Alice Pignagnoli a Sky Sport: "Noi senza tutele, sogno un mondo diverso per i miei figli"

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Fabrizio Moretto

Foto Instagram @alipigna
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La calciatrice parla in esclusiva a Sky Sport dopo il caso che ha visto la Lucchese non pagarle inizialmente gli stipendi a causa della sua gravidanza: "Sono rimasta sconvolta dalla leggerezza della società, ma ho ricevuto anche tanta solidarietà. Si è mossa anche la politica, spero che la mia situazione non possa ripetersi poi tra un anno. Il mio sogno è consegnare ai miei figli un mondo diverso, dove non devono scegliere se essere mamme o essere atlete”

Il suo nome ha fatto tanto rumore negli ultimi giorni. Si chiama Alice Pignagnoli, portiere con una lunga esperienza nelle massime serie del calcio femminile tra Milan, Napoli, Torres e Genoa (solo per citarne alcune), e nelle scorse settimane ha denunciato il comportamento della società proprietaria del suo cartellino, la Lucchese, perché ha deciso di svincolarla e non pagarle più gli ultimi stipendi dopo aver saputo che è incinta. Una situazione che pare essersi risolta dopo i recenti confronti tra i legali delle due parti coinvolte, ma che ha lasciato una profonda delusione in Pignagnoli, decisa più che mai a far sì che il suo caso diventi un'opportunità per cambiare le cose e garantire maggiore tutela nei confronti delle atlete. Ecco le sue parole in esclusiva a Sky Sport:

Come stai dopo questi giorni tumultuosi?

“Sono stata anche meglio, però sono stata contenta perché sollevare la questione ha creato indignazione, anche se a parole. C’è stata anche un po’ di cattiveria perché la gente vuole vedere il pelo nell’uovo, ma globalmente ho sentito molta solidarietà, soprattutto da parte delle donne, delle altre atlete. Si è mosso il mondo della politica, perché mi ha chiamato Boldrini e verrà fatta un’interpellanza in Parlamento, stiamo cercando di fare qualcosa di concreto. Io ormai queste le cose le ho subite, ma non vorrei che ci trovassimo tra un anno un altro caso simile perché due anni fa c’era stato il caso di Lara Lugli e le persone sembravano tutte sconvolte, invece dopo due anni si è ripresentata la stessa vicenda. Mi ha sconvolto la leggerezza con cui la società mi ha fatto quello che fatto, la fermezza con la quale sosteneva di potermi non pagare. I fatti sono di metà ottobre e non sono andata subito dai giornali: ho dato loro due mesi per poter ripensare la cosa, speravo che confrontandosi con qualcuno, magari un avvocato, avrebbero capito. Invece loro hanno intrapreso questa serie di azioni: mi hanno escluso la squadra, mi hanno chiesto il materiale sportivo, di liberare il posto letto. Tutta una serie di cose gratuite che a una squadra di Lega pro, da 3-4 milioni, non fa la differenza. Sono gesti che mi hanno fatto soffrire tanto, soprattutto perché nella prima fase della gravidanza è un momento un po’ difficile. Io gioco a calcio da quando ho 5 anni, una gravidanza è scioccante quando da un giorno all’altro ti devi fermare. Avresti bisogno in quel momento di avere supporto delle persone che hai attorno, come è stato nel mio caso per la prima gravidanza a Cesena dove, nonostante il contratto non fosse come adesso, la società ha dimostrato di dare valore all’essere umano che c’è dietro la calciatrice. È stato un periodo tosto, però devo dire che ci sono state più squadre che si sono offerte di prendermi già a dicembre, una su tutte la Ternana. Ieri il vicepresidente Tagliavento mi ha chiamato a 3 ore dalla fine del nostro mercato e mi ha detto: «vieni da noi, ti trasferiamo ora» e si sarebbero sobbarcati anche le mensilità che deve corrispondermi la Lucchese: loro fino a gennaio devono pagarmi e poi interverrà un fondo di solidarietà per la maternità delle atlete. Quindi si sta facendo tutto questo casino per tre mensilità. Il problema è che ci sono ragazze che stanno fuori casa per 200 euro, sognando di arrivare un giorno in Serie A. questa è la realtà del calcio non professionistico. Quindi almeno la tutela della dignità umana, come rispettare i contratti, i pagamenti, mettere le atlete in un alloggio decente, dovrebbero essere quelle cose minime da garantire come essere umani”

Dopo l’esperienza a Cesena, avevi paura di annunciare la tua gravidanza o eri convinta che avresti ricevuto lo stesso trattamento?

“In realtà entrambi i figli sono venuti quando volevano loro e non quando volevo io. Un’atleta non comincia una stagione e dopo un mese di ritiro vuol restare incinta. È una notizia che ha scioccato anche a  me, tant’è che quando sono andato dal mister a informarlo sono andata in lacrime e lui inizialmente mi ha detto ‘tu per me sei insostituibile anche per quello che rappresenti nello spogliatoio’, ma davanti a una cosa simile io non posso che essere felice. E lo stesso mi avevano detto le mie compagne, tutte felici per me. E invece dopo è arrivata sta botta della società, dove l’amministratore delegato mi ha detto prima «gli impegni presi in estate andrebbero rispettati» e poi ha aggiunto «io ho già detto al tuo procuratore come intendo procedere con il tuo contratto». Una frase che ti fa capire che loro pensano di essere giudici unici depositari della legge, decidono loro cosa fare col tuo contratto. Ovviamente un Alice che ha 34 anni e 250 presenze tra Serie A e B può permettersi questo casino, ma ci sono 10 ragazzine che restano mute e firmano lo svincolo. Non è solo una questione di gravidanza. Loro mi hanno chiamato due settimane fa per dirmi ‘ti stiamo svincolando’ e io ho risposto che non potevano farlo senza la mia volontà. Però ad altre ragazze le hanno svincolate e ora sono a piedi, le sto aiutando io a trovare squadra perché hanno 20 anni e non le conosce nessuno. Questa è la realtà del nostro calcio”

Per il futuro qual è la mossa giusta? Serve un passo a livello legislativo?

“Sono arrivata in Serie A che avevo 16 anni, ora ne ho 34. Praticamente ho fatto 18 campionati tra A e B e in questi anni sinceramente non ho visto grandi cambiamenti nonostante le lotte, escluso l’importantissimo passo del professionismo che però ha toccato 10 squadre e, in un certo senso, ha creato ancora più disparità: ha creato meccanismi per cui le ragazze giovani son disposte a giocare in B per 200-300 euro con la speranza di andare un giorno in Serie A, mentre a te che sei più grande e potresti avere un potere contrattuale diverso non ti prende nessuno. Perché spendere 1000 euro per un portiere esperto quando potresti spenderne 200 per una giovane? Si è creata una giungla di mercato quest’estate in Serie B, è stato terrificante. Una disparità enorme, tra gente che prende 30 mila euro in A come minimo sindacale e gente che ne prende mille in B. Ovviamente il passaggio deve essere graduale. Questa problematica tocca soprattutto le atlete donne, ma anche gli atleti uomini di molti sport che non sono professionisti. Bisogna istituire i ‘lavoratori dello sport’, come esistono quelli dello spettacolo. Non è che perché uno gioca a pallone vale meno di un altro perché è un lavoro meno usurante. Io comunque ho girato l’Italia, sono stata lontana dalla mia famiglia per poche lire, una vita intere senza tutele. Non penso che facciamo meno sacrifici rispetto ad altri lavoratori, dovremo arrivare a garantire a tutti i benefici minimi. Le società non possono avere il potere totale, tutelare delle situazioni non significa creare questo grosso problema. Per il calcio maschile ad esempio sono stati destinati dei soldi per situazioni che non ne avrebbero bisogno, io ho visto allenatori fare la spesa alle ragazze perché non arrivavano gli stipendi e mangiavano tutti i giorni pasta in bianco”

Prima delle stipule dei contratti ti è mai capitato che ti abbiano chiesto se avessi intenzione di avere figli?

“A me no. Mi sono confrontata con l’associazione "Assist" delle atlete, che mi sta dando anche supporto psicologico in questo momento, e mi hanno detto che ad esempio nel basket fanno firmare gli accordi a inizio stagione per cui se rimani incinta strappano il contratto, quindi tu lo sai. Nel nostro sport credo ci siano talmente pochi casi che non viene neanche in mente di chiedertelo. Nel mio caso se la Lucchese avesse pensato che potevo rimanere incinta me lo avrebbe fatto firmare. Se hanno l’idea che un’atleta ha la probabilità di restare incinta te lo fanno firmare sicuro. A me tanta gente ha chiesto “ma ora non hai paura di non trovare squadra l’anno prossimo dopo questo casino?”. Certo che ho paura, ma se continuiamo ad avere paura le società continuano a fare così. Io ho 34 anni, preferisco non trovare squadra l’anno prossimo ma che una ragazzina tra due anni non si trovi nella mia situazione”

Foto Instagram @alipigna

Quali obiettivi hai per il futuro?

“Un po’ scherzando il presidente del Cesena mi ha chiamato l’altro ieri e ha detto ‘Ti ha scelto Dio per fare la sindacalista delle calciatrici’, perché comunque anche la prima volta abbiamo fatto un po’ la storia. Anche se io dico sempre che io ho fatto solo quello che mi è stato detto, ho avuto dei dottori che mi hanno seguito, ho perso 16-17 kg in un mese e a 100 giorni dal parto sono tornata in campo contro il Milan. Quando hai delle persone che ti supportano, delle altre che ti seguono e ti danno gli strumenti, penso che noi donne possiamo fare ogni cosa. Il problema è quando devi fare la guerra da sola. Io mi sento responsabile di provare a cambiare qualcosa, non perché sono io, ma perché in questo momento sono io la punta dell’iceberg. Vorrei poter trovare una soluzione la prossima stagione per tornare in campo, ovviamente potendomi gestire due bambini piccoli. L’anno scorso in B io non ho trovato squadra perché o sarei andata a prendere pochissimo oppure le società non accettavano di venirmi incontro per gli allenamenti. L’anno prossimo con un bimbo in più e un rientro dalla gravidanza, che comunque è un percorso molto tosto, so che non sarà facile. Il mio sogno sarebbe poter rientrare, fare un campionato come si deve e dimostrare ancora una volta che lavorando bene la gravidanza non è un handicap. È chiaro che serve un po’ di elasticità. Se fosse possibile a me piacerebbe, altrimenti la mia famiglia ha la priorità. Il mio sogno è consegnare ai miei figli un mondo diverso, dove non devono scegliere se essere mamme o essere atlete”.