Gigi Nazionale: tutte le sfumature d'Azzurro di Buffon

Il 5 gennaio 2023 il mondo disse addìo a Gianluca Vialli, campione nel calcio e nella vita, sconfitto -dopo una lunga partita durata cinque anni- dalla fatale recrudescenza di un tumore al pancreas. Sette mesi più tardi, del suo ruolo di Capo Delegazione e motivatore della Nazionale azzurra venne investito Gianluigi Buffon, da pochi giorni ufficialmente ritiratosi dal calcio giocato. L’ex portiere azzurro si presentò al suo primo appuntamento in cravatta e senza guanti con un pensiero delicato, dedicato al suo ex compagno di tante avventure sportive: "Che cosa mi ha insegnato Gianluca Vialli? A non buttare via il tempo. La vita è un'opportunità e avendo questa fortuna, dobbiamo cercare di metterla a profitto fino all'ultimo giorno". Un ideale abbraccio col passato più tristemente recente, un ponte fra le ultime gioiose autentiche lacrime di Gianluca dopo la vittoria in Europa colta accanto a Roberto Mancini e il desiderio di fare bene da subito nel duro processo di ricostruzione affidato a Luciano Spalletti. Ma anche l’ennesimo punto fermo messo da Buffon nel suo percorso di uomo e di calciatore prima, di dirigente oggi, per continuare una traiettoria vincente e inarrestabile, al di là dei ruoli, con la caparbietà e la determinazione che tutti non fatichiamo a riconoscergli e che con Gianluca Vialli ha in comune. Nato a Carrara il 28 gennaio del 1978, Buffon è -manco a dirlo- duro come il marmo, resistente agli urti e non c’è verso di scalfirlo. Del resto dei carrarini si dice che sono fatti proprio come quelle rocce che hanno intorno, ‘morbidi al verso e duri al contro’, un po’ come la vita. Un assemblaggio dei vizi e delle virtù di chi è nato ai piedi delle Alpi Apuane: gente di cuore capace di litigare oggi e abbracciarti domani come se nulla fosse mai accaduto, perché contano le emozioni e i sentimenti più di ogni altra cosa. Se poi a questo aggiungiamo la spruzzata di carattere friulano ereditata dalla famiglia paterna, così lento e disciplinato, laborioso e forte, è facilmente intuibile il perché a Gianluigi nessuna vetta è mai sembrata impossibile da scalare, neppure da ragazzino. Agevolato dallo spirito sportivo di una famiglia che tra nonni, genitori e sorelle ha frequentato ad alti livelli e con pieno merito le pedane dell’atletica leggera, i parquet del basket e del volley e calcato negli anni ’50 e ’60 del Secondo Millennio illustri campi di calcio e vestito casacche nobili e persino tinte d’azzurro. Un destino segnato, si direbbe, ma anche, un percorso affrontato con un bagaglio genetico, tecnico e caratteriale già predisposto. Un tracciato che non è rarissimo disegnare anche per qualche suo collega nel mondo del calcio d’élite, ma che non sempre raggiunge i livelli altissimi ai quali Buffon si è elevato e ci ha abituati. Riuscendo persino a sconfiggere i propri fantasmi, i propri nemici interiori, a risollevarsi dai propri errori, da terribili scivoloni che a tanti sono risultati fatali, attraversando bufere mediatiche mostrificanti e finanche combattendo e vincendo una partita durissima -venti anni fa- contro la depressione, quel terrificante male oscuro che Roberto Gervaso chiamava "cane nero", quella sensazione orribile e quotidiana di avere dei cocci di vetro al posto dell’anima, quella "sofferenza senza fine che si fa prigione, di cui noi stessi siamo i carcerieri". Beh, Gianluigi Buffon ha parato anche questa, a fatica, ma l’ha parata. Senza interrompere la sua ascesa né in senso sportivo, né in senso sindacale , né imprenditoriale. E senza mai far venir meno le certezze sulle proprie qualità in campo, sul proprio carisma, sulla propria affidabilità, sulle sue abilità specifiche e quella capacità continua di migliorarsi assicurandosi longevità agonistica. Una longevità che lo ha portato a debuttare in serie A il 19 novembre 1995 a soli 17 anni, difendendo la porta del Parma orfana di Luca Bucci contro un Milan assai quotato e inchiodato sullo 0-0. Per chiudere, ancora con la maglia del Parma, con il singolare record di oltre 500 porte inviolate in carriera, a 45 anni suonati, con 756 presenze all’attivo in Italia. Titolare di numeri straordinari che contribuiscono a renderlo il calciatore con più presenze in Serie A , il portiere con la più lunga striscia di imbattibilità nella massima serie , il calciatore italiano con più presenze in squadre di club , tra i soli sei giocatori ad avere disputato cinque edizioni dei campionati del mondo e con una bacheca di trofei e di successi lunga da qui a lì. Ma non bastassero questi dati, Gianluigi Buffon ha dato la scalata anche a una carriera parallela in azzurro che è scandita da date memorabili ed eventi che non possono essere messi nel dimenticatoio. Forte di 176 presenze con la nazionale di calcio italiana, delle quali ben 80 con la fascia da capitano al braccio, prima di entrare a far parte, come già ricordato, dello staff federale. Buffon venne convocato per la prima volta in nazionale maggiore quando CT degli azzurri era quel Cesare Maldini già forte di tre titoli europei sulla panchina dell’U21. A 19 anni il portiere carrarino è nella lista dei giocatori chiamati all’appello per un match contro la Russia a Mosca valido per le qualificazioni ai mondiali del 1998. Era il 29 ottobre del 1997. Ovvero esattamente 27 anni fa. La partita finì 1-1. Buffon subentrò a Pagliuca al 32’ e venne malauguratamente battuto da un autogol di Cannavaro, che rese nullo il vantaggio maturato soli tre minuti prima grazie a una rete di Vieri. Primo gol subito e proprio alla prima gara giocata. Non benissimo. Pronto riscatto al secondo gettone in maglia azzurra, contro il Paraguay, nel corso di un’amichevole vinta dall’Italia a Parma per 3-1 , quando riuscì a opporsi miracolosamente -appena entrato in campo al posto di Peruzzi- a una conclusione di Hugo Brizuela. Peccato che anche il secondo gol subito in Nazionale arrivò a causa di un’autorete, stavolta firmata da Costacurta. Le prestazioni in campionato e in Nazionale risultarono tuttavia molto convincenti e Buffon entrò a far parte della ‘rosa’ di calciatori convocati per il Mondiale 1998 in Francia , ma solo come terzo portiere alle spalle di Peruzzi e Pagliuca. Il successivo forfait di Peruzzi, infortunato, lo promuove a secondo portiere . Con Dino Zoff in panchina, dopo i Mondiali, Buffon diventò in breve tempo titolare della porta azzurra a partire dal mese di ottobre del 1999. Titolarissimo per il campionato d’Europa 2000 venne tuttavia costretto a saltare il torneo a causa di un brutto infortunio a una mano rimediato nel corso di un incontro amichevole contro la Norvegia: all’Ullevaal Stadion di Oslo, al 53° minuto della sfida, un cross in area trovò la testa di John Carew che- sovrastato Cannavaro- indirizzò nell’angolo più lontano la sua conclusione vincente. Buffon tentò di andare a prendere il pallone tuffandosi alla sua sinistra, ma finì con lo sbattere violentemente contro il palo fratturandosi lo spiroide del terzo metacarpo della mano sinistra. Una volta tornato a giocare, nel club e in Nazionale, Buffon non lasciò più il posto e in Germania -nel 2006- durante il torneo che laureò l’Italia campione del Mondo, subì appena due reti: il solito autogol e un rigore , riuscendo a tenere inviolata fino a quel momento la sua porta per ben 458 minuti. Nel corso dei tempi supplementari della finale, Buffon si superò parando una conclusione di testa di Zidane che sarebbe stata decisiva se il portiere non l’avesse respinta. A fine torneo al portierone italiano venne assegnato il Trofeo Lev Yashin, destinato al miglior portiere del mondo e intitolato al mitico ‘ragno nero’ sovietico. E Buffon si classificò secondo nella corsa al Pallone d’Oro 2006 vinto da Fabio Cannavaro . Grandi soddisfazioni tutte targate Marcello Lippi. Dopo il quale sulla panchina della Nazionale arrivò Cesare Prandelli, che gli affidò la fascia da capitano. L’esordio di Buffon da capitano azzurro avvenne il 9 febbraio 2011 contro la Germania, un’amichevole pareggiata 1-1 a Dortmund. Sette mesi più tardi, il 6 settembre, contro la Slovenia l’estremo difensore azzurrò aggiornò anche il record d’imbattibilità nelle qualificazioni europee, portandolo a 644 minuti. Nell’anno successivo, ancora protagonista assoluto, Buffon riuscì a raggiungere la finale degli Europei contro la Spagna, che l’Italia perse malamente per 4-0, pur tuttavia venendo iserito fra i migliori giocatori dell’edizione continentale 2012. E nell’anno successivo guidò l’Italia al terzo posto della Confederations Cup, parando nella finale per il terzo posto i calci di rigore degli uruguayani Forlàn, Càceres e Gargano. Gli anni successivi non saranno felicissimi per il calcio azzurro, sotto la gestione di Antonio Conte. A Buffon rimase da togliersi qualche soddisfazione qua e là e aggiornare le statistiche individuali, come ad esempio raggiungere le 1000 presenze fra squadre di club e nazionale A, toccate il 24 marzo 2017 contro l’Albania a Palermo, in una gara valida per le qualificazioni ai Mondiali del 2018. Il 13 novembre 2017 l’Italia perde lo spareggio di qualificazione contro la Svezia e il numero 1 azzurro annuncia di voler chiudere la sua esperienza con la Nazionale. Il CT ad interim Luigi Di Biagio gli chiese però di essere presente alle due amichevoli contro Argentina e Inghilterra previste per il 23 e il 27 marzo. Da titolare contro l’Argentina a Manchester, Buffon ottenne il suo 176° gettone in azzurro. Nel secondo incontro, dalla panchina, fece da chioccia a un altro giovanissimo Gianluigi. Donnarumma. Il 5 agosto del 2023 dopo quella comunicazione di addìò al calcio giocato che era stata la chiusura di un lungo capitolo glorioso del calcio italiano, nel quale uno dei portieri più grandi di sempre, se non il più grande rendeva noto che avrebbe appeso i guanti al chiodo, Buffon entrò a far parte della FIGC come Capo Delegazione della Nazionale Italiana, nel ruolo che era stato di Gianluca Vialli. Gli Europei di Germania 2024 furono un’esperienza terribile per la squadra e per tutto l’ambiente, al quale l’arrivo di Luciano Spalletti sembrò non aver dato la scossa giusta per fare bene e replicare almeno in parte quanto visto nel vittorioso torneo condotto da Mancini a Euro 2020, in parziale riscatto alla mancata partecipazione ai Mondiali di Russia 2018. Una disfatta mal digerita da Buffon, giunto sul punto di mollare tutto e dire basta. Una presa di posizione che deve aver fatto presa su chi forse aveva preso sotto gamba l’impegno. Poi il ripensamento e la promozione a Direttore Sportivo, sempre con quelle parole scolpite nella mente: "Che cosa mi ha insegnato Gianluca Vialli? A non buttare via il tempo". E Buffon non è mai stato uno da buttar via il tempo. Lo hanno capito tutti e l’aria è cambiata. Spalletti ha oggi una spalla forte. E lui, da buon carrarino, ha imposto il suo mantra. Non si vive sugli allòri. Come si dice da quelle parti, “dim chi a son e no’ chi a i er”, "dimmi chi sono e non chi ero"…