Tavecchio e la voragine che separa il Palazzo dalla realtà

Calcio
Carlo Tavecchio e Demetrio Albertini, i due candidati in corsa per la presidenza Figc

Io vado avanti, ha ripetuto il candidato presidente Figc dopo i siluri di Fifa e Ue. Perché le associazioni di società, dalla A alla terza categoria, si considerano una repubblica a parte. Con altre regole e altri princìpi. Una repubblica delle banane

di Massimo Corcione

C’è una voragine che separa il Palazzo del calcio dal resto del mondo. Un buco profondissimo che nulla riesce a colmare. La vicenda della candidatura Tavecchio ne è l’ultima prova. La Fifa chiede di saperne di più sulla frase del mangia banane; l’Unione Europea attraverso il suo portavoce esprime una pubblica condanna che dal punto di vista morale varrà pure qualcosa; i giornali raccontano di relazioni pericolose tra il candidato Tavecchio e coloro che approntano campi in erba sintetica e li vendono ai piccoli comuni che alimentano il calcio dilettantistico di cui sempre Tavecchio è sovrano più che presidente; si ricordano precedenti giudiziari un po’ più gravi di una multa non pagata: è solo una parte dell’elenco, ma basterebbe a far arrossire chi si presenta a un’elezione per governare il calcio italiano in preda a una crisi di idee; dovrebbe soprattutto bastare a chi lo propone (le quattro leghe) per ritirare l’appoggio.

In un paese normale andrebbe così, magari giovedì il presidente Malagò, garante dello sport in Italia, proverà anche a dirlo quando riceverà Tavecchio e Albertini. Ma il tono del consiglio amichevole non sarà sufficiente, a lui si chiede un intervento, non una paternale.

Io vado avanti, ha ripetuto Tavecchio dopo i siluri partiti da Fifa e Unione Europea, noi siamo con lui, hanno ripetuto i presidenti delle quattro associazioni di società, dalla serie A alla terza categoria che evidentemente non leggono, non ascoltano, oppure semplicemente se ne fregano. Si considerano una repubblica a parte con altre regole e altri principi morali. Una repubblica delle banane.