La rivoluzione dell'algoritmo: come le statistiche stanno cambiando il calcio

Se nel calcio da anni si parla di ‘statistica’, un motivo ci sarà. Ormai la situazione è diventata endemica, riguarda ogni aspetto dei club: dal singolo giocatore in allenamento, allo studio dell’avversario. Fino ad arrivare al calciomercato. Vi ricordate il concetto di ‘algoritmo’? O quello, anche più romantico, del Moneyball? Ecco, da lì, anni fa, è nato praticamente tutto. E se in America l’uso del dato è cominciato decine di anni fa con il baseball, ora la rivoluzione riguarda tutti gli sport. Con il calcio protagonista. “Partiamo da un presupposto, l’osservazione deve essere combinata”, racconta a Sky Sport Insider Pablo Jacomuzzi, italianissimo osservatore del Leicester, con anni di esperienza sul campo. “In Inghilterra ci serviamo di questi strumenti da anni, ma non è che in Italia siano una cosa nuova, anzi”. La rilevazione statistica sta diventando sempre più fondamentale per le dinamiche di calciomercato, tanto che il procedimento si è cristallizzato. “Il nostro lavoro è diventato preciso” continua Jacomuzzi. “Prima di tutto si deve capire quali tipi di giocatore richiede l’allenatore, quindi si interroga il software che presenta una lunga lista di scelte. Più precisa è la richiesta, più il campo si restringe. E possono arrivare nomi dai campionati più assurdi”. E poi? “Dopodiché, ci muoviamo noi. Parte l’osservazione diretta, che tiene conto di diversi fattori. Vedere un giocatore in campo è sempre la prova migliore, anche perché il dato rischia di essere troppo asettico. Per esempio: determinate caratteristiche di un giocatore possono avere un peso specifico diverso se gioca alla Bombonera o in un altro stadio. Il carattere non è misurabile, il numero non arriva a calcolarlo. Però aiuta molto”. Nello specifico, spiega Jacomuzzi, “L’algoritmo permette di anticipare i tempi di mercato, di tagliare una serie di dinamiche che possono rilevarsi fondamentali per arrivare prima su un giocatore. La prima lista è una scrematura importante, che va a tagliare una ricerca che invece durerebbe mesi. La combinazione tra fattore tecnologico e umano diventa fondamentale: più la si riesce a sfruttare, meglio è”. Esempi? Ce ne sono diversi. Il Milan lo scorso anno ha deciso di muoversi in una direzione precisa, seguendo la strategia statunitense di Cardinale. Amico, non per caso, di Billy Bean, l’inventore proprio del Moneyball. Un giocatore come Reijnders è frutto di questa ricerca. Altre squadre di Serie A? L’algoritmo aveva consigliato alla Juventus, come naturale sostituto di Cuadrado, anche Weah. O, ancora più lampante, all’Inter per rimpiazzare Lukaku era comparso tra i possibili sostituti Thuram. Più difficile è stato recuperare dai vari database un giocatore come Victor Boniface. Già, proprio lui, l’attaccante classe 2000 del Bayer Leverkusen che ora vuole mezza Europa. L’intuizione era stata del Saint-Gilloise che lo acquistò nel 2022 per poi rivenderlo dopo un solo anno a oltre 20 milioni di euro in Bundesliga. Proprio i belgi stanno dimostrando come queste dinamiche nuove di mercato funzionino alla grande: stanno investendo molto sull’area analytics, mantenendo un monte ingaggi di poco più di 4 milioni di euro ma incassando molto dalle cessioni, come quella dell’attaccante nigeriano. “È una strada che si può seguire e che sempre di più avrà un suo valore, ma deve essere abbinata al fattore che noi del settore definiamo semplicemente umano”, dice Daniele Bianchi, Data Specialist del calcio. Il suo lavoro è a un livello diverso rispetto a quello del Data Analyst: deve trasformare una grande quantità di dati in soluzioni tecniche per gli addetti ai lavori, un mix di analisi statistica e competenze ‘da campo’. Svolge quel lavoro che diventa poi utile agli osservatori. “Le nostre rilevazioni sono sempre più precise, ma noi agiamo con un principio che ha una parola chiave: ‘funzionale’. Ogni ricerca deve essere ‘funzionale’ al progetto, anche perché è sempre più affinata: la ricerca del dato non è più solo quantitativa, ma qualitativa. Per esempio, possiamo calcolare la capacità di apertura del gioco, o il livello qualitativo di un portiere con il piede forte o debole. Questo, ovviamente, abbinato a quelle statistiche ora di uso più comune come gli expected goal o expected assit”. Di tutto, insomma. “Da questa lista poi andiamo a compiere una prima scrematura che sottoponiamo a chi dovrà visionare i potenziali obiettivi. Tenendo conto anche del budget”. Ma che differenza c’è tra una Data specialist e un Data analyst? “È complesso, perché è un settore in fase di sviluppo, nel quale emergeranno sempre più delle nuove figure professionali. Esistono vari livelli di analisi del dato: quello che fa il Data specialist è la raccolta ragionata, rispetto a chi parte dalla rilevazione statistica di base”. C’è chi lavora per le società, chi addirittura per gli agenti, che creano un ‘mercato nel mercato’: vale a dire anticipare la procura su un talento da andare poi a proporre ai club. Ed eccola qui, la ‘rivoluzione’. Anche se se ne parla da anni. Ma sapete qual è la definizione più filosoficamente calzante per ‘rivoluzione’? Un processo che parte con un’idea ma finisce per avere una direzione tutta sua, non controllata. Dalla quale tornare indietro è impossibile. La statistica nel calcio è entrata da tempo, serviva per analizzare qualche dato sui giocatori. Ora è nei meandri più reconditi della vita di ogni società. Gli investimenti in Serie A? Ancora bassi: circa 15-20mila euro all’anno di media per l’acquisto dei software. Circa un centinaio di migliaia di euro per mettere in piedi una struttura che sta diventando sempre più importante. E per la quale nei prossimi anni serviranno molti più soldi. Una rivoluzione, appunto.