Gli anni 2000 di Messi e Cristiano Ronaldo: le origini del dualismo

Calcio

Alfredo Corallo

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Gli anni 2000 sono il primo capitolo di una rivalità che esploderà nella seconda decade del millennio, quando Messi e Ronaldo si contenderanno regolarmente il trono del più forte. Due storie parallele di miseria e riscatto, sacrifici e cascate d'oro, la favola di un argentino e di un portoghese con un destino comune: riscrivere il romanzo del calcio

Nel tempo dell'Inverno andò il pulce alle api, e li dimandò alloggiamento, e da mangiare, promettendo loro d'insegnare ai figliuoli la musica. L'api risposero: "Non vogliamo che imparino quell'arte, ma quella che gli può dar da mangiare, e levarsi di povertà più presto, che la musica è di niuna utilità".

 

La favola della Pulga e dell'Abelhinha ci accompagna da 20 anni, ormai. Nella Grecia dei tiranni Esopo l'aveva applicata alla mètis ellenica - l'intelligenza pratica,  tesa alla sopravvivenza - ma le biografie di Messi e Ronaldo non si discostano da quella morale. La pulce argentina e l'apetta portoghese compresero in fretta quanto la loro "arte" fosse indispensabile all'economia familiare. "Gli insegnanti mi dicevano che dovevo farlo rigare dritto, ma non lo mettevo in castigo. Lui doveva allenarsi molto per diventare un grande giocatore". Come biasimare mamma Dolores: a Funchal vivevano in una casetta modesta, con un tetto rivestito di lamiera, perché dalle fessure in inverno non entrassero il freddo, la pioggia. E a 8mila chilometri di distanza dall'isola di Madeira pare che le cose non andassero granché meglio: alla fine degli anni Novanta Lionel è considerato già un potenziale "craque" a Rosario, è la stellina delle mitiche cebollitas del Newell's Old Boys, se ne parla come del nuovo Maradona, e il River Plate ci fa più di un pensierino; ma è troppo piccolo, ha dieci anni e non supera il metro e mezzo di altezza. E quando nel 1997 il dottore Schwarsztein gli diagnosticherà un rarissimo deficit di produzione ormonale che ne rallenta la crescita, nessuno, in Argentina - neanche i ricchi Millionaros - sembra disposto ad aiutare papa Jorge, di professione operaio, a sostenerne le cure. Finché, un bel giorno di inizio millennio, una principessa azur(grana) non correrà in soccorso del "rospetto" e romperà quell'incantesimo; come al quindicenne Ronaldo provvederà il Fado, nelle sembianze di una fatina vestita di verde e di bianco, che lo guarirà da una lesione congenita al cuore, qualcosa di più di una banale saudade, che ne avrebbe altrimenti compromesso i sogni d'oro. Temprati, insomma, dal tempo dell'inverno, la fiaba 2.0 della Pulga e dell'Abelhinha può finalmente andare in scena...

Leo Messi e Cristiano Ronaldo da bambini

"Ronaldo alla lavagna"

Passate - diciamo così - le visite mediche, i nostri eroi si trovano di fronte all'esame più difficile da superare: il distacco dalle loro radici, il processo di ambientamento nella nuova realtà. Piangono in continuazione, vogliono tornare a casa. "Il primo giorno di scuola a Lisbona fu catastrofico per il lusitano", scrive Luca Caioli nel suo Cristiano Ronaldo: l'ossessione della perfezione. "Dopo essere arrivato in ritardo, la professoressa gli chiese di presentarsi alla classe durante l'appello. 'Ciao, sono Cristiano Ronaldo e sono di Madeira', disse con una pronuncia quasi incomprensibile. I compagni iniziarono a prenderlo in giro e anche l'insegnante non riuscì a trattenersi. Lui si arrabbiò così tanto che prese la sedia e avvisò la prof che gliel'avrebbe tirata in testa se non avesse smesso di ridere". 

L'Italia nel cuore

Ma se per il portoghese si trattò, in fondo, del classico pegno da pagare per un isolano appena sbarcato nel "continente", per Messi fu una lunghissima trasvolata atlantica. Le poche parole che riuscisse a spiccicare erano in Lunfardo - uno slang argentino indecifrabile persino agli spagnoli - e l'unica lingua universale che conosceva era quella del campo. "All'inizio pensavamo che fosse muto - racconterà Cesc Fabregas, suo compagno nella Cantera - poi, grazie alla playstation e a quel viaggio in Italia scoprimmo che parlava...". Fu un'idea del compianto Tito Villanova portare il rosarino in Toscana: aveva esordito da poco con gli under-15 (la terapia cominciava a dare i suoi frutti, è "salito" a 1,62 e pesa 55 chili) e il Torneo "Maestrelli" di Pisa poteva rappresentare l'occasione giusta per vederlo all'opera e reprimere definitivamente quel suo senso di ineguatezza senza un pallone tra i piedi. Il 7 maggio del 2002 i giovani catalani battono il Parma in finale e Leo - che indossa la "14" di Cruijff - viene nominato miglior giocatore della manifestazione. Quando va a ritirare il premio è lui che si avvicina alla signora (presumiamo l'assessore allo sport) per prendersi l'ambìto riconoscimento: un bacio! E adiós timidezza. Ah, nel frattempo, a Lisbona, monta l'attesa per vedere giocare Ronaldo, il Fenomeno...

CR7 x 4

"Durante il riscaldamento ci chiedevamo tutti chi fosse quel ragazzino con la scritta 'Ronaldo' sulle spalle. Alla fine della partita venne negli spogliatoi a chiedermi di scambiarci le maglie: oggi ho una reliquia a casa, la maglia del debutto assoluto di Cristiano Ronaldo in Champions League". Sì, perché un paio di giorni prima che Messi impugnasse un premio "ch’era follia sperar", all'Olimpico di Roma si era materializzato davvero il 5 maggio e l'Inter di Vieri, Ronaldo - e appunto Gigi Di Biagio (il fortunato collezionista) - fu costretta alla ritirata dei preliminari, sorteggiata proprio con lo Sporting. Ma la sera di Ferragosto del 2002 il brasiliano all'Estádio José Alvalade non c'è, e non ci sarà nemmeno al ritorno a San Siro: è già del Real, sotto gli ombrelloni di mezzo mondo non si parla d'altro. L'Inter passerà il turno, ma Cristiano si fa in 4 per concentrare l'attenzione su di sé: gioca con la 28... e non appena viene gettato nella mischia zigzaga a velocità supersonica e ronza su tutti i palloni come ai tempi di Funchal. Esattamente un anno più tardi, nello stesso stadio, dopo l'amichevole con il Manchester United e il lungo corteggiamento degli inglesi, il "ragazzo" - come lo chiamava Sir Alex Ferguson - si fa uomo: l'Abelhinha si è "reincarnata" in CR7.

Gigi Di Biagio con la "28" di Cristiano

Io so che tu sai che io so

E Messi? Non dimentichiamoci che è più giovane di un paio d'anni (abbondanti) del suo gemello portoghese... sta completando la sua maturazione nella Cantera, ma non impiegherà parecchio a raggiungere i livelli del rivale: perché ormai è chiaro a tutti che da qui in avanti - salvo rarissime eccezioni - saranno loro due a contendersi lo scettro del Re. Nel 2005 Leo vince in Olanda un Mondiale Under-20 da protagonista e partecipa alla vittoria della Champions del Barça di Rijkaard, Eto'o e Ronaldinho; mentre Cristiano trascina la sua Nazionale alle semifinali di Germania 2006 e nella stagione successiva il Manchester alla conquista della Premier. Per vederli insieme dovremo però attendere il 17 dicembre del 2017, "paggetti" di Ricardo Kakà alla cerimonia del FIFA World Player. Si "annusano", in attesa del primissimo scontro sul ring, nell'aprile del 2008 per le semifinali di Champions, ricordate in particolare per il rigore sbagliato all'andata da Ronaldo al 3° minuto e per l'inconsueto digiuno di gol dei due astri nascenti del calcio. CR7 sarà, comunque, il dominatore dell'annata, come Messi lo sarà nel 2009 con Guardiola, campione d'Europa a Roma con un gol di testa (proprio lui) in "faccia" al nemico, chiudendo sostanzialmente il decennio in parità. Confortati entrambi dalla consapevolezza di non essere invincibili: "Qualunque destino - come sosteneva Jorge Luis Borges - per lungo e complicato che sia, consta in realtà d'un solo momento: il momento in cui l'uomo sa per sempre chi è". 

Leo Messi e Cristiano Ronaldo per la prima volta contro, nel 2008
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Kakà, Ronaldo e Messi al FIFA World Player 2007
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