Scommesse, De Rossi non è coinvolto. "Sono indignato"

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Il magistrato: "Quella di De Rossi è una sciocchezza". Il giallorosso: "Sono innocente". La Roma: "Supporteremo Daniele". A chiamare in causa il centrocampista sarebbe stato Paoloni in un'intercettazione. Spunta qualche nome illustre della A. VIDEO E FOTO

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"Sono indignato, sono stati fatti dei riferimenti falsi alla mia persona  per una vicenda alla quale sono detto tutto estraneo": è questo il senso di una dichiarazione di Daniele De Rossi dopo che il suo nome era stato accostato all'inchiesta di Cremona sul Calcioscommesse. Il procuratore di Cremona, Roberto Di Martino, ha infatti spiegato che non vi è il nome di Daniele De Rossi nell'inchiesta che ha portato all'arresto di 16 persone per un giro di scommesse clandestine. "Quella di De Rossi è una sciocchezza - ha detto il magistrato - ho chiesto informazioni ai miei ufficiali di polizia giudiziaria e mi è stato detto che il nome di De Rossi non c'è".

Sulla vicenda di Daniele De Rossi è intervenuta in serata anche la Roma, con un comunicato apparso sul sito del club giallorosso. "In relazione a talune indiscrezioni del tutto prive di ogni fondamento - così come tempestivamente confermato da autorevoli fonti giudiziarie - pubblicate in data odierna su alcuni organi di stampa, ove il nome del calciatore Daniele De Rossi è stato associato alla vicenda relativa al procedimento penale di cui si sta occupando la procura della Repubblica di Cremona - afferma il comunicato - la As Roma Spa ribadisce che supporterà in ogni modo il proprio tesserato nelle sedi competenti, nei confronti di chi ha leso l'immagine e l'onorabilità di Daniele De Rossi ed agirà, conseguenzialmente, anche a tutela della società stessa e dei propri azionisti".

A chiamare in causa De Rossi sarebbe stato Marco Paoloni in un'intercettazione in cui parla dell'incontro Genoa-Roma, perso dai giallorossi 4-3 dopo esser stati in vantaggio per 3-0. Partita nella quale, però, De Rossi non giocò in quanto squalificato. La telefonata non è stata ritenuta rilevante dagli inquirenti che, anzi, ritengono si tratti anche in questo caso di un millantato credito da parte di Paoloni che voleva far credere ai suoi interlocutori, come in occasione di Inter-Lecce, di poter influire su giocatori e società importanti.

Un "secondo livello" che si occupava della serie A, composto da personaggi che ruotano attorno al mondo del calcio ben più famosi e pesanti rispetto a quelli finiti in carcere mercoledì e nel quale non è escluso vi possa essere il coinvolgimento della criminalità organizzata: investigatori ed inquirenti che hanno scoperchiato l'ennesimo scandalo del pallone, hanno ben chiaro dove potrebbe portarli l'indagine sulle scommesse che ha già consentito di appurare quanto i campionati di B e Lega Pro siano stati falsati. Ma al momento non hanno le prove.

Bloccato il meccanismo, dunque, l'obiettivo è ora quello di ricostruire con precisione cosa è accaduto in questi sei mesi e, soprattutto, in quelli precedenti la denuncia dell'ad della Cremonese Sandro Turotti, che ha dato il via all'indagine. Perché, è la convinzione di chi indaga, il sistema era ben collaudato e funzionava da tempo. Ci sono situazioni, scrive non a caso il Gip Guido Salvini nell'ordinanza con cui ha disposto l'arresto per 16 tra calciatori, ex calciatori, titolari di agenzie di scommesse e scommettitori, "che pongono dubbi e implicano verifiche". Vi è, in sostanza, "l'esigenza di ricostruire quali altre partire siano state truccate" da un "meccanismo oliato" alla perfezione.

Più di una risposta, inquirenti e investigatori, sperano di averla dagli interrogatori di garanzia dei sette finiti in carcere, che inizieranno domani. Tra i primi sarà sentito Marco Paoloni, il portiere della Cremonese e poi del Benevento che mise il Minias nell'acqua dei suoi compagni per addormentarli e fargli perdere la partita con la Paganese. Componente fondamentale dell'organizzazione, Paoloni è però anche vittima delle minacce degli altri indagati dopo il flop di Inter-Lecce. Dunque non è escluso che parli, facendo nomi e raccontando quando e da chi è stato "agganciato". Anche l'aver ipotizzato il reato di associazione a delinquere finalizzato alla frode sportiva, è stata una scelta ben precisa. Che consente una custodia cautelare ampia. "Questi non sono banditi - dice un investigatore - e non sopporterebbero una detenzione prolungata come i veri delinquenti".

Altre risposte importanti gli inquirenti le attendono sia dalle verifiche avviate sui flussi di denaro in entrata e in uscita sui conti degli indagati, anche per capire se determinati stock di soldi abbiano una provenienza illecita, sia dagli accertamenti su ricevute di scommesse, pc e assegni sequestrati ieri nelle abitazioni degli arrestati. La speranza è che saltino fuori i collegamenti, o meglio ancora i nomi, di personaggi fin qui rimasti nascosti.

Certo è che, ragiona un investigatore, se dovesse venire veramente alla luce l'esistenza di un "secondo livello" che coinvolge la serie A, allora non si può escludere il coinvolgimento della criminalità organizzata. "Al momento non ci sono prove, ma se un livello superiore esiste - dice - allora dobbiamo cambiare tipologia di lavoro. Perché determinati tipi di meccanismi che consentono di pianificare i risultati in certe categorie, non lo consentono in altre". Il che significa che "se ci sono stati dei movimenti, questi devono esser stati fatti con cifre diverse e ben più significative di quelle emerse finora. E dunque è molto probabile un coinvolgimento della criminalità organizzata, l'unica che può permettersi di movimentare certe cifre".