Aspettando il derby: dagli Appennini... alle Ande
Calcio
Pietro Sorba, presidente del Sampdoria Club di Buenos Aires, racconta il derby della Lanterna da dodicimila chilometri di distanza. Da Lippi in avanti, passando per lo scudetto di Mantovani, Vialli e Mancini, fino ad arrivare a Cassano
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di Pietro Sorba*
Chi lo avrebbe mai immaginato? A 5 anni, bandierina blucerchiata in mano, cuore in subbuglio per l´emozione. Marassi. Tutte le domeniche nei distinti per vedere Lodetti e compagnia. I numeri delle maglie iniziavano con l'1 del portiere e finivano con il 16 della riserva in panchina. Anni più tardi arrivarono Cacciatori, Lippi e Salvi. E la gradinata. La Sud. Il derby era la partita dell'anno. Non c'era altro da pensare e su cui gioire. O soffrire. Poi arrivò Paolo Mantovani. Il Presidente. Nonostante le Coppe vinte, l'Europa e il titolo di Campioni d'Italia quelle due partite erano e sono sempre state speciali. Per quanto mi riguarda, gli unici due momenti dell'anno nei quali la combinazione di colore rosso e blu mi provoca un certo fastidio. Poi per me è arrivata l'Argentina. Dodicimila chilometri separano Genova da Buenos Aires. Non sono pochi. Ma il richiamo del derby è sempre lì. Latente. E con l'avvicinarsi della fatidica data, le pulsazioni aumentano, così come la paura di perdere. Per fortuna le nuove tecnologie e i network globali mi permetteranno di vedere la partita in diretta. Ovviamente viverla sugli spalti con la pelle che quasi si arriccia è un'altra cosa. Ma almeno non siamo costretti, come succedeva fino a 10-15 anni fa, a chiamare un amico in Italia per farci raccontare al telefono e in tempo reale quello che stava succedendo in campo. A questi punti si arriva quando uno aspetta il derby in una città come Buenos Aires. Ma l'emozione è sempre grande. L'ultima, immensa, ce l'hanno regalata Cassano e Maggio. Speriamo di riviverla domenica a partire dalle ore 20.45. Inizia il derby. A Buenos Aires.
*Presidente Sampdoria Club Buenos Aires
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Chi lo avrebbe mai immaginato? A 5 anni, bandierina blucerchiata in mano, cuore in subbuglio per l´emozione. Marassi. Tutte le domeniche nei distinti per vedere Lodetti e compagnia. I numeri delle maglie iniziavano con l'1 del portiere e finivano con il 16 della riserva in panchina. Anni più tardi arrivarono Cacciatori, Lippi e Salvi. E la gradinata. La Sud. Il derby era la partita dell'anno. Non c'era altro da pensare e su cui gioire. O soffrire. Poi arrivò Paolo Mantovani. Il Presidente. Nonostante le Coppe vinte, l'Europa e il titolo di Campioni d'Italia quelle due partite erano e sono sempre state speciali. Per quanto mi riguarda, gli unici due momenti dell'anno nei quali la combinazione di colore rosso e blu mi provoca un certo fastidio. Poi per me è arrivata l'Argentina. Dodicimila chilometri separano Genova da Buenos Aires. Non sono pochi. Ma il richiamo del derby è sempre lì. Latente. E con l'avvicinarsi della fatidica data, le pulsazioni aumentano, così come la paura di perdere. Per fortuna le nuove tecnologie e i network globali mi permetteranno di vedere la partita in diretta. Ovviamente viverla sugli spalti con la pelle che quasi si arriccia è un'altra cosa. Ma almeno non siamo costretti, come succedeva fino a 10-15 anni fa, a chiamare un amico in Italia per farci raccontare al telefono e in tempo reale quello che stava succedendo in campo. A questi punti si arriva quando uno aspetta il derby in una città come Buenos Aires. Ma l'emozione è sempre grande. L'ultima, immensa, ce l'hanno regalata Cassano e Maggio. Speriamo di riviverla domenica a partire dalle ore 20.45. Inizia il derby. A Buenos Aires.
*Presidente Sampdoria Club Buenos Aires
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