Donadoni, amaro 2008: ''Il calcio italiano è illogico''
CalcioL''ex ct della Nazionale non risparmia critiche al nostro sistema calcio: ''Se qualcuno mi giudica uno sconfitto non mi tange, fa parte del gioco''. E sugli Europei: ''Fosse entrato il penalty di Di Natale sarebbe stata tutta un'altra storia''
Elegante, rapido, diretto. Roberto Donadoni vuole esercitare fuori dal campo le stesse doti che lo consacrarono come talentuosa ala del Milan degli Invincibili. Il risultato sulla panchina, di club e soprattutto della nazionale in un 2008 da dimenticare, non è stato altrettanto glorioso. "Ma se qualcuno mi giudica uno sconfitto non mi tange, fa parte del gioco. Il mio bilancio personale è però positivo - dice - Il 2008 e' all'insegna del piu', culmine di due anni splendidi. Anche se chiaramente agli Europei tutti vanno per ottenere il risultato. Mi dispiacciono invece certi giudizi di chi parla e non sa, non ti conosce. Ecco, quella è cattiveria e dà fastidio".
Donadoni parla di un calcio italiano "illogico" e dedito al vizio della "maleducazione": troppe isterie, troppe contraddizioni, troppa superficialita'. "Ma sono convinto che in fondo in fondo, di fronte a uno specchio, in tanti la pensano come me. Pero' fa comodo agire diversamente". Pensa a quel continuo 'dagli' al "presidente mangiallenatori che si trasforma poi in panchine in bilico alla prima sconfitta"; o alla mancanza di equilibrio di un calcio che elogia "la Juve per la sua partenza, la giudica rotta all'interno per alcune sconfitte, e poi squadra dell'anno quando torna a vincere. Tutto questo e' illogico".
Ma come diceva il medico del Milan degli Invincibili, "se un cane morde non è colpa sua, ma del padrone. Cosi' se c'e' maleducazione e mancanza di rispetto, non è colpa dei giocatori. Se parli di cultura sportiva, e poi nello spogliatoio dici a un tuo giocatore che ha fatto bene a simulare, che senso ha?", dice Donadoni, a titolo di esempio. Da questo calcio oggi l'ex ct e' fuori: "Spero di tornare presto, il campo mi manca e mia moglie non mi sopporta piu' sempre davanti alla tv a seguire quello italiano e quello estero. Pero' vorrei un progetto serio nel quale mi riconosco", E' stato un rigore sbagliato a decidere che Donadoni non fosse più ct azzurro. Ma a quella sliding door, quella porta che scorre e cambia destino, il tecnico bergamasco non vuol pensare.
"Fosse entrato quel penalty di Di Natale, avrebbe potuto essere tutta un'altra storia, e' vero - confessa al telefono dalla sua casa bergamasca - Ma io non ragiono cosi', per carattere non ricordo e soprattutto non e' la mia logica: tutti noi dobbiamo imparare a non fermarci a questo. Penso agli allenatori esonerati: tutti criticano sempre i presidenti mangiallenatori, poi alla prima sconfitta si parla di allenatore in bilico".
Ecco quel che non va del 2008, non solo suo ma del calcio italiano: "Sacchi parlavo di cultura della sconfitta, e io mi riconosco nelle sue parole: ma anche senza di lui, basta un po' di buon senso per capire che il calcio italiano ha ancora un gap enorme da colmare, e tanto cammino da fare. Non si possono esasperare cosi' le sconfitte". Per questo nessun rimpianto su come e' andata a Vienna, all'Europeo. "Il riconoscimento me lo da' la gente che ho incontrato: e' vero che chi ti avvicina di solito ti avvicina solo chi ha un complimento da farti. Pero' ho ricevuto attestati di stima, la gente ha capito e apprezzato il mio comportamento".
Con Lippi non c'e' stata mai occasione di un saluto o un chiarimento, "ma d'altra parte non ce l'ho mai avuta con lui ne' l'ho offeso: ho solo detto che lui ha un modo di comportarsi diverso dal mio, senza giudicarlo. Ognuno e' libero...". Con i giocatori azzurri invece i contatti sono rimasti: "Non mi piace essere ingombrante e poi sotto Natale, lo so, meno telefonate ricevi e meglio e' per un calciatore. Pero' sono legato a tutti". Apprezza l'exploit di Del Piero ("un campione, a stupire semmai e' chi lo aveva criticato nei momenti di calo"), conserva affetto per Cassano. "Non so come finira' con l'azzurro, non conosco le intenzioni di Lippi. Antonio - sottolinea Donadoni - ha qualita' tecniche straordinarie, ma lui sa che non bastano. Per questo nel 2009 gli auguro di non dimenticarsi quel che ha ripromesso a se stesso tutte le volte che ha sbagliato". Un calcio meno illogico, appunto.
Donadoni parla di un calcio italiano "illogico" e dedito al vizio della "maleducazione": troppe isterie, troppe contraddizioni, troppa superficialita'. "Ma sono convinto che in fondo in fondo, di fronte a uno specchio, in tanti la pensano come me. Pero' fa comodo agire diversamente". Pensa a quel continuo 'dagli' al "presidente mangiallenatori che si trasforma poi in panchine in bilico alla prima sconfitta"; o alla mancanza di equilibrio di un calcio che elogia "la Juve per la sua partenza, la giudica rotta all'interno per alcune sconfitte, e poi squadra dell'anno quando torna a vincere. Tutto questo e' illogico".
Ma come diceva il medico del Milan degli Invincibili, "se un cane morde non è colpa sua, ma del padrone. Cosi' se c'e' maleducazione e mancanza di rispetto, non è colpa dei giocatori. Se parli di cultura sportiva, e poi nello spogliatoio dici a un tuo giocatore che ha fatto bene a simulare, che senso ha?", dice Donadoni, a titolo di esempio. Da questo calcio oggi l'ex ct e' fuori: "Spero di tornare presto, il campo mi manca e mia moglie non mi sopporta piu' sempre davanti alla tv a seguire quello italiano e quello estero. Pero' vorrei un progetto serio nel quale mi riconosco", E' stato un rigore sbagliato a decidere che Donadoni non fosse più ct azzurro. Ma a quella sliding door, quella porta che scorre e cambia destino, il tecnico bergamasco non vuol pensare.
"Fosse entrato quel penalty di Di Natale, avrebbe potuto essere tutta un'altra storia, e' vero - confessa al telefono dalla sua casa bergamasca - Ma io non ragiono cosi', per carattere non ricordo e soprattutto non e' la mia logica: tutti noi dobbiamo imparare a non fermarci a questo. Penso agli allenatori esonerati: tutti criticano sempre i presidenti mangiallenatori, poi alla prima sconfitta si parla di allenatore in bilico".
Ecco quel che non va del 2008, non solo suo ma del calcio italiano: "Sacchi parlavo di cultura della sconfitta, e io mi riconosco nelle sue parole: ma anche senza di lui, basta un po' di buon senso per capire che il calcio italiano ha ancora un gap enorme da colmare, e tanto cammino da fare. Non si possono esasperare cosi' le sconfitte". Per questo nessun rimpianto su come e' andata a Vienna, all'Europeo. "Il riconoscimento me lo da' la gente che ho incontrato: e' vero che chi ti avvicina di solito ti avvicina solo chi ha un complimento da farti. Pero' ho ricevuto attestati di stima, la gente ha capito e apprezzato il mio comportamento".
Con Lippi non c'e' stata mai occasione di un saluto o un chiarimento, "ma d'altra parte non ce l'ho mai avuta con lui ne' l'ho offeso: ho solo detto che lui ha un modo di comportarsi diverso dal mio, senza giudicarlo. Ognuno e' libero...". Con i giocatori azzurri invece i contatti sono rimasti: "Non mi piace essere ingombrante e poi sotto Natale, lo so, meno telefonate ricevi e meglio e' per un calciatore. Pero' sono legato a tutti". Apprezza l'exploit di Del Piero ("un campione, a stupire semmai e' chi lo aveva criticato nei momenti di calo"), conserva affetto per Cassano. "Non so come finira' con l'azzurro, non conosco le intenzioni di Lippi. Antonio - sottolinea Donadoni - ha qualita' tecniche straordinarie, ma lui sa che non bastano. Per questo nel 2009 gli auguro di non dimenticarsi quel che ha ripromesso a se stesso tutte le volte che ha sbagliato". Un calcio meno illogico, appunto.