Vicenza, Roma, Venezia, Inter: quando passa lo straniero
CalcioCAPITALI STRANIERI. Ben prima di Thohir arrivarono gli inglesi: Enic rilevò il club veneto, non fallì ma si stancò presto. Nella Capitale i denari americani iniziano ora a dare i primi frutti. In Laguna il club è russo. Azionisti solidi, non tycoon
di Lorenzo Longhi
Erick Thohir, a suo modo, è un'avanguardia, ed anche per questo il business sportivo del primo proprietario d'Oriente di un club italiano sarà oggetto di attenzione e analisi, tanto nella qualità quanto - si perdoni il gioco di parole - nella quantità. Perché è proprio quest'ultimo tema la grande incognita dell'Inter del futuro: sarà, in meri termini di potenza di fuoco e non di merito, un nuovo Abramovich o "solo" un nuovo Moratti?
ROMA MADE IN USA - Thohir entra nel calcio italiano senza dover scontare la diffidenza dell'essere in assoluto il primo azionista di riferimento straniero di un club nostrano. Di certo lo fa nell'Inter, e questo è un salto di qualità: prima dei nerazzurri, era stata la Roma a lasciar... passare lo straniero, quando nel 2011 la maggioranza delle quote societarie, in vendita, finirono in mani americane con l'arrivo nella Capitale di un gruppo statunitense il cui frontman era Thomas Dibenedetto. La significativa stampella di Unicredit, che era rimasta proprietaria del 40%, ha consentito agli americani di proseguire nel percorso, sino ad arrivare al 69% delle quote (con l'istituto bancario al 31%). La Roma a stelle e strisce ha cominciato a consolidarsi: il piano ha previsto il passaggio di consegne da Dibenedetto al socio Pallotta, tutto secondo programma. I tifosi, nel frattempo, hanno capito una cosa: il progetto degli statunitensi è, appunto, americano, improntato allo sport business. Il budget non è principesco, l'idea è di sostenibilità. Dopo due anni di alti e bassi, ora si iniziano a vedere i primi frutti. E il progetto stadio, a Tor Vergata, potenzia l'idea di consolidamento.
IL VICENZA INGLESE - A fine anni '90 gli inglesi scesero a Vicenza e, per la prima volta, un club italiano ebbe una maggioranza estera. Il club biancorosso, pur avendo appena vinto una storica Coppa Italia, navigava in acque agitate e così il gruppo finanziario petrolifero britannico Enic (che aveva fra i soci anche la English National Investment Company, già proprietaria del 25% dei Rangers) rilevò la società dalla famiglia Dalle Carbonare. All'inizio andò tutto bene e il Vicenza arrivò sino alla semifinale di Coppa delle Coppe, poi Enic inizò poco alla volta a diminuire gli investimenti. I tifosi non lo accettarono e, nel 2004, il club tornò in mano ad imprenditori locali. Riletta oggi, fu un'avventura non pessima, ma prematura.
VENEZIA RUSSO - Dopo anni più che mesti, dall'addio di Zamparini in avanti, il Venezia (oggi Unione Venezia) si sta riscattando grazie ai russi. L'uomo di punta è l'immobiliarista Yuri Korablin, 53enne ex deputato alla Duma, e nella compagine societaria ci sono i connazionali Balashov e Samokhin: in due anni, dalla D, il Venezia è arrivato alla Prima Divisione e non nasconde le ambizioni, Perché Venezia? Perché la città, per i russi, è già di per sé un brand di successo e, considerando che in Laguna da decenni si parla di un nuovo stadio, la presenza di Korablin potrebbe far spingere il pedale sull'acceleratore: il progetto è già stato presentato.
MONZA ANGLO-BRASILIANO - Il penultimo arrivato, fra gli stranieri padroni di squadre italiane, è Anthony Armstrong Emery, nome british ma volto decisamente sudamericano: è il patron del Monza ("Monza significa Formula 1, significa Milano, dunque significa moda", spiega) dalla scorsa estate, ma è anche il presidente di un club brasiliano, l'Alecrim. Personaggio singolare, amante del calcio e delle auto italiane (gira su una Ferrari 458 Italia), giura di avere un piano di sviluppo. Funzionerà?
Erick Thohir, a suo modo, è un'avanguardia, ed anche per questo il business sportivo del primo proprietario d'Oriente di un club italiano sarà oggetto di attenzione e analisi, tanto nella qualità quanto - si perdoni il gioco di parole - nella quantità. Perché è proprio quest'ultimo tema la grande incognita dell'Inter del futuro: sarà, in meri termini di potenza di fuoco e non di merito, un nuovo Abramovich o "solo" un nuovo Moratti?
ROMA MADE IN USA - Thohir entra nel calcio italiano senza dover scontare la diffidenza dell'essere in assoluto il primo azionista di riferimento straniero di un club nostrano. Di certo lo fa nell'Inter, e questo è un salto di qualità: prima dei nerazzurri, era stata la Roma a lasciar... passare lo straniero, quando nel 2011 la maggioranza delle quote societarie, in vendita, finirono in mani americane con l'arrivo nella Capitale di un gruppo statunitense il cui frontman era Thomas Dibenedetto. La significativa stampella di Unicredit, che era rimasta proprietaria del 40%, ha consentito agli americani di proseguire nel percorso, sino ad arrivare al 69% delle quote (con l'istituto bancario al 31%). La Roma a stelle e strisce ha cominciato a consolidarsi: il piano ha previsto il passaggio di consegne da Dibenedetto al socio Pallotta, tutto secondo programma. I tifosi, nel frattempo, hanno capito una cosa: il progetto degli statunitensi è, appunto, americano, improntato allo sport business. Il budget non è principesco, l'idea è di sostenibilità. Dopo due anni di alti e bassi, ora si iniziano a vedere i primi frutti. E il progetto stadio, a Tor Vergata, potenzia l'idea di consolidamento.
IL VICENZA INGLESE - A fine anni '90 gli inglesi scesero a Vicenza e, per la prima volta, un club italiano ebbe una maggioranza estera. Il club biancorosso, pur avendo appena vinto una storica Coppa Italia, navigava in acque agitate e così il gruppo finanziario petrolifero britannico Enic (che aveva fra i soci anche la English National Investment Company, già proprietaria del 25% dei Rangers) rilevò la società dalla famiglia Dalle Carbonare. All'inizio andò tutto bene e il Vicenza arrivò sino alla semifinale di Coppa delle Coppe, poi Enic inizò poco alla volta a diminuire gli investimenti. I tifosi non lo accettarono e, nel 2004, il club tornò in mano ad imprenditori locali. Riletta oggi, fu un'avventura non pessima, ma prematura.
VENEZIA RUSSO - Dopo anni più che mesti, dall'addio di Zamparini in avanti, il Venezia (oggi Unione Venezia) si sta riscattando grazie ai russi. L'uomo di punta è l'immobiliarista Yuri Korablin, 53enne ex deputato alla Duma, e nella compagine societaria ci sono i connazionali Balashov e Samokhin: in due anni, dalla D, il Venezia è arrivato alla Prima Divisione e non nasconde le ambizioni, Perché Venezia? Perché la città, per i russi, è già di per sé un brand di successo e, considerando che in Laguna da decenni si parla di un nuovo stadio, la presenza di Korablin potrebbe far spingere il pedale sull'acceleratore: il progetto è già stato presentato.
MONZA ANGLO-BRASILIANO - Il penultimo arrivato, fra gli stranieri padroni di squadre italiane, è Anthony Armstrong Emery, nome british ma volto decisamente sudamericano: è il patron del Monza ("Monza significa Formula 1, significa Milano, dunque significa moda", spiega) dalla scorsa estate, ma è anche il presidente di un club brasiliano, l'Alecrim. Personaggio singolare, amante del calcio e delle auto italiane (gira su una Ferrari 458 Italia), giura di avere un piano di sviluppo. Funzionerà?