Altro che mare: in Serie A si lavora anche a Ferragosto

Calcio
Marco Rossi controlla i suoi tempi sul giro: il ritiro estivo non conosce soste
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Vacanze alle porte per milioni di italiani, in viaggio per un lungo week end di relax. C'è però chi in villeggiatura si trova da tempo, ma a lavorare: per i calciatori Ferragosto significa tirare le somme di settimane di ritiro, tra bilance e cronometri

di Matteo Veronese

Il lungo week end di Ferragosto è alle porte e chi non rientra nella statistica che vuole 15 milioni di auto in viaggio nella prima settimana di agosto è pronto a raggiungere chi in villeggiatura c'è già. Tutti in vacanza allora? Non esattamente. Mentre per molti nei prossimi giorni l'attività fisica consisterà, legittimamente, nello spostarsi dal lettino al bagnasciuga, c'è anche chi il 15 del mese si troverà nel bel mezzo del periodo di "lavoro" più duro. Stiamo parlando dei calciatori, ancora alle prese con i ritiri estivi e nel pieno della preparazione. Test atletici, dieta ferrea, lontananza da casa: ebbene sì, anche i divi del pallone sono costretti a qualche rinuncia e a sgobbare pure a Ferragosto.

Roberto Peressutti, "Prof" del Cesena Calcio, ci fa da guida nelle varie fasi della una preparazione estiva dei professionisti, e qualche suggerimento lo potranno trarre anche quelli che calciatori professionisti non sono ma pensano di sfruttare queste ultime settimane per rimettersi un po' in forma e strabiliare i compagni del calcetto nelle prime sfide di settembre.

Da dove si comincia? Per prima cosa sfatiamo il mito del ritiro in montagna "per ossigenare il sangue": "Errato. Il concetto della preparazione in altura è che il recupero tra una seduta e l'altra viene favorito dal clima, non di certo perché in montagna troviamo più ossigeno, anzi. C'è poi un fattore psicologico da non sottovalutare: un ritiro di 3 o 4 settimane è molto impegnativo. A mio modo di vedere l'organizzazione che viene più incontro allo staff e ai giocatori prevede una settimana di lavoro in sede, due di “ritiro” comunque in zona e una eventuale settimana ancora in sede dove gli atleti possano andare a dormire a casa e stare con le proprie famiglie. Per chi ha moglie e figli è fondamentale poter passare del tempo con loro e recuperare mentalmente dalle settimane passate lontano da casa".

Il segreto di una vacanza rilassata è partire col piede giusto, senza passare ore e ore incolonnati in autostrada, evitando le giornate da bollino nero. Qual'è l'equivalente della partenza intelligente in un ritiro? "All'inizio si svolgono dei test di ingresso, nei primi giorni di ritiro. Si fanno valutazioni per lo stato di condizione aerobica, si identificano dei gruppi per qualità aerobiche, poi si passa a programmare delle sedute di lavoro aerobico alternate a sedute di lavoro di forza. Durante l'anno la divisione dei gruppi si mantiene per caratteristiche fisiche e aerobiche e si cerca di organizzare il lavoro secondo le caratteristiche dei gruppi".

Dopo i sacrifici fatti in primavera per superare a pieni voti la prova costume, l'estate è il periodo in cui ci si concede qualche sfizio in più: un gelato, la grigliata con gli amici, pizza e birra il sabato sera. Ma se la "prova pantaloncini" è rimandata a settembre, come ci si comporta a tavola in ritiro? Una dieta ferrea è la base di una preparazione completa: "In ritiro pranzo e cena sono fissi C'è un'alternativa ovviamente in caso di intolleranze particolari, ma non si va al di fuori di quello. Fissiamo un indirizzo alimentare - (verdura in quantità, pasta condita in modo semplice e carne bianca o pesce specialmente) - e l'idea è quella di fare un controllo nel tempo avvalendoci della collaborazione di un esperto nutrizionista, come si fa per le qualità fisiche. Chiaramente nei momenti in cui si sta assieme la dieta è quella, quando i giocatori vanno a casa non esiste un controllo, si spera di aver dato una buona educazione nel periodo del ritiro".

Una piaga che spesso si abbatte sulle squadre in questo periodo sono gli infortuni: rose falcidiate che costringono a correre ai ripari in alcuni reparti e scaldano il mercato sono all'ordine del giorno. Prima o poi, però, il malcapitato di turno sarà pronto a tornare in campo. Cosa succede nel mezzo? Esistono diverse fasi nel recupero di un giocatore: "I fisioterapisti seguono la prima fase, in cui si cerca di riportare in condizioni sanitarie normali chi ha subito un infortunio. Contemporaneamente il preparatore atletico cerca di far sì che il giocatore non perda le proprie qualità fisiche che possono essere allenate anche se il giocatore è, diciamo, fermo. Se parliamo di un infortunio alla caviglia è possibile che l'atleta venga stimolato a mantenere le qualità aerobiche ad esempio lavorando in acqua con gli arti superiori: poche bracciate fanno salire la frequenza cardiaca. Si organizza tutta una serie di esercizi che permetta di mantenere una certa condizione in modo tale che quando l'atleta superi il problema “sanitario” la strada che dovrà fare per tornare alla sua condizione ottimale non sarà così lunga come sarebbe stata se non avesse fatto nulla per settimane".

Tornati alla base si inizia già a pensare alle prossime vacanze. Il classico “richiamo” a certi livelli sembra non esistere più: "Per quanto riguarda la preparazione invernale io non ci credo più di tanto perché i giocatori stanno fermi in teoria 7 giorni, massimo 10. Per chi ha giocato diversi mesi con continuità per anni e anni può essere anche un valore aggiunto. La pausa aiuta a recuperare e difficilmente perdi il lavoro svolto fino ad allora. In quel periodo basta fare un'attività che non definirei di richiamo ma che è una fase di carico maggiorato. Ciò avviene solamente perché ne hai la possibilità in termini di tempo, avendo 10 giorni prima di arrivare alla partita puoi proporre una o due sedute “di forza”, cosa che non puoi fare durante l'anno perché chi gioca la domenica il martedì non ha ancora smaltito completamente la fatica della gara".