Con il suo sorriso Paolo ha fatto piangere il Brasile
ciao paoloNelle ore del dolore e dei ricordi, tantissimi, che quel dolore amplificano a dismisura, è il sorriso di Paolo, aperto, solare, che s’impone su tutto. Il ricordo di Giorgio Porrà
C’è chi ha scritto che Paolo Rossi è stato un impasto di Nureyev e Manolete, la grazia del ballerino, la freddezza del torero. E’ vero, il Pablito attaccante è stato questo, giostrava attorno al difensore, lo ipnotizzava, mai gli sfuggiva l’istante giusto per fiocinarlo. E i tre gol al Sarrià, capolavori senza tempo, quelli che stesero il Brasile nel Mundial spagnolo, rappresenteranno per sempre la sostanza del suo calcio, un sublime assortimento di tecnica e furbizia, sudore e bellezza. Quando lasciò, nell’87, a 31 anni, Brera scolpì: "Impersonava l’immagine leggiadra del danzatore, così perfetto da assumere finanche movenze femminili”. Perché Rossi era leggero, elegante, anche quando azzannava, tutto divorava, lasciando dietro sé infinite scie di stupore.
Ma nelle ore del dolore e dei ricordi, tantissimi, che quel dolore amplificano a dismisura, è il sorriso di Paolo, aperto, solare, che s’impone su tutto. Dentro c’era il senso profondo della sua umanità. Un sorriso sempre lampeggiante, non solo nelle esultanza dei dopo gol, e che ha scandito tutte le tappe della sua avventura, quelle che ha attraversato da Paolino, Paolo Rossi, Pablito, Paolorossi, diventando uno dei marchi più scintillanti del made in Italy. Il sorriso di chi girava il mondo sapendo di averla fatta grossa in quei giorni iberici, di chi viveva con disincanto la propria celebrità, di chi concepiva il gioco, e quello che ci sta attorno, con lo stesso spirito del bambino che cominciava a fare gol nel campetto di Santa Lucia a Prato, quando stravedeva per Kurt Hamrin, l’”uccellino” della Fiorentina. Con quel sorriso Paolo ha fatto piangere il Brasile, sedotto gli italiani, anestetizzato i tanti, troppi dolori, con quelle gambe già massacrate da ragazzo. Il sorriso di un ragazzo che in quella notte di Madrid inchiodò il tempo, il suo, il nostro, cambiando milioni di vite assieme alla sua. Tra pochi giorni, il 21 dicembre, saranno passati dieci anni dalla scomparsa di Bearzot. In queste ore, immaginare la commovente intensità del loro abbraccio lassù, diventa forse il modo più dolce per accarezzare Pablito nei nostri pensieri.