"Per non morire di mafia il calcio dica no ai soldi sporchi"
CalcioIl procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso lancia l'allarme sui capitali sospetti: "Una società come la Roma che ha una situazione particolare, per esempio, con le banche che l'hanno salvata... Un imperativo categorico conoscere chi mette i soldi""
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Per non morire di mafia, il calcio dica no ai soldi sconosciuti, agli avventurieri, agli ingaggi siderali che drogano il mercato e lo rendono a forte rischio di infiltrazione criminosa. Pietro Grasso, 64 anni, da quattro Procuratore nazionale antimafia e da una vita tifoso di calcio, ha titoli ed esami per parlare dell'allarme lanciato nei giorni scorsi dall'Ocse, l'organizzazione che cura la cooperazione e lo sviluppo economico dei Paesi occidentali. E lo fa enunciando un principio che è alla base del suo libro appena uscito ed indirizzato a tutt'altri ambiti: "Per non morire di mafia...".
"Appunto -spiega Grasso al telefono con l'Ansa- per evitare il pericolo di essere strangolato dal potere della criminalità, evidentemente interessata al potere sociale che genera ed alla possibilita' di ripulire denaro, il calcio deve apprezzare e fare sue posizioni come quella presa recentemente da Mediobanca nella vicenda Roma. Occorre sapere da dove arrivano i soldi di chi entra nel sistema. Bisogna evitare che i capitali sporchi inquinino il mercato, perché non c'è dubbio che il denaro a costo zero butta fuori il denaro che chiede interessi. Fa bene, fa benissimo Mediobanca a pretendere garanzie: a maggior ragione occorre massima trasparenza laddove ci sono di mezzo gli azionisti. Del resto in Italia abbiamo esempi lampanti senza bisogno di far ricorso alla mafia: la Parmalat, oppure i bond stranieri o le forme di economia virtuale che appunto hanno creato l'attuale crisi economica. Questo significa che bisogna guardarsi dagli avventurieri, dai finanzieri e quindi anche dai mafiosi, da tutti coloro che creano denaro dal nulla. Ripeto: la mafia, almeno un certo tipo di mafia, diciamo quella siciliana (o i casalesi che molto si avvicinano a questo tipo di manifestazione criminale, così come la 'ndrangheta) investe molto nell'imprenditoria. Molti dei proventi illeciti poi vengono trasferiti nell'economia locale con la faccia pulita".
Il rimedio è la tracciabilità? "Non si devono mai accettare capitali di cui non si conosce la provenienza. Perché un privato, un Moratti ad esempio, rischia personalmente o sul piano familiare: lui sa che rischia sulla sua persona e si prende le responsabilità conseguenti. Ma una società come la Roma che ha una situazione particolare, con le banche che l'hanno salvata... E' un imperativo categorico conoscere chi mette i soldi".
Si appassiona, Grasso: come quando la domenica va a soffrire in tribuna al Renzo Barbera per il Palermo. Si appassiona perché il tifoè amore. E lui di squadre per cui tifare ne ha un paio: oltre a quella rosanero c'è quella della gente per bene. "Quella che riesce a sopravvivere al ricatto mafioso - conclude Grasso - e sceglie di stare dalla parte dello Stato e della legalità".
Per non morire di mafia, il calcio dica no ai soldi sconosciuti, agli avventurieri, agli ingaggi siderali che drogano il mercato e lo rendono a forte rischio di infiltrazione criminosa. Pietro Grasso, 64 anni, da quattro Procuratore nazionale antimafia e da una vita tifoso di calcio, ha titoli ed esami per parlare dell'allarme lanciato nei giorni scorsi dall'Ocse, l'organizzazione che cura la cooperazione e lo sviluppo economico dei Paesi occidentali. E lo fa enunciando un principio che è alla base del suo libro appena uscito ed indirizzato a tutt'altri ambiti: "Per non morire di mafia...".
"Appunto -spiega Grasso al telefono con l'Ansa- per evitare il pericolo di essere strangolato dal potere della criminalità, evidentemente interessata al potere sociale che genera ed alla possibilita' di ripulire denaro, il calcio deve apprezzare e fare sue posizioni come quella presa recentemente da Mediobanca nella vicenda Roma. Occorre sapere da dove arrivano i soldi di chi entra nel sistema. Bisogna evitare che i capitali sporchi inquinino il mercato, perché non c'è dubbio che il denaro a costo zero butta fuori il denaro che chiede interessi. Fa bene, fa benissimo Mediobanca a pretendere garanzie: a maggior ragione occorre massima trasparenza laddove ci sono di mezzo gli azionisti. Del resto in Italia abbiamo esempi lampanti senza bisogno di far ricorso alla mafia: la Parmalat, oppure i bond stranieri o le forme di economia virtuale che appunto hanno creato l'attuale crisi economica. Questo significa che bisogna guardarsi dagli avventurieri, dai finanzieri e quindi anche dai mafiosi, da tutti coloro che creano denaro dal nulla. Ripeto: la mafia, almeno un certo tipo di mafia, diciamo quella siciliana (o i casalesi che molto si avvicinano a questo tipo di manifestazione criminale, così come la 'ndrangheta) investe molto nell'imprenditoria. Molti dei proventi illeciti poi vengono trasferiti nell'economia locale con la faccia pulita".
Il rimedio è la tracciabilità? "Non si devono mai accettare capitali di cui non si conosce la provenienza. Perché un privato, un Moratti ad esempio, rischia personalmente o sul piano familiare: lui sa che rischia sulla sua persona e si prende le responsabilità conseguenti. Ma una società come la Roma che ha una situazione particolare, con le banche che l'hanno salvata... E' un imperativo categorico conoscere chi mette i soldi".
Si appassiona, Grasso: come quando la domenica va a soffrire in tribuna al Renzo Barbera per il Palermo. Si appassiona perché il tifoè amore. E lui di squadre per cui tifare ne ha un paio: oltre a quella rosanero c'è quella della gente per bene. "Quella che riesce a sopravvivere al ricatto mafioso - conclude Grasso - e sceglie di stare dalla parte dello Stato e della legalità".