Omicidio Bergamini, Garofalo: "La 'ndrangheta non c'entra"

la deposizione

Silvia Vallini

©Ansa

Rivelazioni cruciali da parte del collaboratore di giustizia, sentito in aula per il processo sull’omicidio del calciatore del Cosenza

Una questione privata”, un omicidio commesso in quel preciso luogo – la statale 106 Jonica nei pressi di Roseto Capo Spulico - perché “coperto dalla protezione di magistrati e poliziotti corrotti”. A rilasciare queste dichiarazioni, che possono assumere un peso rilevante nella ricostruzione della verità 32 anni dopo, nell’aula della Corte d’Assise di Cosenza, è stato Franco Garofalo, collaboratore di giustizia, che per anni fu al vertice della ‘ndrangheta cosentina. Ha spiegato che Denis Bergamini, leader di quel Cosenza, non poteva essersi suicidato, nemmeno lui ci ha mai creduto e in prima persona ha condotto una indagine parallela “senza lampada”, chiaramente, per capire se la malavita potesse c’entrare qualcosa, anche perché nulla si muoveva a Cosenza senza che loro lo sapessero e il Cosenza calcio – ha rivelato – era sotto protezione, quindi nessuno avrebbe dovuto nuocere alla società eliminando un patrimonio quale quello rappresentato dal ragazzo, che allora aveva 27 anni ed era destinato alla Serie A. Quando però si è reso conto che la ‘ndrangheta nulla aveva a che fare con il delitto e che lo stesso era stato commesso in un contesto privato, lasciò stare. 

L’importanza di queste dichiarazioni

Le dichiarazioni di Garofalo rivestono un ruolo essenziale, dal momento che escludono altre piste al di fuori di quella privata presente alla base del processo. Nell’informativa si riconduceva l’omicidio a Isabella Internò, unica imputata per concorso in omicidio volontario pluriaggravato e alla sua famiglia. Il movente, quello passionale, visto che l’ex fidanzata di Denis non si era rassegnata alla fine della relazione con il calciatore e da allora aveva provato – si legge nella carte - “emozioni negative quali gelosia, rabbia, frustrazione, risentimento e vendetta”, fino a giungere “alla risoluzione del suo proposito vendicativo nei confronti di Bergamini, preordinando i mezzi e le modalità di attuazione del suo intento criminoso”.

Prossima udienza

Il 25 ottobre il processo compirà un anno e quel giorno verranno ascoltati i medici legali che hanno condotto le perizie sul corpo di Denis nei lunghi anni trascorsi da quel 18 novembre del 1989, dal dottor Giorgio Bolino, che stilò la relazione di consulenza merico-legale nel 2011, fino al dottor Fineschi, determinante nell’arrivare alla conclusione – in sede di incidente probatorio – che Denis fu ucciso.