L'incubo dello stadio 'El Alto', di nome e di fatto

Marco Antonio Etcheverry, l’eroe dell’unica qualificazione della Bolivia ai Mondiali , ha spiegato bene a 'The Athletic' cosa significhi giocare una partita di calcio a 4000 metri di quota: “Tu fai 30 metri di corsa sulla fascia, crossi al centro, l’azione si esaurisce e pensi di tornare indietro. Ma non ce la fai. Per un lungo momento non respiri, letteralmente non trovi l’ossigeno di cui avresti bisogno per recuperare lo sforzo violento. Allora resti col fiato mozzato, aspiri freneticamente per accumulare l’aria che puoi in tanti piccoli respiri anziché in un paio profondi, finché i polmoni tornano attivi, e allora riesci a muoverti per rientrare. Ma intanto l’azione avversaria si è sviluppata, magari è arrivata dall’altra parte. Devi imparare a gestire il tuo ossigeno, e ovviamente se ci sei abituato è più semplice”. La storia della Bolivia che gioca in altura è vecchia come il calcio sudamericano, ma da due mesi si è estremizzata perché il vecchio stadio della nazionale, l’Hernando Siles di La Paz, 3600 metri sul livello del mare, è stato sostituito dall’Estadio Municipal di El Alto, a quota 4150. “Se juega donde se vive”, si gioca dove si vive: è lo slogan dipinto sull’erba all’uscita degli spogliatoi, chiaro memento alle federazioni avversarie che hanno mugugnato per l’ulteriore crescita dell’altitudine cui la Bolivia costringe le rivali in visita. Si gioca dove si vive è uno slogan politico, se vogliamo: difficile contestarlo. Il sospetto è che l’allargamento del Mondiale a 48 squadre, col Sudamerica passato da quattro qualificate e mezza a sei e mezza , abbia fatto pensare alla federcalcio boliviana una cosa tipo “ora o mai più”. Non ci sono grandi giocatori nella nazionale verde, ma il loro livello complessivo è comunque sufficiente - in presenza dell’aiutino - a sognare il Mondiale 2026. Spostando le gare da 3600 a 4150 metri d’altezza, l’aiutino diventa aiutone. Un po’ di geografia aiuta a capire, anche perché nell’estate del 1993, precisamente l’8 agosto, vidi Bolivia-Uruguay 3-1 allo stadio La Paz, e vi garantisco che quell’esperienza è rimasta indimenticabile. Avevo allora 35 anni, la forma fisica era adeguata all’età, eppure il ricordo della scalinata necessaria per raggiungere la tribuna stampa dell’Hernando Siles è un incubo. Ma andiamo con ordine. Ero entrato in Bolivia dal Perù attraverso il lago Titicaca, sbarcando in una bella città costiera di nome Copacabana . Da lì un paio di ore di pullman mi avevano portato sulla sommità dell’altipiano boliviano, a El Alto, dove non a caso era stato costruito l’aeroporto internazionale, e dove era iniziata la discesa verso la Paz, la capitale abbarbicata in verticale alle pendici dell’altipiano. El Alto, 4150 metri appunto, era allora un sobborgo di capannoni e case di tufo. Edilizia popolare, ed è un altro eufemismo perché in nessun Paese come in Bolivia le classi sociali meno abbienti sono costrette a vivere in alto, dove l’ossigeno scarseggia, mentre quelle più ricche stanno in basso, dove si respira meglio: i quartieri residenziali di La Paz sono poco oltre i 3000 metri, mille in meno di El Alto, che negli ultimi trent’anni è letteralmente esplosa, perché le case costano meno… Nelle qualificazioni al Mondiale ‘94 della Conmebol , divise in due gironi che promuovevano le prime due, la Bolivia si piazzò seconda dietro al Brasile grazie al punteggio pieno casalingo: 2-0 allo stesso Brasile, 3-1 appunto all’Uruguay, 1-0 all’Ecuador, 7-0 al Venezuela. Il Brasile, destinato l’anno dopo a vincere il Mondiale, perse in quell’occasione la prima partita in assoluto delle sue qualificazioni: non gli era mai successo, e Taffarel subì i gol di Etcheverry e Peña all’88’ e all’89’. L’Uruguay che vidi dal vivo riuscì a resistere sullo 0-0 fino al 70’: negli ultimi venti minuti crollò, rallentando vistosamente la sua corsa. L’inutile gol fu una punizione di Francescoli nel recupero. Non è difficile capire quanto lunghi fossero i 90 minuti a La Paz. Immaginiamo adesso all’Estadio Municipal di El Alto, 550 metri di altitudine supplementare. Il primo a testare la novità è stato il Venezuela, sconfitto 4-0 il 5 settembre. Il 5 ottobre è toccato alla Colombia, che dal febbraio 2022 aveva perso soltanto una gara, la finale di Copa America della scorsa estate, tanto da issarsi al numero 9 del ranking Fifa. Ebbene, la Bolivia - numero 83 - l’ha battuta malgrado un dissennato tackle del centromediano Hector Cuellar l’avesse lasciata in dieci dal 20’. La squadra si è riorganizzata, è sopravvissuta a un paio di occasioni clamorose di John Cordoba , il portiere Viscarra ha ribattuto d’istinto una conclusione del grande Luis Diaz, e al 58’ Miguelito ha infilato la porta colombiana con un portentoso sinistro a rientrare. Disse una volta Daniel Passarella, ai tempi in cui da c.t. dell’Argentina era costretto a giocare in Bolivia, che ad alture così elevate la traiettoria della palla non scende mai. Etcheverry conferma, sostenendo che la rarefazione dell’aria faccia sì che il volo del pallone, incontrando minore resistenza, non pieghi dolcemente ma scenda all’improvviso, una volta esaurita la forza. Sono nozioni di dinamica che qualche staff moderno avrà certamente messo a punto, ciò non toglie che la Bolivia attenda martedì sera a El Alto il Paraguay per distillare la quarta vittoria casalinga di fila , e avvicinarlo in classifica. I limiti dei boliviani sono evidenti: dopo aver perso con Ecuador e Argentina le prime due partite a La Paz, ed essere risaliti anche grazie a una vittoria in Cile, per guadagnarsi il 2026 devono fare il pieno casalingo contro Paraguay, Uruguay, Cile e possibilmente Brasile , e magari aggiungere tre punti nella trasferta in Perù. A livello del mare, occhio, la squadra del c.t. Oscar Villegas prende frequenti sganassoni: dieci gol subìti nelle ultime due gare fuori, contro Argentina ed Ecuador. Nelle qualificazioni Conmebol per il Mondiale 2022 la sesta classificata, la Colombia, chiuse a quota 23. Aggiungendo i 12 delle prossime gare casalinghe ai 12 già raccolti, la Bolivia salirebbe a 24 e probabilmente sarebbe promossa. Con i 3 del Perù, che è già fuori dai giochi, arriverebbe addirittura a 27. Ma come abbiamo visto, il numero che conta è 4150.