Sport & Law: le “foreign Ownership” in Italia e in Europa

Calcio

Pierfilippo Capello e Andrea Bozza*

Focus sulle proprietà straniere nelle società professionistiche di calcio: chi sono; dove, come e perché si muovono. Il confronto fra l'Italia e gli altri principali campionati in Europa

Il fenomeno delle proprietà straniere delle società professionistiche di calcio ha trovato, negli ultimi 10 anni, un notevole incremento nel panorama europeo e mondiale. A loro volta, molte delle foreign ownerships hanno dato luogo al fenomeno delle multiple ownerships, dove la proprietà straniera controlla, direttamente o indirettamente, due o più club calcistici. Talvolta i club sono dello stesso paese o, più comunemente, di differenti paesi e campionati.
In generale, possiamo identificare tre grandi categorie di foreign ownership:

- singolo investitore (sia la persona fisica come l’imprenditore o il tycoon sia un fondo di investimento, un istituto di credito etc.);
- gruppi di società non riconducibili a un’unica persona (holding, multinazionali, fondi di investimento o fondi sovrani etc.);
- società di calcio che a loro volta rilevano quote di altri club

I media sportivi non hanno forse fino a oggi dato sufficiente evidenza della diffusione del fenomeno: in Italia abbiamo il caso della famiglia Pozzo, la quale, oltre ad essere proprietaria dell’Udinese Calcio, è proprietaria anche del Watford F.C. in Inghilterra e, fino al 2016, del Granada C.F. in Spagna. Esempio ancora più recente è l’entrata nel mercato italiano di Suning Holdings Group che, già proprietaria del club cinese Jiangsu Suning F.C., a partire dal giugno 2016 è divenuta anche azionista di maggioranza dell’Inter. All’estero, caso degno di nota è quello dello Sceicco Al Mansour che, attraverso una rete di società, oltre a detenere in Inghilterra la società Manchester City F.C., controlla in Australia il Melbourne Heart F.C e in Uruguay il Club Atletico Torque; inoltre, la medesima proprietà è anche azionista di riferimento del club spagnolo Girona F.C., della società giapponese Yokohama Marinos e del New York F.C. Un caso ancora diverso riguarda la multinazionale Red Bull la quale, oltre ad acquisire il controllo di diversi club in differenti stati e campionati, ne ha anche modificato il nome: infatti, partendo dall’acquisizione di un club austriaco nel 2005, al quale ha cambiato nome in FC Redbull Salzburg, nel corso degli anni ha acquistato il controllo, nell’ordine, del New York Red Bulls, del Red Bull Brasil in Brasile e più recentemente del Rasen Ballsport Leipzig in Germania.

In ambito europeo, gli investitori stranieri sono particolarmente interessati nell’apportare i propri fondi in club calcistici appartenenti ad una delle così dette “BIG 5 Leagues” (Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia), ovvero i campionati europei di maggior rilievo da un punto di vista competitivo e soprattutto economico: tuttavia, sono sempre di più i casi di investitori che, non volendo (o potendo) investire le somme necessarie all’ingresso in una delle “BIG 5 Leagues”, scelgono paesi e campionati meno onerosi ma che consentono comunque di operare nell’industria del calcio (Austria, Ungheria, Lituania o anche Ucraina, Malta, Cipro…).

Nella scelta su quale sia il campionato migliore nel quale investire, i foreign owners valutano anche la possibilità di ricevere utili dalle società controllate, effettuando un’analisi in merito al regime fiscale genericamente applicabile e alla distribuzione degli utili prodotti da una società. A tal riguardo, la Premier League inglese è un’ottima opzione, in primo luogo perché recenti esperienze hanno dimostrato come talvolta sia stato possibile per la società sportiva distribuire utili con una fiscalità più conveniente rispetto ad altri paesi europei; in secondo luogo perché, come noto, vi sono maggiori possibilità di ricavi generati dal merchandising e dalla gestione dagli stadi di proprietà dei club (emblematico è l’esempio del Manchester United che percepisce circa 26 mln annui solo per i naming rights), nonché dagli imponenti introiti provenienti dai diritti televisivi (i più alti del mondo relativamente al calcio).

L’Italia, infine, come sempre è terra di contrasti. Da un lato, il nostro campionato è attrattivo per gli investitori stranieri in quanto i nostri club possono essere acquisiti con investimenti che, in altri campionati, risulterebbero insufficienti. Dall’altro, però, l’Italia ha alcune criticità ormai cristallizzate che ancor oggi scoraggiano gli investitori:

- i club italiani sono fortemente indebitati, ciò comporta un forte rischio d’impresa;
- a parte poche eccezioni (Juventus, Sassuolo, Udinese, Frosinone), la maggioranza dei club calcistici italiani non possiede uno stadio di proprietà, non potendo dunque usufruire dei grandi vantaggi economici che esso comporta;
- le squadre italiane sono ancora troppo dipendenti finanziariamente dai ricavi dei diritti televisivi, in quanto quest’ultimi in media rappresentano il 50% degli incassi di un club-tipo italiano

In conclusione, in un mercato in crescita come quello del Calcio, le Foreign Ownership rappresentano il modo migliore per accrescere il proprio brand, diversificare le opportunità di business e ottimizzare le loro operazioni attraverso l’acquisizione (totale o parziale) della proprietà di una Società di calcio. In tal senso, l’Italia deve fare dei grossi passi in avanti per non perdere l’opportunità di attrarre i grandi gruppi internazionali intenzionati ad investire nell’industria del calcio e di conseguenza incrementare la competitività del campionato italiano a livello internazionale.

 

Pierfilippo Capello, avvocato specializzato in diritto dello sport, a livello nazionale e internazionale, con ampia expertise in materia di regolamentazione sportiva, contenziosi commerciali e arbitrati sportivi.

Andrea Bozza, avvocato specializzato in diritto dello sport, competition/antitrust e diritto UE, con un focus su operazioni straordinarie (trasferimenti di atleti e acquisizioni di club) e contrattualistica sportiva.