentato la vita di papà Domizio, che purtroppo non c’è più, e di un'intera famiglia sacrificata. Gli sguardi indagatori della difesa non trovavano appoggio in aula. C'erano soli uomini attorno. E in una sfera emotiva alta, si incontravano persone. Chi ha raccontato per anni ha posato la penna. I legali hanno tolto la toga. Non c'erano più gli avvocati Anselmo, Pisa e Galeone, bensì Fabio, Alessandra e Silvia. Attesa. Donata, la sorella, sedeva nelle prime file con i suoi tre figli, Alice, Denis e Andrea, sempre composti lungo le 8 ore di camera di consiglio, tesi, sospesi come il desiderio di una normalità mai avuta. Alice ha conosciuto lo zio. Il ricordo è in una voce dolce e autentica, associa quel bel giovane biondo al divertimento, ai regali mai disattesi, tranne quando le arrivarono degli scarponcini. Ma come? Zio è gioco, è chiudere gli occhi e vederlo arrivare a Boccaleone d’Argenta con un carrello attaccato alla macchina e sopra una cucina già montata, pronta per lei. E’ l'acqua che strabordava sul pavimento, perché incontenibile era la gioia di Denis nel prepararle la vasca idromassaggio, quel giorno che andò a trovarlo. Già, un giocherellone buono, con una semplicità raccolta nelle parole: "mi piace vivere". E quante volte le abbiamo risentite. Facevano così a botte con l'ipotesi di suicidio. Era destinato alla Serie A Denis, si stava costruendo un futuro. E dal'89, Donata ha sacrificato sé stessa cercando risposte, subito al computer dopo cena e poi la notte a leggere, stabilire contatti con una città, Cosenza, che l'ha adottata. Il suo fratellino lo meritava, le confidava tutto sapendo che lei lo ascoltava e, se necessario, lo sgridava. Le parlava anche di ragazze, fino a quando le chiese di non riferire a papà dell'aborto di Isabella. Lei invece lo disse, al papà. Lo fece per proteggerlo. Aveva capito tutto come sempre. 35 anni dopo, quel fatto è il movente di un omicidio. Denis l'avrebbe riconosciuto quel bambino, ma non avrebbe sposato Isabella. Un'onta da ripulire. Di questo si è parlato al processo, seguito da ex compagni, no, da Amici. Gigi Simoni, Michele Padovano.... stretti in tribunale, più di quanto non fossero mai stati. "Bergamini eh eh, Bergamini oh oh"... Il canto arrivava dal piazzale. Non ha mai smesso di risuonare da allora. Si respirava un senso di umanità profonda in quelle 8 ore, 8 come il numero che Denis portava e che è stato esposto in tanti stadi, anche all'estero. Un fiume di solidarietà. Non un ‘complotto’. E l'essere umano, ebbene sì, succede ancora, ha fatto la differenza. Non solo tra i legali della famiglia, anche nel Procuratore Facciolla che dal 2017, dopo aver indagato su 'ndrangheta, omicidi e reati gravi, ha abbracciato il caso Bergamini come un figlio, per mantenere la promessa fatta a papà Domizio, prima di essere trasferito. Dopo tanti errori e lacune, fin dall'inizio, ci voleva di più per ribaltare la storia. Così ognuno ha dato qualcosa o molto di più. Dal sostituto Procuratore di Castrovillari Primicerio a chi non ha perso neppure una delle oltre 60 udienze. Silenzio. "La Corte dichiara Isabella Internò colpevole del reato a lei ascritto". 16 anni di reclusione per concorso in omicidio volontario pluriaggravato. Denis Bergamini è stato ucciso, soffocato, senza Ma. E la tensione si sciolse nel pianto di Donata Bergamini, tra abbracci fraterni.