Andrea Pirlo ha associato in maniera indissolubile il suo nome ai calci di punizione. In occasione della sua partita d'addio abbiamo scelto le dieci migliori punizioni della sua carriera
Quando pensiamo ad Andrea Pirlo, per prima cosa pensiamo al modo unico in cui il pallone usciva dal suo piede. Di tutte le sue qualità, il rapporto speciale che aveva col pallone era la più sensazionale. Pirlo ha trattato la sfera come l'oggetto di un lungo e metodico esperimento scientifico che non si è mai interrotto. Nel corso degli anni ha calciato il pallone con ogni parte del piede ricavandone sempre il massimo in termini di efficienza e traiettorie, come un golfista abilissimo nello scegliere il ferro più adatto ad ogni tipo di colpo. Questa sua incredibile capacità ce la siamo goduta in tutte le sue giocate e probabilmente non dimenticheremo mai la precisione dei suoi lanci: ma più di tutto l’abbiamo apprezzata nel modo in cui batteva i calci di punizione.
Le punizioni di Pirlo erano belle da vedere anche quando non segnava, erano belle persino quando ti segnava contro. A vederle dal vivo lasciavano una sensazione di straniamento, come se per quei pochi secondi le leggi della fisica fossero sospese. Sopra la barriera, sotto la barriera, sul lato del portiere, di potenza o di fioretto, in carriera Andrea Pirlo ha segnato più di 40 gol su punizione, associando il suo nome alla specialità più di ogni altro. Per celebrarlo nel giorno della sua partita di addio al calcio abbiamo deciso di dedicare un tributo alle migliori 10, ma solo perché a metterle tutte rischieremmo di far tardi alla “Notte del Maestro”.
Brescia-Bologna, 26 aprile 1998
Il secondo gol di Pirlo su punizione in Serie A, in una partita che vede Roberto Baggio (con la maglia del Bologna) segnare 2 gol davanti a Cesare Maldini per convincerlo a portarlo ai Mondiali francesi. Pirlo ha solo 18 anni ed è un trequartista di talento e prospettiva, che in Baggio vede sicuramente un punto di riferimento. I due si ritroveranno al Brescia 4 anni dopo e proprio la loro convivenza farà arretrare il raggio d’azione di Pirlo, che da centrocampista costruirà una carriera incredibile.
Il suo modo di calciare è ancora scevro di tutte le architetture barocche che aggiungerà con il tempo, i palloni sono ancora gonfi e pesanti, ignari delle traiettorie che prenderanno nel nuovo millennio. Andrea entra nel secondo tempo e al minuto 79’ riapre la partita con questo calcio di punizione secco e preciso che sembra tirato con le mani. Sterchele non vede il pallone partire, coperto da una folta barriera, ma non lo vede neanche arrivare. Rimane immobile, spettatore di una storia che i portieri impareranno a conoscere bene.
Italia U21-Repubblica Ceca U21, 4 giugno 2000
Andrea Pirlo è stato uno dei migliori giocatori a livello Under-21 della storia della nostra nazionale. In 37 partite ha segnato 15 gol (mai altrove terrà medie simili), ma soprattutto ha guidato l'Italia alla vittoria dell’Europeo di categoria del 2000 con delle prestazioni decisive che gli sono valse il titolo di capocannoniere della competizione.
Questo gol è arrivato all’81’ della finale contro la Repubblica Ceca sul risultato di 1 a 1 risultando quindi decisivo per la vittoria finale dell’Italia per 2 a 1. È prima di tutto un gol importante, importantissimo, ma è anche una punizione calciata magistralmente.
Notate la cura con cui Pirlo raccoglie le informazioni prima di calciare: guarda il portiere, poi guarda il pallone, poi di nuovo il portiere e il pallone, mentre la sua respirazione rimane calma e costante. Sembra quasi un esercizio ipnotico. Pirlo ha visualizzato perfettamente la traiettoria da far percorrere al pallone, una parabola di 25 metri che deve scavalcare la barriera sopra il secondo uomo da destra e poi rientrare abbastanza da finire la sua corsa il più vicino possibile all’incrocio destro.
Ed è esattamente così che va. In telecronaca Arrigo Sacchi strilla “e c’è, e c’è, e c’è” ben prima del gol, tanto il pallone esce bene dal suo piede. Il calcio di Pirlo sembra teleguidato, il portiere rinuncia prestissimo, lascia andare le gambe senza tuffarsi e si accascia a terra battuto. Prima della “maledetta”, dei palloni che sembrano usciti da una allucinazione, ad appena 21 anni Andrea Pirlo è già un maestro delle traiettorie e delle parabole.
Atalanta-Milan, 20 ottobre 2002
Ogni tiro che prima di entrare in porta colpisce il palo e la traversa, è un tiro che vale la pena guardare almeno un paio di volte in più. Questa punizione di Pirlo lo fa con una leggerezza eterea, supera la riga di pochi centimetri, come non volesse disturbare nessuno nella sua traiettoria verso il gol (ne segnerà uno simile tantissimi anni dopo in un derby contro il Torino).
Pirlo sta già ritoccando il suo modo di calciare. La rincorsa è sulle punte, la gamba è quasi bloccata, sembra scavare sotto il pallone più che colpirlo d’interno collo come nel gol con la Repubblica Ceca. Il risultato però non cambia: Taibi può solo far finta di non aver visto il pallone entrare.
Milan-Lecce, 26 novembre 2005
A un certo punto, dal nulla, è arrivata la “maledetta”. Il nome - reso famoso dal telecronista Fabio Caressa - ben si sposa con questo modo di calciare che Pirlo ha fatto suo (mutuando il metodo di un altro grande tiratore di punizioni, Juninho Pernambucano) e che non ha mai più abbandonato del tutto.
Nella sua biografia Pirlo spiega così la “maledetta”: «La palla andava calciata da sotto, usando le prime tre dita del piede. E il piede andava tenuto il più dritto possibile e poi rilasciato con un colpo secco. In quel modo la palla in aria restava ferma e, a un certo punto, scendeva velocemente verso la porta, girando con l’effetto». Insomma dal piede di Pirlo smettono di uscire parabole e iniziano a uscire bisce.
Il periodo di massima efficienza della “maledetta” su punizione è racchiudibile tra il 6 novembre 2005 e il 18 dicembre dello stesso anno, durante il quale segna 4 punizioni-fotocopia contro Udinese, Lecce, Schalke 04 e Messina. Tutte calciate allo stesso modo, tutte con i portieri mandati a raccogliere le farfalle (il più divertente è Storari).
Ho scelto di inserire in questa classifica quella contro il Lecce, un po’ perché si deve scegliere, un po’ perché più delle altre sembra il tratto rapido e preciso di un artista. Il pallone cambia rotazione e traiettoria all’improvviso, piega verso destra come l’acqua di un ruscello costretta a seguire il suo corso spinta da forze inspiegabili. Sicignano neanche ci prova, che ci vuoi provare, e la palla va a infilarsi nell’angolo basso alla sua sinistra. Ed è proprio dove va a finire la sua corsa che rende questa punizione così bella: quante volte in vita vostra avete visto un tiro partire dalla destra del portiere, scavalcare la barriera e poi finire la sua corsa alla sua sinistra, in basso?
Milan-Liverpool, 23 maggio 2007
Ma forse la punizione che i tifosi milanisti ricordano con più gioia è questa contro il Liverpool, nella finale di Champions del 2007. È una punizione che Pirlo decide di calciare con l’interno del piede sul palo del portiere, invece di provare a scavalcare la barriera come altre mille volte da quella posizione.
A Pirlo andrebbe chiesto in base a cosa decideva, di volta in volta, il modo in cui tirare un calcio di punizione avendo a disposizione una gamma di scelte così vasta. Studiava prima i portieri? Guardava la composizione della barriera? Oppure si lasciava guidare dal suo istinto, dalle sensazioni?
La scelta in questo caso sembra molto conservativa (tirare sul palo del portiere è il metodo più sicuro per centrare lo specchio della porta), ma soprattutto sembra dovuta alla foltissima barriera messa da Reina, che tra lui e il giocatore del Milan mette ben 8 giocatori.
Pirlo sceglie di calciare sul palo di Reina nella speranza di prenderlo in controtempo, ma Reina è così coperto che non vede assolutamente partire il pallone, tanto che si muoverà proprio mentre questo impatta la faccia di Inzaghi. Quello che l’attaccante del Milan ha chiamato “uno schema” (che si ripeterà uguale contro Inter ed Empoli) racconta forse più del talento invisibile di Super Pippo, ma è anche figlio della capacità di Pirlo di incutere terrore con il pallone fermo.
Se Reina avesse messo meno uomini in barriera, Inzaghi avrebbe avuto la libertà di tagliare verso la porta così liberamente? Reina sarebbe rimasto fermo fino all’ultimo se a calciare fosse stato un altro? Pirlo ha trasformato i calci di punizione in un incubo per i portieri e questo gol ne è una dimostrazione, fortunata, ma esplicativa.
Cagliari-Milan, 25 novembre 2007
Ma Pirlo non era solo traiettorie innaturali e colpi di biliardo. Come potevano essere piuma, le sue punizioni potevano essere ferro. Qui calcia da, boh: 33 metri? In questo caso calcia, sempre seguendo l’esecuzione con la gamba ferma e le tre dita, più d’esterno imprimendo al pallone una traiettoria curva e veloce, come in una punizione calciata di potenza, con il collo esterno del piede.
Ed è straordinario pensare che la sensibilità del suo piede gli permettesse di controllare così bene un tiro a cui deve imprimere tutta questa forza per arrivare in porta. Dall’inquadratura di spalle si vede come, dopo circa 15 metri, il pallone torna ad assumere una traiettoria dritta e fissa che va a infilarsi sotto la traversa.
Viene da pensare che avrebbe fatto lo stesso identico gol anche se la punizione fosse stata tirata 5, 10 metri più dietro. Un capolavoro.
Juventus-Atalanta, 16 dicembre 2012
Dopo un periodo di relativa calma dal punto di vista delle realizzazioni, alla Juventus Pirlo segna 13 gol consecutivi su punizione nel giro di tre stagioni. Prima di questa punizione Pirlo ha già segnato 3 gol da fermo contro Parma, Roma e Siena, tutti calciando rasoterra, facendo passare la palla sotto la barriera o tra le gambe degli avversari.
Pirlo dimostra di studiare i palloni con cui ha a che fare. Il pallone scelto dalla Nike per quella stagione, il Nike Maxim, è meno propenso ad assumere traiettorie a “spirale”, ma è un pallone che si presta a essere calciato forte e secco, dall’impatto con l’interno del piede esce sempre molto bene, e questo Pirlo lo sa.
Dalla posizione in cui altre volte avrebbe calciato la “maledetta” decide invece di calciare in maniera più canonica, dimostrando come - quando sei un maestro - sei un maestro in tutto, anche nel fare le cose semplici.
Juventus-Napoli, 10 novembre 2013
Durante la stagione 2013/14 Andrea Pirlo segna 6 gol, tutti su punizione. Sono tutti gol belli e importanti, ma questa punizione al Napoli è speciale.
Pirlo si appresta a calciare piuttosto decentrato sulla destra, col destro, da almeno 25 metri di distanza. È una posizione di campo abbastanza innaturale per un destro, una posizione da dove si preferisce far calciare un mancino, se si vuole arrivare diretti in porta. Reina, forse avendo imparato la lezione, mette solo tre uomini in barriera e un folto gruppo di giocatori si riunisce al limite dell’area con l’idea (la speranza?) che Pirlo preferisca crossare verso il centro.
Ma per Pirlo, lo sappiamo, non è mai un problema di posizione (spesso neanche di distanza).
Per fare gol sceglie la soluzione più pratica: una linea retta, ovvero il modo più semplice per unire due punti (il punto d’impatto e l’incrocio). L’aspetto incredibile di questa punizione è come lo fa: se fermate il video qui sopra a 0:16 si nota molto bene come Pirlo calci quasi di punta tenendo la gamba completamente rigida, come se fosse davvero una mazza da golf.
Pirlo lo fa perché sa che è il modo migliore per permettere al pallone di scavalcare la barriera e arrivare dritto in porta, con sufficiente potenza per non essere preda del portiere. Ma è un metodo di calcio difficilissimo (la prossima volta che andate al parco portatevi un pallone e provate), sembra quasi un’evoluzione della “maledetta”, per riuscire a indirizzare il pallone precisamente dove si vuole ci vuole o tanta fortuna o bisogna essere un maestro. E Pirlo era un maestro.
Genoa-Juventus, 16 marzo 2014
La sera del 16 marzo la Juventus sta soffrendo per l’ennesima volta a Genova, un campo spesso indigesto. La Roma non si è ancora data per vinta e una sconfitta potrebbe riaprire un campionato che sembrava chiuso. Al 72’ minuto Calaiò sbaglia un rigore, ma il Genoa continua a spingere e il pareggio sembra un affare per la Juventus.
All’89’ Sturaro atterra Quagliarella qualche metro prima dell’area di rigore decentrato sulla sinistra. Dopo aver sofferto l’elettricità del Genoa per tutta la partita, Pirlo va sul punto di battuta con la faccia di chi ha già fatto gol. A questo punto della sua carriera vederlo giocare è un’esperienza mistica, si muove in maniera diversa dagli altri, vede piani della realtà diversi. Il risultato finale è quasi scontato: la palla come da manuale passa sopra il terzo da sinistra e il volo di Perin serve solo a fare colore all’ennesima perla del maestro.
Inghilterra-Italia, 15 giugno 2014
Chi l’ha detto che le punizioni più belle sono quelle che finiscono con il gol? Come potevamo non inserire in classifica questo tiro dalla prima partita dei mondiali in Brasile? Era il 93’ di una gara che l’Italia aveva giocato che nel nostro paese era notte. Noi eravamo rimasti tutti in piedi, felici ed eccitati come solo alla prima partita di un Mondiale. La squadra aveva giocato bene, contro un avversario forte, sofferto quando c’era da soffrire e sfruttato le occasioni.
Quando Pirlo si presenta sul punto di battuta eravamo tutti euforici, pensavamo fosse l’inizio di una bella estate in cui l’Italia ci avrebbe fatto divertire. Questa punizione poteva essere la ciliegina sulla torta, invece il suo finale beffardo sulla traversa, con Hart completamente dall’altra parte, era un terribile presagio. Ma in quel momento eravamo tutti contenti e tutti innamorati di Pirlo, come forse lo siamo sempre stati.