Il calcio secondo Pinardi: "Lo cambierei così..."
CalcioL'INTERVISTA. Ex Atalanta, Lecce e Cagliari, oggi gioca in Lega Pro con la FeralpiSalò: "Nuova esperienza e anche un nuovo ruolo". E sul pallone italiano dice: "Si dà spazio ai giovani solo a parole, ma ecco cosa si può fare"
Alex Pinardi è uno di quei calciatori con un trascorso importante e sui quali, prima o poi, la domanda te la fai: ma che cavolo di fine ha fatto? La risposta è semplice e arriva dal Lago di Garda: Alex gioca con la FeralpiSalò e non ha nessuna voglia di smettere. Un passato, poi non così lontano nelle serie più importanti, e un presente che lo vede protagonista in Lega Pro.
Com'è finito alla FeralpiSalò?
"Due anni fa ero ancora in Serie B, e ancora prima c'era una possibilità di andare al West Ham con l'operazione che Cellino stava cercando di portare avanti in Inghilterra. Comunque, tornando al Vicenza, con Breda in panchina nel 2013 ero diventato anche capitano. Poi una discussione con la dirigenza e finisco sul mercato: prestito alla Cremonese, poi alla FeralpiSalò e oggi il mio cartellino è interamente di questa società".
Non è una realtà un po' stretta per uno che ha giocato in A?
"Sinceramente sono molto contento. Come tutte le scelte fatte nella mia carriera, anche quella della FeralpiSalò è legata alla mia famiglia. Poi ci sono i risultati della squadra, davvero niente male, e l'ambiente che si è creato".
E che ambiente è?
"In una parola, fantastico. Gruppo unito e grande rispetto tra tutti. E' il il nostro segreto, la nostra arma in più".
Oltre alla categoria, cos'altro è cambiato nella carriera di Pinardi?
"Il ruolo. Ora gioco davanti alla difesa e i risultati sono buoni. L'avessi fatto prima. Per il resto mi alleno con il solito impegno e la solita passione. Arrivo per primo al campo, spesso sono l'ultimo ad andare via e cerco di mantenere alto il morale dello spogliatoio. Insomma, sono sempre io con qualche anno in più. E spero si possa continuare così per almeno un altro paio di stagioni".
Com'è messo il calcio italiano?
"C'è tanto da cambiare. Sono tornato a far parte dell'Assocalciatori da poco, come tesserato intendo, forse perché deluso dal sistema pallone. Per me una questione urgente resta quella dei giovani, ai quali si dà spazio solo a parole. Prendiamo troppi stranieri, e non tutti validi, snobbando ciò che succede nei campi di periferia delle nostre città. Mancano i talent scout, quelli veri, quelli che una volta andavano a caccia di nuove promesse. Il fuoriclasse nasce una volta ogni cento anni, ok, ma i club si fanno sfuggire tanti buoni giocatori prediligendo le logiche delle plus e delle minusvalenze".
Ha in mente una soluzione?
"Penso a quello che succede in Lega Pro con il contributo alle squadre per schierare un certo numero di under. Ne colgo il senso, certo, ma quale effettiva crescita c'è per i ragazzi? Il rischio è che tutto si riduca all'opportunità di far cassa, mentre queste cifre andrebbero dirottate sullo sviluppo dei vivai. Per rilanciare il movimento si deve passare da qui".
Che idea s'è fatto della Prima Divisione?
"Campionato non facile, reso più imporante da club blasonati come la Cremonese, il Pisa, la Spal, la Salernitana, il Benevento. L'elenco è davvero lungo. Ognuna di loro dà lustro al torneo ed è uno stimolo anche per chi deve affrontarle".
Il fatto che siano lì, però, non è un altro segnale della crisi?
"Sì, non c'è dubbio. E la tendenza può essere invertita solo attraverso la competenza, i programmi, l'organizzazione e, come dicevo prima, i buoni osservatori".
Chi è Alex Pinardi oggi? E cosa farà tra tre-quattro stagioni?
"Resterò nel calcio. Mi piacerebbe allenare e magari misurarmi anche nel ruolo di commentatore. Oggi sono una persona serena grazie soprattutto alla mia famiglia. Non ho rimpanti, mi diverto ancora a giocare e mi sento anche un 'Matto da Lega Pro'...".
Com'è finito alla FeralpiSalò?
"Due anni fa ero ancora in Serie B, e ancora prima c'era una possibilità di andare al West Ham con l'operazione che Cellino stava cercando di portare avanti in Inghilterra. Comunque, tornando al Vicenza, con Breda in panchina nel 2013 ero diventato anche capitano. Poi una discussione con la dirigenza e finisco sul mercato: prestito alla Cremonese, poi alla FeralpiSalò e oggi il mio cartellino è interamente di questa società".
Non è una realtà un po' stretta per uno che ha giocato in A?
"Sinceramente sono molto contento. Come tutte le scelte fatte nella mia carriera, anche quella della FeralpiSalò è legata alla mia famiglia. Poi ci sono i risultati della squadra, davvero niente male, e l'ambiente che si è creato".
E che ambiente è?
"In una parola, fantastico. Gruppo unito e grande rispetto tra tutti. E' il il nostro segreto, la nostra arma in più".
Oltre alla categoria, cos'altro è cambiato nella carriera di Pinardi?
"Il ruolo. Ora gioco davanti alla difesa e i risultati sono buoni. L'avessi fatto prima. Per il resto mi alleno con il solito impegno e la solita passione. Arrivo per primo al campo, spesso sono l'ultimo ad andare via e cerco di mantenere alto il morale dello spogliatoio. Insomma, sono sempre io con qualche anno in più. E spero si possa continuare così per almeno un altro paio di stagioni".
Com'è messo il calcio italiano?
"C'è tanto da cambiare. Sono tornato a far parte dell'Assocalciatori da poco, come tesserato intendo, forse perché deluso dal sistema pallone. Per me una questione urgente resta quella dei giovani, ai quali si dà spazio solo a parole. Prendiamo troppi stranieri, e non tutti validi, snobbando ciò che succede nei campi di periferia delle nostre città. Mancano i talent scout, quelli veri, quelli che una volta andavano a caccia di nuove promesse. Il fuoriclasse nasce una volta ogni cento anni, ok, ma i club si fanno sfuggire tanti buoni giocatori prediligendo le logiche delle plus e delle minusvalenze".
Ha in mente una soluzione?
"Penso a quello che succede in Lega Pro con il contributo alle squadre per schierare un certo numero di under. Ne colgo il senso, certo, ma quale effettiva crescita c'è per i ragazzi? Il rischio è che tutto si riduca all'opportunità di far cassa, mentre queste cifre andrebbero dirottate sullo sviluppo dei vivai. Per rilanciare il movimento si deve passare da qui".
Che idea s'è fatto della Prima Divisione?
"Campionato non facile, reso più imporante da club blasonati come la Cremonese, il Pisa, la Spal, la Salernitana, il Benevento. L'elenco è davvero lungo. Ognuna di loro dà lustro al torneo ed è uno stimolo anche per chi deve affrontarle".
Il fatto che siano lì, però, non è un altro segnale della crisi?
"Sì, non c'è dubbio. E la tendenza può essere invertita solo attraverso la competenza, i programmi, l'organizzazione e, come dicevo prima, i buoni osservatori".
Chi è Alex Pinardi oggi? E cosa farà tra tre-quattro stagioni?
"Resterò nel calcio. Mi piacerebbe allenare e magari misurarmi anche nel ruolo di commentatore. Oggi sono una persona serena grazie soprattutto alla mia famiglia. Non ho rimpanti, mi diverto ancora a giocare e mi sento anche un 'Matto da Lega Pro'...".