Sindrome da reti bianche, complesso da 1-0: è la Serie A

Calcio
Parma e Chievo collezionano parecchi 0-0. Lo scontro tra le due squadre è finito a reti bianche sia all'andata che al ritorno
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Ritratto psicologico del nostro campionato: il 10% delle partite termina senza reti, una su quattro finisce 1-0. Ben altra storia nel resto d'Europa, dove fioccano i gol. Siamo ancora i soliti italiani catenacciari? A vedere l'Udinese sembrerebbe di no

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di Vanni Spinella

Per fortuna che c’è l’Udinese. Se non fosse per la macchina da gol ideata da Guidolin, chissà dove finiremmo. I numeri della nostra Serie A sono impietosi e dicono che abbiamo un problema, anzi, due.
E ci restituiscono il ritratto di un'Italia calcistica che non riesce a scrollarsi di dosso l'etichetta di catenacciara. "Primo: non prenderle" resta il nostro comandamento principale, mentre nel resto d'Europa vige la legge del "farne uno in più degli altri".

In Italia si segna poco, e questo è un dato di fatto.
Il confronto con gli altri grandi campionati europei non lascia spazio a interpretazioni: in 29 giornate di Serie A (290 partite) sono stati realizzati esattamente 700 gol, cioè 2.41 a partita.
Medie che crescono in Spagna (2.70) e Inghilterra (2.77), lievitando in Bundesliga, dove si viaggia a quasi 3 gol a incontro (2.97).
In Germania, addirittura, sono stati già segnati 696 gol: quasi come i nostri, ma con 56 partite disputate in meno.
A salvarci, si diceva, le ultime goleade dell’Udinese, l’Inter di Leonardo (attacco atomico e difesa allegra), l'anno d'oro di Cavani.

Perché il dato veramente allarmante è un altro, e si chiama “sindrome da reti bianche”.
Delle 290 partite finora disputate in Serie A, 29 (il 10%) sono terminate 0-0. Praticamente, per ogni giornata c’è una partita che finisce senza gol.
Un dato che ci differenzia nettamente dal resto d’Europa, dove si va in bianco con percentuali molto più basse: 6.60% in Premier League, 6.79% nella Liga, 5.13% in Bundesliga.
Il problema è che erano anni che gli “0-0” non toccavano soglie così allarmanti, in Italia. Più o meno da quando la vittoria valeva 2 punti e il pareggio, di conseguenza, era una mezza vittoria. Lo 0-0 era un risultato prezioso, e non è un caso che nel 1993-94 (ultima stagione con i 2 punti per vittoria) le partite finite a reti bianche siano state il 12.42%. L’anno dopo, con la rivoluzione dei 3 punti, scesero all’8.82% e si assestarono attorno a questa percentuale nelle stagioni successive.
Con un paio di eccezioni: nel 1996-97 (10.13%) e nel 2006-2007 (10.26%). Campionato strano, quest’ultimo, con la Juve in B e senza un vero grande bomber in cima alla classifica cannonieri (la vinse Totti).

Il secondo problema del nostro campionato è il “complesso dell’1-0”, che poi così complesso non è.
In realtà la faccenda è molto semplice: in Italia quasi il 23% delle partite finisce con un solo gol segnato nell’arco dei 90’. Praticamente una su quattro.
Anche in questo caso, il confronto con l’Europa ci vede uscire con le ossa a pezzi: gli incontri con un solo gol scendono al 18% in Spagna, al 17% in Germania, al 15% in Inghilterra.

E non è finita: perché il nostro è l’unico campionato in cui la maggior parte delle partite termina con due reti al massimo. In Bundesliga, risultati “classici” come 0-0, 1-0, 1-1, 2-0 sono eccezioni, non la regola. E il 72% delle partite sono festival del gol.
Forse Inter-Schalke servirà anche a questo: a capire chi ha ragione, tra i timorosi italiani e gli spavaldi tedeschi.