Il trequartista dell'Independiente è uno dei talenti più eccitanti del calcio sudamericano, eppure potrebbe finire a giocare in MLS
L’Independiente è tornato a essere Rey de Copas e lo ha fatto in uno degli stadi più simbolici del calcio, il Maracanà, dove ha pareggiato 1-1 contro il Flamengo nella finale di ritorno della Copa Sudamericana (l’andata era finita 2-1) vincendo così il suo diciassettesimo trofeo internazionale, e raggiungendo il Barcellona come quinta squadra più titolata a livello mondiale.
Come spesso accade il calcio sudamericano regala storie affascinanti, come quella dell’allenatore dell’Independiente, Ariel Holan, ex selezionatore della nazionale femminile di hockey su prato che ha avuto la sua prima esperienza su una panchina di un club di calcio nel 2015 a 55 anni: è stato scelto dal presidente dell’Independiente per le sue capacità umane, ritenute fondamentali per gestire il gruppo di giovani talenti a disposizione (coltivato dal dimissionario Gabi Milito).
E tra i giovani talenti in questione, forse il più cristallino, sicuramente quello di cui si più parla di più, è il diciottenne Ezequiel Barco, eroe di questa Copa grazie al rigore decisivo che ha ammutolito il Maracanà e consegnato la Copa Sudamericana all’Independiente.
Barco è uno dei talenti argentini più promettenti degli ultimi anni e quando ha preso la responsabilità di calciare quel penalty ha dimostrato coraggio e personalità. Un carattere ancora più fuori dal comune se si pensa che è proprio con un rigore sbagliato che ha toccato il punto più basso della sua giovanissima carriera, nella partita contro il Lanus del 29 giugno, sfida decisiva per portare “El Diablo Rojo” in Copa Libertadores. Barco si è fatto parare da Esteban Andrada il tiro dagli undici metri che sarebbe valso la qualificazione per l’Independiente, e ha passato i restanti minuti della partita piangendo in campo.
Da ogni errore, però, può nascere un’occasione nuova: proprio mancando la Libertadores la squadra di Holan si è qualificata per la Copa Sudamericana, seconda competizione internazionale più importante del continente (l’equivalente dell’Europa League). Dopo la partenza estiva del miglior giocatore dell’Independiente (Emiliano Rigoni, ora alla corte di Roberto Mancini allo Zenit di San Pietroburgo), Barco ha colmato il vuoto di talento e leadership che si era creato. Con il passare dei turni nel torneo, a cui partecipano 64 squadre in un’atipica formula a eliminazione diretta che parte dai 32esimi di finale, si è trovato sempre più coinvolto nei momenti chiave, fino alla definitiva conflagrazione del suo talento, avvenuta dalla semifinale di ritorno in poi.
Barco ha realizzato due gol e un assist nelle ultime tre partite del torneo ma, soprattutto, si è preso la sua rivincita personale: ha cancellato l’onta del rigore sbagliato contro il Lanus pochi mesi prima in una partita ancora più importante. Con l’Independiente sotto 1-0, e quindi sconfitto, Barco ha deciso di non passare la responsabilità ai suoi compagni più esperti - come il centravanti Gigliotti o il capitano Tagliafico - ma ha scelto di calciare quel rigore pesantissimo dallo stesso lato in cui aveva calciato quello con il Lanus, stavolta spiazzando il portiere. Con quel rigore l’Independiente ha vinto la Copa Sudamericana e si è qualificato per la Copa Libertadores. Barco ha riscattato così il suo errore, pulendo il suo ricordo futuro in quella che, molto probabilmente, la sua ultima partita con la maglia del “Diablo Rojo”. Dopo l’esultanza, sono arrivate nuovamente le lacrime, questa volta però il suo è un pianto liberatorio.
Da un grande talento, derivano grandi paragoni (forse troppo grandi)
Oltre alla spiccata personalità, nelle cinquanta presenze da professionista Barco ha messo in luce altre qualità eccezionali, pur avendo un gioco ancora molto acerbo – ed è più che normale per un classe 1999. È riuscito a fare la differenza sfruttando soprattutto il suo istinto naturale per la progressione e per il passaggio filtrante, due caratteristiche fondamentali del suo stile di gioco.
La squadra di Holan è stata una delle sorprese di questa stagione in Sudamerica grazie a un gioco pulito, con la palla a terra, a due tocchi. Per spezzare il ritmo all’interno di questo contesto sono stati fondamentali i cambi di passo degli esterni offensivi del suo 4-2-3-1: nella prima metà di stagione ci ha pensato Rigoni, poi Meza e Barco. Quest’ultimo ha ricoperto tutti i ruoli alle spalle della punta: ad esempio, nella finale di andata è stato schierato come trequartista centrale mentre in quella di ritorno ha giocato il primo tempo a sinistra e il secondo a destra. Barco è cresciuto nelle giovanili del club di Avellaneda ed è dotato di grande velocità e di un sublime controllo del pallone, che resta letteralmente attaccato al suo piede sia durante le progressioni più nette che negli uno contro uno. Non arriva al metro e settanta, ha un baricentro molto basso e con il suo cambio di direzione è in grado di saltare regolarmente l’uomo, anche se in Sudamerica quest’attitudine comporta un rischio notevole: a diciotto anni probabilmente ha già preso più calci di molti calciatori trentenni, ed è arrivato primo tra i giocatori del campionato argentino per falli subiti (4.6 ogni 90 minuti).
Il suo dribbling ricorda vagamente quello di Alexis Sanchez, anche se rispetto al cileno ama molto di più giocare nelle zone centrali del campo, dove può assecondare la sua visione di gioco. È tra i primi cinque giocatori del suo campionato per passaggi chiave ogni 90 minuti (3.8) e ha già mostrato di possedere una buona propensione per gli assist. Si abbassa spesso per prendere il pallone e giocarlo, e proprio per questa sua caratteristica sia Milito che Holan lo hanno sperimentato come interno di centrocampo, ma al momento non sembra avere un’intensità tale da ricoprire questo ruolo in modo efficace per 90 minuti.
Ci sono molti aspetti del suo gioco che hanno ancora grossi margini di miglioramento e forse il suo limite più grande sta nella fase di finalizzazione: non ha un tiro potente né secco e partendo palla al piede da lontano non riesce ad avvicinarsi abbastanza per essere pericoloso. I gol decisivi realizzati in semifinale e finale di Copa Sudamericana sono arrivati su rigore e nelle sue 51 presenze da professionista con l’Independiente ha realizzato solamente 5 gol su azione.
Nonostante i limiti, in Argentina è scattato immediatamente il paragone con il più grande talento prodotto dal vivaio del “Diablo Rojo” nelle ultime decadi, ovvero Sergio Aguero, che come lui a inizio carriera partiva più lontano dalla porta.
Fin dai tempi delle giovanili Barco è soprannominato “El Turri” ("malvivente"), si è guadagnato un secondo appellativo: la “Nueva Joyita”, il nuovo gioiellino. E dopo il gol decisivo nella finale El Clarin ha fatto una sorta di investitura nei suoi confronti: “Anima pura, personalità da veterano, innocenza da adolescente e spirito irriverente, Ezequiel Barco è il talento più brillante del calcio argentino e il ragazzino si è trasformato in un gigante al Maracanà”.
E se il suo futuro fosse in MLS?
Veniamo così a quella che potrebbe essere la prima vera incrinatura nella narrazione di Barco. Perché secondo diverse fonti in Argentina, a inizio dicembre l’Independiente aveva accettato un’offerta dall’Atlanta United da 12 milioni di dollari più bonus. La voce è rimbalzata in lungo e in largo al punto che sembrava ormai cosa fatta, ma dopo la prestazione nella finale di ritorno sembra il club argentino abbia deciso di giocare al rialzo – come già aveva fatto ai tempi della cessione di Aguero all’Atletico nel 2005 – chiedendo una cifra più vicina ai venti milioni.
In ogni caso, il futuro di Barco sembrerebbe essere destinato proprio agli Stati Uniti, come ha fatto intuire anche il suo allenatore Ariel Holan dopo la finale di ritorno: “Un giocatore con una personalità del genere a 18 anni dovrebbe giocare in Europa, ma spesso questi ragazzi vengono da famiglie umili e per questo hanno ansia di risolvere il loro futuro economico il prima possibile”.
Ma la scelta di Barco, al di là delle ragioni economiche di fondo, potrebbe non essere del tutto errata. Quella della Georgia è una franchigia ambiziosa al suo secondo anno di vita, con un gioco molto offensivo e un allenatore, il Tata Martino, che è anche un maestro di calcio, di quelli capaci di migliorare un ragazzo con le doti di Barco. Inoltre, nella rosa dei rossoneri, ci sono diversi sudamericani, Miguel Almiron su tutti, che potranno aiutarlo ad ambientarsi. Anche il suo gioco potrebbe beneficiare dall’incontro con le non irresistibili difese della MLS, possibilmente spingendolo a raffinare la fase realizzativa.
Certo sarebbe un peccato non vederlo in Europa e anche in caso di un periodo americano la speranza è che prima o poi Barco metta il suo talento alla prova delle migliori difese del mondo. La Major League, quindi, come tappa del suo percorso, non come destinazione. L’impressione, in realtà, è che per un talento così limpido non potrà che essere una questione di tempo.