2011-2015, dallo Scudetto a oggi: c'era una volta il Milan

Calcio

Alfredo Corallo

Il Milan e Pippo Inzaghi presentati nella nuova sede il 10 luglio
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INFOGRAFICA. Il titolo vinto da Allegri, le sfide in Champions con Barcellona e Real: sembra passata una vita. Come l'anno scorso, con Seedorf, i rossoneri viaggiano a metà classifica e se Inzaghi non farà risultato a Firenze saranno guai

"Con papà e Pippo è tornato l'entusiasmo". Già. Sono trascorsi soltanto 8 mesi, ma sembra passata una vita da quel 10 luglio a Casa Milan, nel giorno della presentazione della squadra e di Inzaghi accolto come l'uomo della provvidenza. I selfie con i tifosi, Barbara raggiante in maglia rossonera, il sorriso ritrovato di Adriano Galliani e di Silvio  Berlusconi dopo una stagione fallimentare, conclusa ai margini dell'Europa. E invece, dopo il pareggio interno di sabato scorso con il Verona, siamo ai processi e ai proclami da ultima spiaggia, lunedì a Firenze, perché il Milan ha vinto solo due volte nel 2015 (con Parma e Cesena, in casa) raccogliendo in tutto 35 punti in 26 partite, il minimo storico da quando la vittoria ne vale 3 (dal 1994-95).

Eppure il 2014 si era chiuso bene, con il successo al Meazza contro il Napoli e il pareggio all'Olimpico con la Roma. Per riprendere nuovamente la parabola discendente allo scoccare della mezzanotte: le prime quattro partite dell'anno senza vincere, non gli accadeva dal 1941.

C'eravamo tanto amati. Clarence Seedorf, per dire, aveva fatto gli stessi punti in "sole" 19 giornate, l'intero girone di ritorno del post-Allegri. Ma la coesistenza tra l'olandese e la famiglia - e parte dello spogliatoio - si era fatta insostenibile. Era sbarcato a Linate nel delirio generale esattamente un mese dopo la nomina a vice presidente e ammistratore delegato di BB al fianco di Galliani. Una storia d'amore durata un decennio che si autodistruggerà in poche settimane, finendo in mano agli avvocati (il tecnico ha un contratto fino al 2016 a 2,5 milioni di euro, e se intenderà rispettarlo...).

Saranno mesi di dispetti e costanti incomprensioni: sulle scelte tattiche di Seedorf (Berlusconi non sopportava che Balotelli e Pazzini non giocassero insieme); la richiesta di un super staff, giudicata esagerata per le casse milaniste; il rapporto non proprio idilliaco con Galliani e Mauro Tassotti; qualche battuta un po' troppo pungente (al termine della sua prima giornata ai servizi sociali di Cesano Boscone, il Cavaliere: "Oggi ho incontrato molte persone che potrebbero gestire bene lo spogliatoio rossonero..."). Insomma, tanto valeva che si tenessero Allegri.

La "vendetta" di Max. Ma Allegri ha trovato di meglio, anzi di più. Dall'esonero del 13 gennaio ha dovuto aspettare soltanto giugno che puntuale è arrivata la chiamata della Juventus. Beppe Marotta e Andrea Agnelli lo avevano già "battezzato" come prossimo allenatore dei bianconeri nel caso in cui Antonio Conte fosse andato via. E, finora, i numeri stanno dando ragione al club torinese.

Con il Milan Max aveva vinto lo scudetto al primo colpo, nel 2011, e adesso ce l'ha praticamente cucito sul petto. E' vero, anche stavolta può disporre dell'organico migliore (a Milano aveva i vari Ibrahimovic, Thiago Silva, lo stesso Inzaghi, che fece in tempo a segnare due gol al Real Madrid prima della lesione al crociato), ma ciò non giustifica l'ultimo anno e mezzo da metà classifica e il rischio concreto di rimanere ancora esclusi dal giro europeo. Ora Pippo si gioca tutto, e proprio contro il maggiore indiziato alla panchina rossonera - Ancelotti permettendo - per la prossima stagione: Vincenzo Montella. La "passione" di Silvio.


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