Il CamaleConte: quanti sistemi diversi per vincere
CalcioPartito con l'idea del 4-2-4, l'allenatore bianconero ha immediatamente abbassato le ali, passando al 4-4-2. Per poi scoprirsi, nel corso della stagione, sperimentatore aperto al cambiamento: 4-3-3, 5-3-2 e, addirittura, un quarto d'ora di 3-4-3, decisivo
di Vanni Spinella
Come uno scienziato, anche Antonio Conte ha scoperto la formula magica della sua Juventus procedendo per prove ed errori (pochi, questi ultimi, a giudicare dall’imbattibilità dei bianconeri). Preciso, sapiente nei dosaggi, tenace nel non arrendersi di fronte ai segnali di fallimento, bravo a riproporre i suoi esperimenti dopo aver cambiato qualche piccola variabile, tenendo fisse le altre, a mano a mano che scopriva ciò che andava bene.
Ma soprattutto umile nel non fossilizzarsi su una sola idea di calcio: così Conte ha costruito il suo scudetto “in laboratorio”. Senza rinunciare alla spolverata finale di fantasia (gli assist di Pirlo, la punizione di Del Piero, i lampi di Vucinic): quella scossa che dà vita al Frankenstein, una volta che è stato assemblato.
4-2-4
L’estate porta a Conte un Pirlo a parametro zero, accolto dal tecnico con un pizzico di freddezza, e un esubero di ali (Elia, Estigarribia, Giaccherini), con le quali dovrebbe decollare il 4-2-4 della nuova Juventus. Il progetto è ambizioso, il modulo è quello del Brasile di Feola, campione del mondo nel 1958, che in avanti schierava Garrincha, Pelè, Vavà e Zagallo. Con tutto il rispetto per Elia e per gli altri tre indiziati a giocare in avanti, non è la stessa cosa.
4-4-2
Alla prima giornata, Conte parte con prudenza: le ali sono Pepe e Giaccherini, ma è chiaro fin da subito che giochino sulla stessa linea di Marchisio e Pirlo. In attacco Vucinic, Matri e Del Piero fanno il “gioco delle coppie”: Conte prova tutti gli abbinamenti possibili nelle prime 3 di campionato, dando un segnale forte a Toni e Amauri: per loro non c’è spazio.
Al centro della difesa Chiellini e Barzagli, il nuovo acquisto Lichtsteiner sulla destra; a sinistra vengono provati De Ceglie e Grosso (che chiuderà il campionato con 2 presenze).
Il 4-4-2 dura tre giornate (due vittorie e un pareggio) e verrà riproposto altre due volte nel corso della stagione (contro Genoa e Chievo: due pareggi): in entrambi i casi, come ripiego per sopperire all’assenza di Vidal.
4-1-4-1
Alla quarta giornata (Catania-Juventus 1-1), Conte inizia a “capire” sul serio la sua Juventus. Si adatta alla stoffa di cui dispone e inizia a tagliare l’abito su misura per la Vecchia Signora. Pirlo fa un passo indietro (o uno davanti alla difesa, se preferite) e diventa il vero e proprio playmaker della squadra. Vidal, una rivelazione, entra nell’undici titolare: nasce il triangolo di centrocampo Pirlo-Marchisio-Vidal, il motore che fa girare tutta la Juve. Titolare anche Bonucci, con spostamento di Chiellini sulla fascia sinistra. A centrocampo, a destra, viene data un’occasione persino a Krasic.
Il 4-1-4-1 viene adottato per tre partite (una vittoria e due pareggi), con diverse sfumature: se Marchisio arretra sulla linea di Pirlo diventa un 4-2-3-1, se invece è Pirlo a “salire” sembra un 4-5-1.
4-3-3
Ottava giornata, Juventus-Fiorentina 2-1: primo esperimento con il tridente. Confermati la linea difensiva Lichtsteiner-Bonucci-Barzagli-Chiellini e il triangolo Pirlo-Marchisio-Vidal, davanti c’è Matri, supportato da Vucinic e Pepe larghi, ma liberi di accentrarsi per cercare la porta. Con lo stesso modulo, alla giornata seguente, viene battuta anche l’Inter (2-1).
3-5-2
Decima giornata, ancora una svolta. E per un avversario speciale come il Napoli, la Juventus si rifà il trucco. Conte si adatta al modulo di Mazzarri e dispone i suoi di conseguenza, adottando per la prima volta la difesa a 3. In attacco, la coppia Matri-Vucinic. I bianconeri inizialmente sbandano e vanno sotto 3-1; con una grande prova di carattere arrivano al pareggio e “salvano” l’esperimento di Conte, che però accantona i nuovi schemi per ragionarci su. L’idea c’è, i presupposti pure, resta ancora qualche meccanismo da perfezionare.
4-3-3 bis
Già dalla giornata seguente si torna al 4-3-3, che verrà adottato in 7 casi su 10. Fanno eccezione la partita con la Lazio (vittoria 0-1, modulo 4-2-3-1) e le due con l’Udinese (giocate a distanza di un mese a causa dello slittamento della prima giornata di campionato al 21 dicembre): ancora una volta, contro una squadra che propone la difesa a 3, Conte schiera il 3-5-2.
In totale, nelle sette partite con il 4-3-3, 5 vittorie e due pareggi.
La “pareggite”
Lo 0-0 con il Parma dà inizio a una striscia di sette partite in cui la Juventus raccoglie ben 6 pareggi e una sola vittoria, alternando vari moduli. Si parla di calo fisico, di ritmi insostenibili, di un calcio – quello proposto da Conte – bello da vedere, ma reo di prosciugare le energie dei giocatori. In realtà il tecnico bianconero ha ancora in testa quel 3-5-2 provato a Napoli e sta lavorando per perfezionarlo, inserendo anche i nuovi acquisti Caceres e Borriello. La striscia di X si chiude con il pareggio contro il Genoa (2-2), che però non fa testo. Tra squalificati e infortunati, Conte è costretto a proporre un 4-3-3 in cui i centrali di difesa sono Caceres e Vidal.
Invincibili
Il 5-0 alla Fiorentina è il segnale della riscossa: adesso la Juventus non si limita più a non perdere mai, ma addirittura vince sempre. Otto successi consecutivi, e sarebbero stati 10 senza quello stop sbagliato da Buffon contro il Lecce. Conte inizia ad adottare sapientemente il 3-5-2, passando con disinvoltura al 4-3-3 quando serve. Lontanissimi i tempi del 4-2-4.
3-4-3
Paradossalmente, la vittoria “scudetto” arriva con un altro modulo ancora, mai provato prima. Contro il Cesena, il risultato è fermo sullo 0-0, mentre il Milan sta faticando contro il Genoa. A un quarto d’ora dal termine, Conte rinnega il 3-5-2 di partenza e, con tre cambi nel giro di 5’, lo trasforma in un 3-4-3. Fuori i due esterni di centrocampo, Caceres e De Ceglie, dentro l’ala Giaccherini e Del Piero, che affianca Vucinic e Borriello nel tridente. Proprio quest’ultimo, 6’ dopo aver sostituito Matri, segnerà il suo primo, pesantissimo, gol in bianconero.
Come uno scienziato, anche Antonio Conte ha scoperto la formula magica della sua Juventus procedendo per prove ed errori (pochi, questi ultimi, a giudicare dall’imbattibilità dei bianconeri). Preciso, sapiente nei dosaggi, tenace nel non arrendersi di fronte ai segnali di fallimento, bravo a riproporre i suoi esperimenti dopo aver cambiato qualche piccola variabile, tenendo fisse le altre, a mano a mano che scopriva ciò che andava bene.
Ma soprattutto umile nel non fossilizzarsi su una sola idea di calcio: così Conte ha costruito il suo scudetto “in laboratorio”. Senza rinunciare alla spolverata finale di fantasia (gli assist di Pirlo, la punizione di Del Piero, i lampi di Vucinic): quella scossa che dà vita al Frankenstein, una volta che è stato assemblato.
4-2-4
L’estate porta a Conte un Pirlo a parametro zero, accolto dal tecnico con un pizzico di freddezza, e un esubero di ali (Elia, Estigarribia, Giaccherini), con le quali dovrebbe decollare il 4-2-4 della nuova Juventus. Il progetto è ambizioso, il modulo è quello del Brasile di Feola, campione del mondo nel 1958, che in avanti schierava Garrincha, Pelè, Vavà e Zagallo. Con tutto il rispetto per Elia e per gli altri tre indiziati a giocare in avanti, non è la stessa cosa.
4-4-2
Alla prima giornata, Conte parte con prudenza: le ali sono Pepe e Giaccherini, ma è chiaro fin da subito che giochino sulla stessa linea di Marchisio e Pirlo. In attacco Vucinic, Matri e Del Piero fanno il “gioco delle coppie”: Conte prova tutti gli abbinamenti possibili nelle prime 3 di campionato, dando un segnale forte a Toni e Amauri: per loro non c’è spazio.
Al centro della difesa Chiellini e Barzagli, il nuovo acquisto Lichtsteiner sulla destra; a sinistra vengono provati De Ceglie e Grosso (che chiuderà il campionato con 2 presenze).
Il 4-4-2 dura tre giornate (due vittorie e un pareggio) e verrà riproposto altre due volte nel corso della stagione (contro Genoa e Chievo: due pareggi): in entrambi i casi, come ripiego per sopperire all’assenza di Vidal.
4-1-4-1
Alla quarta giornata (Catania-Juventus 1-1), Conte inizia a “capire” sul serio la sua Juventus. Si adatta alla stoffa di cui dispone e inizia a tagliare l’abito su misura per la Vecchia Signora. Pirlo fa un passo indietro (o uno davanti alla difesa, se preferite) e diventa il vero e proprio playmaker della squadra. Vidal, una rivelazione, entra nell’undici titolare: nasce il triangolo di centrocampo Pirlo-Marchisio-Vidal, il motore che fa girare tutta la Juve. Titolare anche Bonucci, con spostamento di Chiellini sulla fascia sinistra. A centrocampo, a destra, viene data un’occasione persino a Krasic.
Il 4-1-4-1 viene adottato per tre partite (una vittoria e due pareggi), con diverse sfumature: se Marchisio arretra sulla linea di Pirlo diventa un 4-2-3-1, se invece è Pirlo a “salire” sembra un 4-5-1.
4-3-3
Ottava giornata, Juventus-Fiorentina 2-1: primo esperimento con il tridente. Confermati la linea difensiva Lichtsteiner-Bonucci-Barzagli-Chiellini e il triangolo Pirlo-Marchisio-Vidal, davanti c’è Matri, supportato da Vucinic e Pepe larghi, ma liberi di accentrarsi per cercare la porta. Con lo stesso modulo, alla giornata seguente, viene battuta anche l’Inter (2-1).
3-5-2
Decima giornata, ancora una svolta. E per un avversario speciale come il Napoli, la Juventus si rifà il trucco. Conte si adatta al modulo di Mazzarri e dispone i suoi di conseguenza, adottando per la prima volta la difesa a 3. In attacco, la coppia Matri-Vucinic. I bianconeri inizialmente sbandano e vanno sotto 3-1; con una grande prova di carattere arrivano al pareggio e “salvano” l’esperimento di Conte, che però accantona i nuovi schemi per ragionarci su. L’idea c’è, i presupposti pure, resta ancora qualche meccanismo da perfezionare.
4-3-3 bis
Già dalla giornata seguente si torna al 4-3-3, che verrà adottato in 7 casi su 10. Fanno eccezione la partita con la Lazio (vittoria 0-1, modulo 4-2-3-1) e le due con l’Udinese (giocate a distanza di un mese a causa dello slittamento della prima giornata di campionato al 21 dicembre): ancora una volta, contro una squadra che propone la difesa a 3, Conte schiera il 3-5-2.
In totale, nelle sette partite con il 4-3-3, 5 vittorie e due pareggi.
La “pareggite”
Lo 0-0 con il Parma dà inizio a una striscia di sette partite in cui la Juventus raccoglie ben 6 pareggi e una sola vittoria, alternando vari moduli. Si parla di calo fisico, di ritmi insostenibili, di un calcio – quello proposto da Conte – bello da vedere, ma reo di prosciugare le energie dei giocatori. In realtà il tecnico bianconero ha ancora in testa quel 3-5-2 provato a Napoli e sta lavorando per perfezionarlo, inserendo anche i nuovi acquisti Caceres e Borriello. La striscia di X si chiude con il pareggio contro il Genoa (2-2), che però non fa testo. Tra squalificati e infortunati, Conte è costretto a proporre un 4-3-3 in cui i centrali di difesa sono Caceres e Vidal.
Invincibili
Il 5-0 alla Fiorentina è il segnale della riscossa: adesso la Juventus non si limita più a non perdere mai, ma addirittura vince sempre. Otto successi consecutivi, e sarebbero stati 10 senza quello stop sbagliato da Buffon contro il Lecce. Conte inizia ad adottare sapientemente il 3-5-2, passando con disinvoltura al 4-3-3 quando serve. Lontanissimi i tempi del 4-2-4.
3-4-3
Paradossalmente, la vittoria “scudetto” arriva con un altro modulo ancora, mai provato prima. Contro il Cesena, il risultato è fermo sullo 0-0, mentre il Milan sta faticando contro il Genoa. A un quarto d’ora dal termine, Conte rinnega il 3-5-2 di partenza e, con tre cambi nel giro di 5’, lo trasforma in un 3-4-3. Fuori i due esterni di centrocampo, Caceres e De Ceglie, dentro l’ala Giaccherini e Del Piero, che affianca Vucinic e Borriello nel tridente. Proprio quest’ultimo, 6’ dopo aver sostituito Matri, segnerà il suo primo, pesantissimo, gol in bianconero.