Derby de Roma: c'eravamo tanto odiati, dal Duce a Sordi
CalcioStoria di una rivalità stracittadina senza eguali in Italia. Domenica alle 18.30 Lazio-Roma non significa solo una tappa sulla via dello scudetto, ma è fenomeno di costume, antropologia, rivalità politica. Da sempre. GUARDA I GOL DELLA SERIE A
DERBY ANTICIPATO: SI GIOCA ALLE 18.30
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L'aquila contro la lupa, Parioli contro Testaccio, il biancoceleste ellenico contro il sangue e l'oro della città eterna. Purché sia contro, è il derby di Roma, una storia da c'eravamo tanto odiati. Fatta sì di scherzi geniali, come quando i tifosi della Roma festeggiarono lo scudetto '82 murando il portone di casa di Silvio Piola a Fontana di Trevi, con l'ex laziale costretto a chiamare i vigili del fuoco. Ma anche di categorie sociali e dell'animo, tifo nobile e di strada, scene da film all'Alberto Sordi e terribili drammi come quello di Vincenzo Paparelli.
Un derby lungo un anno - La prima volta del derby più derby di tutti, quello con scarsa eco nazionale e infinita risonanza cittadina, l'unico che si gioca per un anno intero e il più scorretto politicamente, fu l'8 dicembre del '29. I borghesi di Flaminio e Parioli contro il popolo di Testaccio. Lo vinse la Roma con gol di 'sciabbolone' Volk sul campo Rondinelle, nel quartiere della Roma bene che dal 9 gennaio 1900 era culla dei laziali, innamorati dell'ideale ellenico e perciò biancocelesti.
Roma/Lazio andata & ritorno - Di qui l'orgoglio di aver portato per primi il calcio a Roma, di là lo sberleffo nato 27 anni dopo insieme con i giallorossi ("siete arrivati per primi, e non avete scelto i colori di Roma"). Al derby di ritorno, sul popolarissimo campo di Testaccio, andò in scena il primo di una serie innumerevole di incroci crudeli: 3-1 ancora per la Roma, con un gol di Fulvio 'Fuffo' Bernardini, da ragazzo portiere della Lazio e ora attaccante della Roma, lui che nel '58 si ritroverà poi ancora sulla panchina dei cugini laziali mentre 'Raggio di Luna' Selmosson aveva fatto il percorso inverso.
Quando il Duce cambiò il tifo - Tra gli estremi della parabola di Bernardini, la passione per la Lazio di Benito Mussolini, che una volta divenuto Duce getterà la tessera biancoceleste per una più acconcia e romana passione giallorossa: col contrappasso della leggenda che a favorire lo scudetto romanista del '42, il primo della storia, fosse stato proprio Palazzo Venezia. Non che mancassero i gerarchi-tifosi. Come il generale Giorgio Vaccaro, futuro presidente della Figc e laziale doc, che a bordo campo al Flaminio in un derby del maggio '31, scalciò lontano un pallone uscito fuori, su attacco romanista. Scoppiò il finimondo in campo, dovettero intervenire i carabinieri a cavallo.
Nel nome di Alberto Sordi - Passata la guerra, l'Italia della ricostruzione ha meno voglia di risse, meglio un calcio scanzonato. Come quando a fine anni '50 Renato Rascel riscrive per gioco le strofe di Arrivederci Roma, in un "A riveder la Roma domenica si va....per rivedere la sconfitta della Lazio". Sono gli anni di Alberto Sordi "Marito" romanista, che nell'omonimo film nel giorno del derby apostrofa dal balcone i tifosi laziali con un 'a profughi...'. La rivalità però torna a crescere, in misura inversamente proporzionale alla gloria. Così Giorgio Chinaglia fa bruciare nello spogliatoio le maglie dei compagni, rei di aver perso il primo derby della stagione '74, quella successiva al primo scudetto laziale. Il passaggio di Ciccio Cordova dalla Roma alla Lazio, due anni più tardi, farà scalpore; quello dell'ex laziale Manfredonia alla Roma nell'87 diventerà un vero e proprio caso di odio: "Ti accettiamo solo così", lo striscione con un'ascia esposto dai tifosi laziali al primo derby.
Il dramma di Paparelli - Immagine macabra, forse figlia del clima di odio acceso da quel terribile 28 ottobre del 1979: un razzo nautico sparato dalla Sud attraversa tutto il campo e colpisce in pieno il tifoso laziale Vincenzo Paparelli, uccidendolo. Passeranno 25 anni prima di rivivere qualcosa di vagamente simile, nel marzo 2004, quando la suggestione di un bambino morto fuori dallo stadio - notizia non vera - porterà al rinvio del derby, con tanto di tifosi scesi in campo a chiedere a Totti 'non giocate'.
I simboli Totti & Di Canio - A far da argine a tanta tensione al limite, la rivalità del campo. Come quando Paolo Di Canio segnò per la Lazio il gol vittoria nel primo derby dopo tre anni di esilio dalla A, e volò col dito puntato verso la Sud romanista. O come quando Totti mostrò la maglia 'vi ho purgato ancora'. Il derby dei derby si alimenta poi delle vittorie più inconsuete e dei conseguenti sfotto'. Come quella con autogol di Negro nell'anno dello scudetto Roma, quando al ritorno il 2-2 imposto dalla Lazio stava per rovinare la festa giallorossa. Quattro è il numero dei derby persi dall'ex laziale Zeman sulla panchina della Roma in un solo anno, quattro i gol infilati nella porta Lazio tutti in una volta dal romanista Montella. Numeri buoni per sfottersi, o per gettarsi nel Fontanone del Gianicolo come fece Delio Rossi (peraltro col dubbio che i tifosi rivali avessero rovinato il festeggiamento con l'additivo di un po' di liquido fisiologico).
E la saggezza di Andreotti... - In fondo, quello di Roma è l'unico derby italiano che ha avuto l'onore di esser preceduto da un messaggio del presidente del consiglio, nell"89. "Non famo scherzi...", concludeva per calmare i tifosi il premier di allora. Guarda caso, il romanista Giulio Andreotti.
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L'aquila contro la lupa, Parioli contro Testaccio, il biancoceleste ellenico contro il sangue e l'oro della città eterna. Purché sia contro, è il derby di Roma, una storia da c'eravamo tanto odiati. Fatta sì di scherzi geniali, come quando i tifosi della Roma festeggiarono lo scudetto '82 murando il portone di casa di Silvio Piola a Fontana di Trevi, con l'ex laziale costretto a chiamare i vigili del fuoco. Ma anche di categorie sociali e dell'animo, tifo nobile e di strada, scene da film all'Alberto Sordi e terribili drammi come quello di Vincenzo Paparelli.
Un derby lungo un anno - La prima volta del derby più derby di tutti, quello con scarsa eco nazionale e infinita risonanza cittadina, l'unico che si gioca per un anno intero e il più scorretto politicamente, fu l'8 dicembre del '29. I borghesi di Flaminio e Parioli contro il popolo di Testaccio. Lo vinse la Roma con gol di 'sciabbolone' Volk sul campo Rondinelle, nel quartiere della Roma bene che dal 9 gennaio 1900 era culla dei laziali, innamorati dell'ideale ellenico e perciò biancocelesti.
Roma/Lazio andata & ritorno - Di qui l'orgoglio di aver portato per primi il calcio a Roma, di là lo sberleffo nato 27 anni dopo insieme con i giallorossi ("siete arrivati per primi, e non avete scelto i colori di Roma"). Al derby di ritorno, sul popolarissimo campo di Testaccio, andò in scena il primo di una serie innumerevole di incroci crudeli: 3-1 ancora per la Roma, con un gol di Fulvio 'Fuffo' Bernardini, da ragazzo portiere della Lazio e ora attaccante della Roma, lui che nel '58 si ritroverà poi ancora sulla panchina dei cugini laziali mentre 'Raggio di Luna' Selmosson aveva fatto il percorso inverso.
Quando il Duce cambiò il tifo - Tra gli estremi della parabola di Bernardini, la passione per la Lazio di Benito Mussolini, che una volta divenuto Duce getterà la tessera biancoceleste per una più acconcia e romana passione giallorossa: col contrappasso della leggenda che a favorire lo scudetto romanista del '42, il primo della storia, fosse stato proprio Palazzo Venezia. Non che mancassero i gerarchi-tifosi. Come il generale Giorgio Vaccaro, futuro presidente della Figc e laziale doc, che a bordo campo al Flaminio in un derby del maggio '31, scalciò lontano un pallone uscito fuori, su attacco romanista. Scoppiò il finimondo in campo, dovettero intervenire i carabinieri a cavallo.
Nel nome di Alberto Sordi - Passata la guerra, l'Italia della ricostruzione ha meno voglia di risse, meglio un calcio scanzonato. Come quando a fine anni '50 Renato Rascel riscrive per gioco le strofe di Arrivederci Roma, in un "A riveder la Roma domenica si va....per rivedere la sconfitta della Lazio". Sono gli anni di Alberto Sordi "Marito" romanista, che nell'omonimo film nel giorno del derby apostrofa dal balcone i tifosi laziali con un 'a profughi...'. La rivalità però torna a crescere, in misura inversamente proporzionale alla gloria. Così Giorgio Chinaglia fa bruciare nello spogliatoio le maglie dei compagni, rei di aver perso il primo derby della stagione '74, quella successiva al primo scudetto laziale. Il passaggio di Ciccio Cordova dalla Roma alla Lazio, due anni più tardi, farà scalpore; quello dell'ex laziale Manfredonia alla Roma nell'87 diventerà un vero e proprio caso di odio: "Ti accettiamo solo così", lo striscione con un'ascia esposto dai tifosi laziali al primo derby.
Il dramma di Paparelli - Immagine macabra, forse figlia del clima di odio acceso da quel terribile 28 ottobre del 1979: un razzo nautico sparato dalla Sud attraversa tutto il campo e colpisce in pieno il tifoso laziale Vincenzo Paparelli, uccidendolo. Passeranno 25 anni prima di rivivere qualcosa di vagamente simile, nel marzo 2004, quando la suggestione di un bambino morto fuori dallo stadio - notizia non vera - porterà al rinvio del derby, con tanto di tifosi scesi in campo a chiedere a Totti 'non giocate'.
I simboli Totti & Di Canio - A far da argine a tanta tensione al limite, la rivalità del campo. Come quando Paolo Di Canio segnò per la Lazio il gol vittoria nel primo derby dopo tre anni di esilio dalla A, e volò col dito puntato verso la Sud romanista. O come quando Totti mostrò la maglia 'vi ho purgato ancora'. Il derby dei derby si alimenta poi delle vittorie più inconsuete e dei conseguenti sfotto'. Come quella con autogol di Negro nell'anno dello scudetto Roma, quando al ritorno il 2-2 imposto dalla Lazio stava per rovinare la festa giallorossa. Quattro è il numero dei derby persi dall'ex laziale Zeman sulla panchina della Roma in un solo anno, quattro i gol infilati nella porta Lazio tutti in una volta dal romanista Montella. Numeri buoni per sfottersi, o per gettarsi nel Fontanone del Gianicolo come fece Delio Rossi (peraltro col dubbio che i tifosi rivali avessero rovinato il festeggiamento con l'additivo di un po' di liquido fisiologico).
E la saggezza di Andreotti... - In fondo, quello di Roma è l'unico derby italiano che ha avuto l'onore di esser preceduto da un messaggio del presidente del consiglio, nell"89. "Non famo scherzi...", concludeva per calmare i tifosi il premier di allora. Guarda caso, il romanista Giulio Andreotti.