Roberto Baggio, carriera, vittorie e record del Divin Codino
Perché Roberto Baggio è stato (ed è) così tanto amato? Proviamo a spiegarlo a chi 20 anni fa, nel giorno del suo ritiro, magari non era nemmeno nato. O a chi non ha mai avuto la fortuna di vederlo giocare. Abbiamo scelto 20 scatti. Attenzione: per quelli che invece “c’erano” il pericolo di lasciarsi sopraffare dalle emozioni è molto serio
di Vanni Spinella
- Eccolo, il primo Roberto Baggio. Con la maglia del Vicenza, la prima delle 7 che indosserà in carriera. Per la creazione di un mito servono un eroe – e lo abbiamo – e occorre che questo eroe passi attraverso diverse peripezie, uscendone sempre più forte. Bene: alla terza stagione con il Vicenza (1984/85), culminata con la promozione in B, la Fiorentina lo ingaggia. Due giorni dopo la firma, si spacca il ginocchio destro: è il primo, serissimo infortunio della sua carriera, che rischia di finire lì. Prima ancora che inizi la storia
- La Fiorentina potrebbe recedere dal contratto e riprendersi i suoi 2,7 miliardi di lire. Ma non lo fa. Baggio salta una stagione intera e debutta in A nel 1986. Una settimana dopo si infortuna di nuovo, tornerà in campo solo a fine campionato. Per il primo gol in A sceglie una modalità non banale: su punizione, contro il Napoli, con Maradona che lo osserva. In 5 anni alla Fiorentina diventa l’idolo della città: con l’amico Borgonovo costituisce la B2 nel 1988/89, coppia d’attacco da 29 gol totali (sui 44 della squadra)
- Ma Baggio è soprattutto Azzurro, campione “di tutti” anche grazie a quanto fatto con la maglia della Nazionale. Italia ’90 doveva essere il Mondiale di Vialli e Carnevale, poi le cose cambiano in corso e alla fine sarà ricordato come quello di Schillaci e Baggio. Il suo gol alla Repubblica Ceca è un compendio di tecnica e classe, con il povero Kadlec che gira su sé stesso nel vano tentativo di fermarlo. Per sua fortuna ai tempi non esisteveno ancora i meme
- 6 aprile 1991, Baggio ritrova la Fiorentina da ex, dopo che nell’estate del ’90 è passato alla Juventus per 25 miliardi di lire tra le contestazioni della piazza. Prima si rifiuta di calciare un rigore dicendo che il portiere, Mareggini, lo conosceva bene (lo tira De Agostini, facendoselo parare), poi al momento della sostituzione dà vita a una scena storica. Mentre si avvia verso la panchina tra fischi e applausi di un popolo confuso nei sentimenti, dagli spalti piove ai suoi piedi una sciarpa viola. E Baggio la raccoglie
- Con la Juventus arrivano i primi trofei, e l’argomento merita una riflessione. Baggio è mito anche perché (o nonostante) la sua bacheca non trabocca d’oro. Ha vinto “solo” una Coppa Uefa (1992/93, da protagonista), una Coppa Italia e uno scudetto (1994/95) con la Juve; con il Milan aggiungerà un altro scudetto. Stop. Eppure…
- Nel frattempo il codino è diventato il suo segno distintivo. Una generazione di ragazzini se lo lascia crescere per imitarlo. Nel 1994 diventa addirittura “Divino”: al Mondiale americano Baggio è tra le stelle più attese, ma l’Italia parte male (battuta dall’Irlanda all’esordio) e contro la Norvegia è già un mezzo spareggio...
- Alla fine, contro la Norvegia, gli Azzurri di Sacchi vincono, con gol di Baggio. Dino, non Roberto. Robi è stato sostituito dopo 21’, in seguito all’espulsione di Pagliuca. Sacchi deve decidere al volo come rimodellare la squadra e sacrifica Baggio, che uscendo gli dà del “matto” in mondovisione. I fatti daranno ragione ad Arrigo: l’Italia fatica ma porta a casa la vittoria, ed è ancora in corsa
- Approdata alla fase a eliminazione diretta (dopo un pari col Messico che ispira Gianni Agnelli, che appiccicherà a Baggio l’etichetta di “coniglio bagnato” al termine di quel match), Baggio si carica sulle spalle gli Azzurri. Lo fa a partire dal minuto 89’ della mitica gara contro la Nigeria, con l’Italia sotto 1-0 e “già sull’aereo di ritorno”, come ammetterà Sacchi. Baggio fa 1-1 con una perla, nei supplementari il rigore del 2-1. Poi gol anche alla Spagna (saltando Zubizarreta) e doppietta alla Bulgaria: è finale!
- La scienza potrebbe ricavarne una formula matematica. Qual è la distanza tra felicità e sconforto? Esattamente 11 metri. L’immagine di Baggio a capo chino mentre Taffarel esulta in ginocchio entra nella storia. Se non fosse che ormai si abusa del termine, potremmo dirlo: iconica
- Paradossale come la carriera di uno dei più grandi giocatori della storia possa finire per essere condensata nell'immagine di un rigore sbagliato, con la palla che si confonde con i palloni colorati che decoravano il cielo di Pasadena. Perché è sempre lì che si va a parare con Baggio, è sempre quella la domanda che si ripropone nelle poche interviste che concede: ci ripensi mai? E l'eroe gentile risponde sempre
- L’ascesa di Del Piero porta Lippi e la Juventus a rinunciare a Baggio, corteggiato dal Milan di Berlusconi. Nell’estate del 1995 si unisce a una squadra che ha preso anche Weah e conta già su Savicevic (che ha il numero 10 e, con la numerazione fissa introdotta quell’anno, costringe Baggio al 18). In rosa, ufficialmente, c’è anche Van Basten, ma quella è la stagione del suo addio al calcio, chiusa senza scendere mai in campo. Ora, se non siete troppo giovani provate a immaginare cosa poteva essere Baggio-Van Basten in attacco…
- Al Milan, Baggio ha incrociato di nuovo Sacchi. Con gli allenatori è un problema perché lui per gli allenatori è un problema. Lo schema prima di tutto, recitano a quei tempi. E allora dopo Lippi e Sacchi, nel 1997 arriva anche il “no” di Ancelotti (allievo di Sacchi), che in un Parma impostato sul 4-4-2 di Crespo-Chiesa non vuole sconvolgere gli equilibri e gli chiude la porta in faccia. Anni dopo ammetterà di essere stato “un pazzo”
- Ma intanto Baggio va al Bologna, perché col Mondiale del 1998 alle porte vuole un club per dimostrare di poter ancora dire la sua. Risultato: 22 gol in 30 gare di campionato e Cesare Maldini che lo imbarca sull’aereo per la Francia
- A Francia ’98 si ripropone la staffetta, grande classico italiano. E ancora con Del Piero, sulla carta il titolare. Baggio è più in forma e nella partita ai quarti contro i padroni di casa (che ci batteranno ai rigori e andranno a prendersi il loro primo titolo Mondiale), subentrato, gira al volo un invito scucchiaiato di Albertini e non ci manda in semifinale… per tanto così, come mima lo stesso Robi dopo che la palla sibila accanto al palo. Il più famoso quasi gol della storia Azzurra
- Dal Mondiale ’98 torna intristito anche Ronaldo. Che farà coppia con Roberto Baggio, passato intanto all’Inter. Piccola consolazione dopo non averlo visto con Van Basten. In quell’Inter che cambia 4 allenatori in una stagione, però, le cose non vanno al meglio. L’anno dopo arriva Lippi, e per Baggio vanno anche peggio. L’ultimo regalo di Baggio agli interisti è la doppietta al Parma nello spareggio per il quarto posto: Robi porta i nerazzurri in Champions e riparte, a sorpresa, da Brescia
- Brescia vuol dire Mazzone. Ma anche Pirlo (davanti alla difesa, con Baggio sulla trequarti: ci torneremo) e Guardiola (a fine carriera, coi capelli). Baggio ci trascorre 4 stagioni, risorgendo per l’ennesima volta e inseguendo il sogno del quarto Mondiale, quello del 2002, nel “suo” Giappone, lui che è di fede buddhista. C’è da convincere Trapattoni ma un altro infortunio gli complica i piani
- Operato di nuovo, rientra a tempo di record (81 giorni dopo) nella gara contro la Fiorentina, ancora lei. Al 70’ subentra a Giunti, con Guardiola che corre a mettergli la fascia di capitano al braccio “violando” il regolamento. Dopo 3’ segna, poi ne farà anche un altro. Sembra la trama di un film. Undici gol in 12 partite, ma il Trap non lo convoca. Non tutti i film hanno il lieto fine
- Per chi si interroga su quale sia stato il gol più bello nella carriera di Baggio, ecco una possibile soluzione in Juve-Brescia del 1° aprile 2001. Si materializza sull’asse Pirlo-Baggio, menti sintonizzate sulle stesse frequenze. Pirlo lancia profondo, Baggio è davanti a Van der Sar che gli chiude lo specchio e fa una cosa che pochi al mondo saprebbero immaginare e ancora meno realizzare. Palla addormentata sul collo del piede e allo stesso tempo dolcemente accompagnata sulla sinistra, in uno stop che è dribbling al tempo stesso
- 16 maggio 2004. Milan-Brescia a San Siro è l’ultima partita di Roberto Baggio. Per il suo addio al calcio tutto lo stadio si alza in piedi ad applaudire il campione di tutti. Il più amato dalla gente, che ha sempre tifato per lui quando la sfortuna si accaniva presentandogli una sfida dopo l’altra. Lo è diventato con i suoi gol, le magie, le invenzioni. Ma soprattutto con la sua umanità. Un giocatore “divino”, eppure così umano