Monti amante tradito. Ma serve una reazione, non la serrata

Calcio
Mario Monti, Presidente del Consiglio: accorato il suo personale sfogo sulla crisi del calcio

L’indignazione al Presidente ("Fermare il calcio per 2-3 anni") sarà salita dal cuore, ma la conclusione è apocalittica. Quale significato avrebbe chiudere? Il gioco del calcio tiene in piedi un’industria che produce lavoro e ricchezza. Per lo Stato

L’indignazione al Presidente sarà anche salita dal cuore, ma la conclusione è quasi apocalittica. Non una proposta partita dal Capo del Governo, ma un desiderio, una provocazione: chiudere il campionato per due o tre anni. Dettata da chi amava il calcio quando era il calcio: la citazione è letterale.

Ma sarebbe come ordinare la sospensione delle attività bancarie per malfunzionamento delle imprese. Certo il calcio nella classifica delle priorità nazionali viene molto dopo, dovrebbe solo aiutare a vivere qualche ora di passione intensa e questa funzione è stata tradita dai comportamenti delinquenziali di chi ha comprato e venduto partite , di chi - mascherandosi da tifoso -  ha voluto imporre la legge del più forte, di chi amministra da scialacquatore le finanze delle società.



Ma per combattere gli eccessi  serve una reazione, non una serrata. I termini usati da Monti sono stati durissimi, da amante tradito. Fa rabbrividire , ha detto parlando del momento, ha definito fenomeni indegni quelli che vengono prodotti recentemente negli stadi, ha fatto riferimento a Genova definendo invisibile ricatto ricco di omertà la richiesta di consegna delle maglie, ha ricordato di aver evitato da commissario europeo che si usassero i soldi dei contribuenti per ripianare i debiti: tutti argomenti condivisibili che raccolgono un consenso popolare unanime, difficilissimo da ottenere se si parla d’altro oggi in Italia.

Ma la conclusione, o meglio il desiderio conclusivo del ragionamento è affrettato: quale significato avrebbe chiudere? Il gioco del calcio tiene in piedi un’industria che produce lavoro e ricchezza soprattutto per lo Stato, con l’Irpef che (a fatica, è vero) viene pagata sui maxi ingaggi e sugli stipendi dei precari, con le tasse erariali sui biglietti e - perché no? – anche con le tasse sui contratti per la cessione dei diritti televisivi.

Soprattutto consente ad almeno la metà della popolazione italiana di vivere qualche ora di pura passione per un’impresa sportiva come la vittoria di una partita, di un campionato, di una coppa. Abbiamo tutti il diritto di pretendere che quei successi siano insospettabili e tra i doveri dello Stato c’è anche quello di garantire che ciò avvenga. Le inchieste delle Procure, i processi che la giustizia sportiva si accinge a celebrare servono proprio a questo, a restituire credibilità al calcio, per farlo tornare a essere il passatempo che esaltava anche il cittadino Mario Monti.