Iniesta si ritira: la sua carriera e i trofei tra Barcellona e Spagna
la carrieraIntroduzione
Il numero 8, il suo 8, capovolto per diventare infinito. Andres Iniesta ha annunciato il suo addio ufficiale al calcio: "Sto studiando da allenatore". Ma cosa è stato Iniesta per il calcio? Dai gol fatti segnare a Messi a quello con cui regalò il Mondiale alla Spagna; dal Pallone d’Oro che avrebbe meritato al tiqui-taka predicato con Xavi. Iniesta, semplicemente, è stato un professore
Quello che devi sapere
Iniesta si ritira: "Sto studiando da allenatore"
Andres Iniesta ha dato ufficialmente l'addio al calcio nell'evento "El Juego Continua", tenuto a Barcellona a Port Vell. Tanta emozione per il 40enne spagnolo, che si è commosso raccontando i momenti più importanti della sua carriera: "Sono lacrime di emozioni, di orgoglio". Lo stesso Iniesta ha svelato il suo progetto per il futuro: "Non posso stare lontano dal calcio. Mi piacerebbe tornare al Barcellona. Voglio continuare ad allenarmi e imparare nei club e nelle accademie. Sto seguendo un corso per allenatori per prepararmi alla prossima tappa".
L'annuncio ufficiale chiude la sua era nel calcio giocato: ripercorriamola insieme
Messi senza Iniesta sarebbe stato Messi?
Gran parte della discussione su Messi e sulla sua grandezza (è stato davvero il migliore di sempre?) ruota attorno a un what if che puntualmente viene tirato fuori da chi non colloca la Pulce in cima all’Olimpo. Fenomeno, sì, ma cosa sarebbe stato senza quei due a centrocampo? Quei due sono ovviamente Xavi e Iniesta, sublimi tessitori delle trame di Pep Guardiola, e ora che anche Iniesta si è ufficialmente ritirato, il calcio può dire di aver salutato uno dei migliori centrocampisti di ogni epoca. Su questo, non ci sono dubbi.
Un fisico normale
“Don Andres” Iniesta, detto anche “l’Illusionista”, aveva la rara dote di semplificare le cose. I corridoi che vedeva, le traiettorie che disegnava sul campo: dopo che li aveva svelati lui diventavano visibili a tutti, ma fino a un attimo prima non esistevano. Tra una palla infilata in mezzo a cinque avversari per mettere il compagno davanti alla porta (destinatario: 9 volte su 10 Messi) e un fraseggio a centrocampo con il gemello Xavi (lo chiamavamo tiqui-taca), Iniesta si esibiva anche in numeri che rendevano bene l’idea dell’immensa tecnica individuale che si nascondeva dietro a quel fisico all’apparenza così “normale”.
La "croqueta", il suo marchio di fabbrica
Intendiamoci: nessun numero da circo. La veronica, il sombrero o la croqueta (il suo “marchio di fabbrica”, consistente nel superare l’avversario passandosi la palla da un piede all’altro, usando sempre l’interno) venivano estratti dal cilindro solo quando erano realmente necessari, soluzione estrema per uscire da una situazione di difficoltà.
Dalla cantera al tetto del mondo
Se con il genio o ci nasci o non ci nasci, la tecnica sopraffina è in parte un regalo di Madre Natura e in parte frutto del miglior laboratorio del mondo: la cantera del Barcellona. Iniesta ci entra a 12 anni; a 15 è capitano dell’Under-15, per poi approdare nel 2000 (a 16 anni) al Barça B. Dal 2002 è in prima squadra e inizia a scrivere la storia del club blaugrana. Ci gioca per 16 stagioni, 674 partite in tutto con 57 gol fatti e almeno il doppio fatti segnare.
Tra i più vincenti di sempre
I trofei, poi. Una bacheca che lo rende tra i giocatori più vincenti di sempre, con 4 Champions League, 3 Mondiali per club, 3 Supercoppe europee, 9 campionati spagnoli, 7 Supercoppe nazionali, 6 Coppe di Spagna. Una media di due tituli a stagione in tutta la sua vita blaugrana
Quel gol che vale mezza Champions
Nel tabellino dei marcatori, come detto, preferisce far finire gli altri, contribuendo soprattutto al bottino personale di Messi. Così, ad eccezione della finale Mondiale (più avanti vedremo), la sua firma pesante si ritrova soprattutto nella semifinale di ritorno di Champions del 2009, avversario il Chelsea dopo lo 0-0 dell’andata al Camp Nou. A Londra i Blues conducono 1-0 finché Iniesta al 93’ non cambia la storia: 1-1 e regola dei gol in trasferta che manda in finale i blaugrana. In finale, contro il Manchester United, manderà in gol Eto’o con una delle sue verticalizzazioni, poi Messi raddoppia di testa.
Il Pallone d'Oro che gli manca
Ma la grandezza di Iniesta si misura anche grazie a un secondo posto. Torniamo a quel trio – Messi, Xavi, Iniesta – che ha fatto la fortuna del Barça, a detta di tutti la squadra più bella e forte del pianeta tra il 2008 e il 2012 (con una lunga coda post-Guardiola altrettanto importante). Nel 2007 Kakà vince il Pallone d’Oro: alle sue spalle Cristiano Ronaldo e Messi. È il primo anno in cui i due fenomeni che hanno segnato l’epoca moderna entrano nella classifica del premio: da quello dopo la cannibalizzeranno per un decennio, spartendoseli equamente (5 a 5). Sempre sul podio entrambi, tranne in un’occasione: è il celebre podio del Pallone d’Oro 2010, da cui CR7 resta fuori, tutto composto da giocatori del Barcellona e con Messi in vetta, con due “nonostante” grossi così. Il primo: un podio tutto blaugrana nonostante il Triplete dell’Inter (Sneijder arriverà quarto). Il secondo: a trionfare è Messi nonostante quello sia l’anno del Mondiale vinto dalla Spagna. Di Iniesta e Xavi.
Il gol-Mondiale e la dedica a Dani Jarque
Anni dopo, lo stesso France Football che assegna il premio chiederà pubblicamente scusa a Iniesta, pentendosi. "Quando si parla di vincitori del Pallone d'Oro quella di Iniesta è un'assenza dolorosa anche per noi”, scriverà il direttore Pascal Ferré. A ripensarci, quel secondo posto di Iniesta grida vendetta, specialmente considerando che dal Mondiale 2010 Don Andres era tornato come l’uomo copertina: suo il gol decisivo nei tempi supplementari della finale tra Spagna e Olanda, celebrato togliendosi la maglia e mostrando al mondo la dedica a Dani Jarque, amico e calciatore spagnolo scomparso quasi un anno prima.
Il triplete con la Spagna
A farlo esordire in nazionale era stato il Ct Aragones nel 2006, anno in cui colleziona una presenza al Mondiale giocato in Germania. Due anni dopo, a Euro 2008, è già una colonna della Spagna che vince il titolo. Detto del Mondiale 2010, il suo personale triplete con la Roja si completa nel 2012, con un altro Europeo da protagonista. Sempre titolare, MVP in tre partite su sei, compresa la finale in cui annienta l’Italia (4-0).
Giappone ed Emirati per chiudere
Trentadue trofei con il Barcellona, 4 con la Spagna (c’è anche un Europeo Under 19 nel 2002), a fine carriera Iniesta ne ha aggiunti un altro paio, conquistati in Giappone. Il 27 aprile 2018 dà l’addio al suo Barcellona, un mese dopo trova l’accordo con i giapponesi del Vissel Kobe che lo accolgono come un eroe. Coppa dell’Imperatore e Supercoppa del Giappone sono i due titoli che regala al club prima di salutare, nel 2023, alla ricerca di un’ultima avventura. Vola negli Emirati Arabi, con l’Emirates Club segna 5 gol ma retrocede, poi a 40 anni decide di dire basta.
L'annuncio dell'addio in lacrime
Il 1° ottobre l’annuncio, il 7 l’ufficialità con un messaggio sui social e le lacrime impossibili da trattenere appena inizia a parlare. “Per me il calcio è stato…”, dice, prima che siano le immagini a parlare per lui. Tra gli interventi di chi l’ha allenato, Serra Ferrer dice: “È uno dei pochi calciatori che è stato professore prima di essere alunno. Sapeva già tutto”. “Si è divertito a semplificare la vita dei compagni di squadra con le sue giocate”, scrisse France Football. E se è vero che non c’è cosa più difficile che fare le cose semplici, Iniesta è stato un vero e proprio maestro.
Il saluto di Messi
In vista del suo addio al calcio, anche Lionel Messi ha voluto lanciare un messaggio per sottolineare quanto Don Andres sia stato importante nella carriera dell'argentino. "Uno dei compagni di squadra con più magia e con cui mi è piaciuto di più giocare insieme - ha scritto Messi sui social, pubblicando una foto insieme allo spagnolo -. Andrés Iniesta, mancherai al calcio e anche noi. Ti auguro sempre il meglio, sei un fenomeno".
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