Sport&Law, calcio femminile: i Mondiali e lo sviluppo in Italia e nel resto del Mondo

Calcio

Pierfilippo Capello e Andrea Bozza*

A che punto è il calcio femminile? Il Mondiale sta mettendo le calciatrici al centro dell’interesse e qualcosa sta cambiando. In Italia sono “dilettanti”, mentre nel resto del mondo sono sportive professioniste, come i colleghi maschi

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Grazie ai Mondiali di Francia, il calcio femminile sta attraendo l’attenzione di molti operatori dell’industria sportiva, anche quelli che fino ad ora avevano trascurato il fenomeno. Meritano pertanto di essere approfonditi alcuni aspetti.

Il primo punto riguarda la qualificazione giuridica delle atlete: attualmente, in Italia, il calcio femminile non riconosce il professionismo e, pertanto, le calciatrici sono considerate atlete dilettanti (come stabilito formalmente dall’art. 94 quinquies delle Norme Organizzative Interne Federali della FIGC). Inoltre, fino al 2018 il calcio femminile in Italia era gestito dalla Lega Nazionale Dilettanti; solo poco più di un anno fa la FIGC ha creato una propria “Divisione Calcio Femminile”, che si occupa in maniera autonoma ed esclusiva dello sviluppo del movimento.

In quanto dilettanti, la FIGC ha imposto alle atlete il limite di 30.658,00 euro all’anno come somma massima che possono ricevere per la loro attività sportiva (quindi compresi rimborsi, premi, bonus, ed ogni altro pagamento connesso all’attività sportiva).

Diversa è la situazione in altri paesi del mondo, le cui nazionali sono avversarie delle ragazze della nostra nazionale.

Gli USA, il Giappone, l’Australia e i Paesi del Nord Europa sono, tra gli altri, le nazioni che hanno il più avanzato movimento calcistico femminile, e che riconoscono le calciatrici, al pari dei loro colleghi maschi, come sportive professioniste.

Emblematico il caso degli Stati Uniti, dove le giocatrici della nazionale stanno da tempo portando avanti una battaglia contro la Federazione per avere lo stesso trattamento riservato alla selezione maschile: le ragazze, infatti, hanno accusato in più occasioni la Federazione di “discriminazione di genere”, denunciando pubblicamente la disparità per quanto riguarda premi e ricompense in denaro, riconosciuti in quantità minore rispetto alla squadra maschile, oltre a una minor attenzione anche in relazione a qualità e quantità di allenamenti, trasferte, stage di preparazione fisica e tattica, cure mediche e strutture.

Poiché la Federazione, malgrado le ripetute richieste, non ha mai accolto tali istanze, a marzo 2019 (quindi pochi mesi prima dell’inizio dei Mondiali) le 28 giocatrici della Nazionale statunitense hanno depositato al Tribunale di Los Angeles una class action contro la United States Soccer Federation accusandola di institutionalized gender discrimination.

Al di là di questi aspetti, tuttavia, ci sono anche altri elementi che meritano di essere analizzati: sicuramente, come accade per i colleghi maschi, durante i Mondiali si metteranno in luce molti talenti e alcune di queste giocatrici potrebbero ricevere offerte da campionati e club più evoluti.

Anche per queste giocatrici, pertanto, si porranno tutte le problematiche connesse ai trasferimenti internazionali di calciatori, con una sempre maggior attenzione agli aspetti giuslavoristici, fiscali e di gestione dei diritti di sfruttamento economico dell'immagine.

Infine, un elemento commerciale, che però è utile per capire quanto il fenomeno del calcio femminile stia incrementando il proprio valore: come potranno notare gli spettatori delle partite del Mondiale, quest’anno per la prima volta i brand che forniscono le divise delle calciatrici hanno iniziato a produrre abbigliamento tecnico (maglie, pantaloncini, tute ecc.) studiato e realizzato appositamente per un corpo femminile permettendo alle ragazze di abbandonare i materiali pensati esclusivamente per i colleghi di sesso maschile.

Il fatto stesso che aziende leader dell’industria abbiano investito nella produzione di linee create ad hoc per il calcio femminile risulta un’ulteriore prova di come l’industria del calcio femminile sia ormai riconosciuta come parte integrante di tutto il sistema calcistico.

Pierfilippo Capello, avvocato specializzato in diritto dello sport, a livello nazionale e internazionale, con ampia expertise in materia di regolamentazione sportiva, contenziosi commerciali e arbitrati sportivi.

Andrea Bozza, avvocato specializzato in diritto dello sport, competition/antitrust e diritto UE, con un focus su operazioni straordinarie (trasferimenti di atleti e acquisizioni di club) e contrattualistica sportiva.